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Poi è finita che la partita l'hanno comprata mio cognato e mio cugino, che vivono sul mio stesso pianerottolo, e così, dopo una lauta cena con ravioli ricotta e spinaci e bruschette varie, Dan, Tea (ancora, incessantemente, influenzata) e io, siamo trasmigrati al contiguo interno 11.
La partita non l'ho vista tutta ─ ché Tea, con 39 di febbre, a un certo punto è voluta tornare a casa, a ragione, con tanto di supporto fisico-psicologico del papà, che non è che abbia messo su scuse per non rientrare, data il livello bassissimo dello spettacolo sportivo che si trovava davanti.
Ho visto abbastanza della partita, però, per capire che la Juve è più forte del Milan, ma, eccezione fatta per Pogba che è oggettivamente mostruoso, non è una grande squadra. O almeno, non una di quelle a cui noi italiani eravamo abituati: la Juve di Zidane, l'Inter di Mourinho, svariate versioni di Milan.
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Sul campo, resta comunque, che non c'è storia ─ lo ripeto, per quelli che sono un po' duri. E non c'è storia indipendentemente dal gol di Tevez in fuorigioco o meno: a me è sembrato che non fosse proprio in linea, ma soprattutto il fatto è che, con quella difesa che ti ritrovi, non puoi stare così alto, a maggior ragione se ha i davanti uno come Tevez (o uno che si inserisce bene come Vidal, Marchisio o Pogba) ─ ma queste sono robe troppo tecniche, di cui, forse, è noioso parlare. Certo, altrettanto, che come sempre accade, anche sabato ho avuto l'impressione che se c'è un qualcosa di dubbio, la decisione dell'arbitro la maggior parte delle volte pende a favore della Juventus. Lungi da me vedere complotti o amenità simili: forse è davvero una questione di sudditanza verso il più forte, come molti dicono; forse è semplicemente una questione di casualità, e quindi di culo.
La Juve vince, anche perché ha la rosa di giocatori ─ occhio, panchina compresa ─ più forte di tutte le altre squadre del campionato italiano: è l'unica ad avere ancora qualche campione (Pogba, appunto, Vidal, Pirlo, Buffon, e se vogliamo mettiamoci pure Tevez, che campione non è mai stato, ma forse lo sta diventando adesso con la Juve) e vari buoni giocatori (Marchisio, Llorente, Lichtsteiner, Evra, Asamoah). Le altre squadre, Milan compreso, hanno roster di livello notevolmente più basso: chi ha campioni, come la Roma (Totti) o il Napoli (Higuain), ha pure una grossa discrepanza tra questi e gli uomini della panchina; chi ha una rosa omogenea come il Milan, l'Inter, la Lazio, non ha quei campioni in grado di fare la differenza ─ aspetto che i pauperisti sportivi sottovalutano (quelli che stanno sempre col difensore scarso quando marca il fuoriclasse e che votano Sel pensando a Madre Teresa), ma alla fine non crediate che sia un caso se vincono sempre le squadre di Messi, CR7, Robben e via dicendo.
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La decisione del Milan di avviare un mulinello di polemiche sul gol di Tevez è talmente sballata da essere imbarazzante. La storia della "riga" del fuori gioco è già antologia. Una figuraccia, credendo alla buona fede di chi ha scritto quel tweet ─ cioè pensando che davvero si confondesse la questione prospettica con un aggiustamento dalla regia per favorire la Juve. Una cafonata, perché le partite si vincono sul campo. Un gesto infimo e propagandistico, se invece fosse fatto in malafede, di chi getta fumo sugli occhi dei propri sostenitori accusando il nemico di bassezze e scorrettezze, per nascondere i propri difetti, le proprie colpe, le proprie responsabilità ─ è quello che tutti i regimi dittatoriali fanno, per mettere velocemente a tacere le proteste ("eh, ma non siamo noi sbagliati, sono gli altri che...").
