Il 2012 dell’Euro inizia come è finito il 2011, con la parola ‘Crisi’. E’ di questi giorni la notizia che la Spagna dovrà ripianare i debiti delle banche con 50 miliardi di euro e malgrado le smentite si vocifera che il nuovo governo di Rajoy dovrà chiedere aiuto ad Ue e Fmi per un prestito straordinario. Intanto è stato varato un pacchetto anticrisi molto pesante con tagli ai servizi sociali ed al mondo del lavoro.
Un conto da almeno 50 miliardi di euro. È quanto servirà alle banche spagnole per coprire i crediti inesigibili. Le stime sono del governo di Mariano Rajoy e sono riportate dal Financial Times che cita un’intervista con il neo ministro dell’Economia Luis De Guindos.
L’altro grave malato, la Grecia, si trova in una situazione ancora piu difficile. Ue ed Fmi tengono sulla graticola il governo greco minacciando ritardi nella concessione dei miliardi di euro di prestiti già promessi in base agli accordi dei mesi scorsi:
Il premier greco, infatti, sa che l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale concederanno i loro aiuti solo se vedranno approvate quelle riforme volte alla riduzione della spesa pubblica e quindi del debito. “Senza quest’accordo con la troika per i finanziamenti” ha concluso Papademos “la Grecia rischia il default già a Marzo“.
Adottare le riforme “necessarie”, però, non sarà un gioco da ragazzi per Papademos. Oggi, i principali sindicati greci, infatti, hanno affermato che non sono disponibili ad accettare una riduzione del salario minimo (attualmente poco sopra i 750 euro) e una riduzione o addirittura un’abolizione delle tredicesime e quattordicesime. “Ridurre il salario minimo ignorando il processo di contrattazione tra lavoratori e datori di lavoro è un crimine” ha affermato Dimitris Asimakopoulos, presidente del GSEVEE, uno dei principali sindacati greci.
L’Ungheria, recentemente assurta agli onori della cronaca per il governo illiberale del Premier Orban, oggi ha visto fallire la propria asta di buoni del tesoro, preludio ad una crisi economica già in atto da tempo e sottovalutata da molti:
Fonte. Si aggrava la situazione in Ungheria, con rendimenti dei titoli di Stato ai massimi storici, il fiorino ungherese ai minimi sull’euro e un flop della domanda sull’asta di bond collocati oggi dal governo di Budapest. In questo quadro cresce il rischio di default con il rialzo dello spread tra i titoli ungheresi e quelli britannici a 750 punti. In salita anche i cds, i contratti di riassicurazione in caso di fallimento, a quota 745.
Budapest è finita nel mirino della speculazione finanziaria dopo che il governo di Viktor Orban ha dato l’ok a una legge costituzionale approvata la scorsa settimana dal Parlamento nazionale che minaccerebbe l’indipendenza della banca centrale. Norma che violerebbe il Trattato di Lisbona e per questo motivo ha causato l’interruzione delle trattative per i prestiti da parte del Fmi e dell’Ue al Paese
Ed ora arriviamo all’Italia. Malgrado il cambio di governo ed il varo di un pacchetto di riforme ‘lacrime e sangue’ i tassi di interessi sui nostri buoni rimangono altissimi, cosi come il differenziale (spread) con i titoli di stato tedeschi. Su il Foglio si parla di 6-8 mesi all’insolvenza del nostro paese e 18 per la Francia:
L’Italia è a circa a 6-10 mesi teorici dal dover dichiarare l’insolvenza – per eccesso del costo di rifinanziamento del debito – se non riuscirà a convincere i compratori di titoli che il pareggio di bilancio sarà finanziato con più crescita e non con più tasse. Il rigore finanziato solo con restrizioni, infatti, riduce la crescita, il gettito e quindi non rende credibile il rigore stesso. Per questo il premio di rischio preteso dal mercato per acquistare titoli italiani resta ancora elevato, e perfino cresce, nonostante la manovra strutturale di riequilibrio del bilancio, ottenuto finora solo per mezzo di restrizioni. La Francia – con modello ciofeca peggio dell’Italia, più deficit, ma con minor debito – è a circa 18 mesi teorici dal medesimo evento, ma diventerà sincrona con l’Italia, per contagio, se Roma non riuscirà ad approvare entro 3-4 mesi le riforme di crescita annunciate come fase 2 dal governo Monti.
La principale responsabile del precipitare della crisi è Angela Merkel, che si impuntò all’epoca del primo prestito alla Grecia, facendo aggravare il problema e scatenando le speculazioni finanziarie che poi hanno attaccato anche Spagna, Italia ed in parte la Francia. I virtuosi tedeschi chiedono ‘rigore’ agli altri stati europei eppure, in questi anni, hanno sfruttato l’indebitamento dei paesi vicini a loro favore:
GERMANIA – Può mai esistere un’Europa nella quale un paese esporta e ne trae vantaggi mentre gli altri consumano e si indebitano? I tedeschi sono orgogliosi delle loro esportazioni, che dimostrano quanto sia performante la loro economia. Ma quando un paese vende all’estero più di quanto non compri in patria, nascono problemi per tutti. Quest’anno le esportazioni tedesche verso i paesi dell’Ue hanno prodotto un’eccedenza di 62 miliardi di euro. Questo significa che le merci prodotte in Germania non sono scambiate con merci prodotte all’estero, ma sono per così dire consegnate a credito. L’Europa del sud si indebita nei confronti dei tedeschi per comperare prodotti made in Germany. In altri termini, la ricchezza dei tedeschi dipende interamente dall’indebitamento dei paesi vicini. E chi sono i primi a lamentarsi di tali debiti? Proprio i tedeschi.
Un giorno o l’altro i debitori correranno il rischio di fallire e i creditori dovranno ritoccare al ribasso le loro esigenze di rimborso. In questi ultimi anni la Germania ha accumulato circa mille miliardi di euro in beni esteri, e il giorno in cui il sud d’Europa non sarà più in grado di pagare dovrà dire addio a buona parte di quei soldi.
Da qui nascono le dichiarazioni della cancelliera, che vuole che tutti diventino come i tedeschi. In altre parole, i paesi in questione dovrebbero esportare più di quello che importano, abbassare i loro stipendi e imparare a gestire i consumi. Più facile a dirsi che a farsi. Se tutti quanti si mettessero a vendere soltanto, non ci sarebbe più nessuno che comprerebbe. E l’economia segnerebbe il passo.
Prima la Merkel si convincerà ad accettare una politica economica comune (eurobond, dare alla BCE la capacità di diventare prestatore di ultima istanza che nel linguaggio finanziario, è un’istituzione che presta denaro a chi non riesce più a ricevere prestiti. Di solito è una banca centrale nazionale, che opera da prestatore di ultima istanza per esempio quando va in soccorso di banche in difficoltà, in modo da evitarne il fallimento. La banca centrale di un paese che ha una propria moneta ha un modo a disposizione per poter prestare denaro praticamente all’infinito: battere nuova moneta, e questo aspetto diventerà importante tra poco) prima si riusciranno a depotenziare le speculazioni, altrimenti crolleremo tutti e la principale responsabile sarà proprio Lei, la bundeskanzlerin Frau Merkel.