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Dove sta il bello

Da Marcofre

L’incipit di una storia sembra facile, come ogni aspetto che ha a che vedere con la scrittura. Bisogna scriverlo subito perché altrimenti “scappa via”?

Oppure è bene lasciarlo in sospeso, che si perfezioni un poco? Perché mi rendo conto di questo: una volta scritto, diventa inevitabile. Certo, è possibile modificarlo, cambiarlo un poco, oppure anche tanto. Ma dopo che lo hai messo nero su bianco, il resto diventerà una specie di via obbligata. Nell’incipit, c’è parecchio della storia, del suo tono. Per questo la sua “semplicità” è presunta: credo che invece sia da maneggiare con cura.

Impone un percorso, ti vincola.

Al momento ho una decina di incipit. Lavoro su una storia. Delle altre, se e come proseguiranno, non so dire niente. Alcuni di questi incipit sono vecchi, sono lì da un annetto abbondante, e probabilmente non arriveranno mai da nessuna parte. O forse sì: io sono al loro servizio, ma non è semplice.

Ho i miei limiti, ed esiste anche un altro aspetto da tenere in considerazione. Non puoi permettere a qualunque storia di apparire, di respirare. Alcune sono repliche, altre invece non hanno nulla di davvero interessante da comunicare. Magari sono simpatiche, ma non basta. Può darsi che in futuro, chissà…

Però ci sono incipit più convincenti; e allora ci inizi a lavorare. La voce è più nitida, e benché nessuno possa dire cosa accadrà nella prossima riga, nella pagina seguente, vai a caccia. Ecco perché ci si muove: è la preda che attira. Certi incipit lasciano scorgere qualcosa che altri non hanno, ed è per questo che ci si getta all’inseguimento.

È il fascino dell’ignoto. La consapevolezza che manca qualcosa anche a noi e forse la parola ha qualcosa da insegnare. Allora si lasciano comodità, agi, e si corre nella selva oscura. Rischi, pericoli, burroni e fiumi, paludi e sabbie mobili. Avanti.

Freddo, oscurità e gelo. Rovi, caldo e insetti. Avanti.

Solitudine. Notti interminabili e giorni da dimenticare. Avanti.

Senza sapere se si raggiungerà davvero la preda. E nemmeno senza conoscere quello che troveremo davvero. È lì che sta il bello.

Si tratta forse di retorica? Alle orecchie di qualcuno risulterà così. E se non ci sei davvero dentro, liquidi l’intera faccenda come retorica.


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