(Il capolavoro sul titolo di oggi di Tuttosport, che siamo tutti d'accordo sul fatto che sia un giornale relativo, racchiude un po' tutti e tre questi aspetti, perché in fondo così è stato e coglie bene il segno). In più, c'è pure quello scenario tetro e raccapricciante del complotto politico-economico, nel passaggio in cui si ciarla di broadcaster, registi e lega, e via dicendo, che condisce il tutto di una tristezza infinita. Perché la storia tutti la conosciamo, e sappiamo che chi guida il Milan guida pure una certa azienda televisiva che ce l'ha a morte con un'altra, e che (in questo momento in cui le cose rischiano "una deriva autoritaria") è solito vedere nemici ovunque.
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La tristezza più grossa, c'è perché quelli che tifano il Milan, se li ricordano bene gli anni in cui si vinceva e stravinceva in giro per il mondo. Gli anni in cui il Diavolo non era solo una squadra da numeri ─ e se si guardasse solo a quelli, si tornerebbe a dire che ancora i Rossoneri sono i più titolati d'Italia (so far) ─ ma pure da spettacolo. Gli anni in cui ci innamoravamo del calcio con Savicevic, gli anni di Van Basten, quelli di Beckham, Ronaldihno, Nesta, che sembravamo il "Resto del Mondo", quelli di Maldini e Baresi, quelli di Ibrahimovic ─ il più forte attaccante che io abbia mai visto giocare.
Ma quegli anni sono passati. Andati, finiti. Tornerà di certo qualcosa di simile, ma in futuro: quello che abbiamo davanti adesso è tutto un altro paio di maniche. E basterebbe che qualcuno dalla dirigenza di Milanello si mettesse seduto su una sedia davanti a un microfono, per dirlo ai tifosi. Basterebbe dire, che in questo momento, quello che più conta è risanare il bilancio, ché di soldi non ce ne sono più tanti e che è difficilissimo trovarne di nuovi. Scoprire le carte una volta per tutti. E allora tutti noi che siamo tifosi veri ─ non come quelli che quando la loro squadra va male, seguono "gli altri sport" ─ ce ne faremmo una ragione. Capiremmo i Paletta, i Bonaventura, perfino i Menez ─ che con tutte le pecche, ora è l'unico che ogni tanto ti fa divertire ─ e pure le comete come Torres. Capiremmo (lo abbiamo già fatto in realtà, ma come sempre davanti alle cose non belle, serve qualcuno che te lo dica chiaramente, senza troppi giri di parole, al di là che tu ne abbia acquisito consapevolezza). Capiremmo dicevamo, che forse l'obiettivo da mirare non è lo scudetto, ma un dignitoso quarto posto, o magari (magari!) terzo, per poter far cassa sui rimborsi delle competizioni europee e magari (magari?) permettersi il lusso di qualche mini-big. E capiremmo che in fondo, quei Paletta e quei Bonaventura, tanto male non sono: in quanto pezzi di una transizione, di un passaggio, di un cambiamento; che magari (magari!?), tra qualche anno, quando anche le casse staranno meglio, saranno loro il cardine di una buona squadra.
Ma serve essere chiari, onesti, precisi e decisi: non serve, invece, innescare polemiche futili, puerili, sghembe, che poi si portano dietro risposte ─ giustamente ─ arroganti e altezzose. Per quello c'è già il Movimento 5 Stelle, non rubiamoci il lavoro, che già è poco.
Ad maiora
P.S. A proposito di lavoro e di Milan, la cosa della serata l'ha scritta tra il primo e il secondo tempo di sabato Narciso Arasce Ottaviucci ─ persona che stimo forse più come penna che come libero, non se ne avrà a male, anche se insieme abbiamo vinto diverse partite (ma ne abbiamo perse di più): «A quelli che dicono "questi negri rubano il lavoro ai nostri giovani", chiedo: quanti di voi accetterebbero di essere al posto di Muntari ed Essien, stasera?».
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