La Macedonia è una piccola repubblica balcanica, rimasta fuori dal conflitto degli anni Novanta è forse il Paese che sta pagando il prezzo più alto dopo la dissoluzione della Jugoslavia. Esclusa dall’informazione main stream, ritenuta marginale anche da coloro che si occupano di politica balcanica e centro-orientale, la Macedonia è caduta nel dimenticatoio. Fuori da qualsiasi processo di adesione all’Unione Europea, fuori dalla Nato, preda del veto greco che le vuole togliere anche il nome (Macedonia è anche il nome una regione greca, e Atene teme future rivendicazioni su quel territorio da parte di Skopje), divisa etnicamente tra albanesi e slavi che si sono scontrati in una breve guerra civile nel 2001.
Nel buio dell’oblio, isolata, la piccola repubblica stenta a trovare una via mentre nessuno – tra le potenze internazionali - si preoccupa di indicargliela. Come spesso accade quando un Paese resta isolato, la Macedonia cerca l’unica via d’uscita dentro di sè: nel proprio passato, nella storia millenaria, nella propria identità. L’identità della piccola Macedonia è però contesa, la storia negata, il passato ancora da metabolizzare. Eppure la Macedonia può contare su una popolazione accogliente e pacifica, e su bellezze naturali e culturali inviadiabili, unite a una multietnicità che potrebbe farne il laboratorio dei nuovi Balcani.
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