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Due giovani a Londra

Creato il 02 febbraio 2012 da Albix

Due giovani a LondraCAPITOLO QUINTO

Il testamento di Mr Winningoes

Mercoledì 14 Novembre 1979

L’indomani mattina ci preparammo di tutto punto: la nostra vanità ebbe il sopravvento su tutto. Si trattava pur sempre di comparire davanti a una signora, anche se del tutto speciale. Girammo un po’ per un labirinto di corridoi prima di imbatterci, con l’ausilio delle indicazioni, nella cucina. Eravamo alquanto sorpresi di non essere stati svegliati, ma forse Mr Winningoes aveva deciso di farci dormire a volontà. Nell’ampio refettorio trovammo Miss Goodhealth e Big Joe, seduti ad un tavolo, con la testa tra le mani, immobili come statue. Li salutammo senza ricevere alcuna risposta.
-“ Dov’è Mr Winningoes?” – chiese Giorgio, dopo esserci scambiati uno sguardo perplesso.
Soltanto allora Miss Goodhealth sembrò accorgersi di noi e soltanto allora mi resi conto che doveva essere successo qualcosa di molto grave.  Si voltò verso di noi col viso rigato di lacrime e gli  occhi  arrossati. Quell’espressione di fiammeggiante rimprovero, con cui ci aveva fulminati il giorno prima, aveva lasciato totalmente il posto a un sentimento di sincero dolore, anche nel tono della voce. Prima di lasciarsi andare ad un pianto dirotto disse:
-“ Lord Winningoes non è più. E’ morto.”
A quelle parole anche Big Joe scoppiò in lacrime. Faceva uno strano effetto vedere quel gigante  piangere come un bambino. Sedemmo anche noi, sbalorditi da quella inattesa, terribile notizia.
-“ Com’è andata?” – domandò Giorgio dopo un po’, riscuotendosi.
-“ Sono andata nella sua stanza, come ogni mattina. Il mio signore sembrava dormire, serafico come sempre, nella sua consueta posizione supina. Invece………”
Nonostante i suoi sforzi Miss Goodhealth non riuscì a controllarsi e riprese a singhiozzare, sopraffatta dal dolore.
Big Joe, che fino ad allora era rimasto immobile e piangente, senza peraltro guardarci né muoversi, disse:
-“ Ieri notte, prima che mi congedassi da lui, il padrone mi ha detto che se gli fosse successo qualcosa, nottetempo, vi avrei dovuto consegnare questa lettera.”
Così dicendo ci indicò semplicemente con lo sguardo, una busta bianca che spiccava sul ripiano del tavolo. Conteneva alcuni fogli manoscritti con una grafia nitida e minuta. Era scritta in inglese e la passai a Giorgio che, leggendo ad alta voce, così la tradusse:

“ Londra, Domenica 11 luglio 1979. Oggi è per me un giorno di festa! Finalmente ho trovato l’uomo ideale per mia figlia  Eva Seconda, la Regina del Nuovo Mondo. Quanto tempo è passato da quando, dopo averle impiantato   la prima coltura batterica di ‘Escherichia coli’, nel Quartier Generale di Gehenna Geld , nell’amata Irlanda, ho visto   i suoi occhi illuminarsi di rosso, segno  che la   sua vita interiore aveva avuto inizio! Dopo quattordici anni  tutto è ancora impresso nella mia mente e riprovo la stessa, profonda emozione,  al solo ricordo! Dalla   stanza dove essa ha visto per la prima volta la luce del mondo, sono poi sceso alla Centrale di Controllo ed ho regolato il suo ambiente alla temperatura sufficiente e necessaria ad attivare le  cellette solari della sua epidermide,  per consentire al computer che trasmette e regola gli ordini di movimento agli organi periferici motori di funzionare. Col cuore in gola l’ho osservata,  sullo schermo centrale, dapprima muovere le dita delle mani e dei piedi, poi, lentamente, scuotersi dal suo lungo torpore e, infine, alzarsi dal letto sul quale giaceva.
Che grande emozione ho provato! E’ stato uno degli attimi più felici della mia vita! Sono corso di sopra, trafelato. Mi sentivo leggero e forte, come un ragazzo. Ero ebbro di felicità, come se stessi correndo ad abbracciare tutto il globo terracqueo o, come posso immaginare, taluno di noi correrebbe ad abbracciare un fratello proveniente da una galassia lontana, tanto atteso e desiderato.
L’ho stretta tra le braccia, la mia bambina, col cuore che mi batteva all’impazzata. Avrei voluto che quel momento fosse  durato un’eternità. Ma dopo un tempo indefinibile è stata proprio lei a riportarmi alla realtà. Sembrava guardarmi con aria interrogativa mentre con le braccia distese mi allontanava da sé.
‘Che sciocco!’-  pensai dopo un attimo di sbigottimento – ‘  Per quanto sofisticati possano essere i suoi circuiti e i suoi programmi informatici, le occorre pur sempre   un input  per potere interagire con il mondo esterno.’ Tralascio qui di esporvi gli immani sforzi, che si  protrassero per  lunghi anni,  alfine di  perfezionare il suo funzionamento e per consentirle di sviluppare al meglio sia la sua natura scientifica, sia la sua natura umana.
Così, dopo i necessari adattamenti, fu in grado di rapportarsi a me nel migliore dei modi, anche se prese da subito a chiamarmi col mio nome di battesimo. Mi disse inoltre  di sentirsi sola e di avere bisogno di amore. Povera cara! E’ proprio mia figlia, in tutto e per tutto! Io le ho trasmesso la mia scienza, il mio sapere, ma anche i miei sentimenti, le mie sventure, la mia solitudine.
In un primo momento pensai di portarla con me in viaggio, a conoscere il mondo, la gente, l’amore. Ma poi, considerando che il cambiamento di ambiente potesse nuocerle, decisi che sarebbe stato meglio portare il mondo da lei. Gli chiesi dunque quale fosse il suo ideale d’amore. Dopo una lunga riflessione mi rilasciò la seguente descrizione del suo ideale di uomo:
‘ Il mio uomo ideale ha più  di venti anni ma meno di trenta. Ama la pace e non la guerra;  apprezza ogni forma d’arte ed in particolare la poesia  contemporanea  e la musica rock; ha sete di avventura più che di potere e persegue  la ricchezza che dà il non possedere. Ama la verità che sta scritta nei cuori e non crede a quella tramandata nei libri. Del pari crede nella superiorità del diritto naturale su quello positivo. E’ bello ma virile, forte ma non violento, sincero ma non duro. Il suo concetto di libertà non è astratto ma concreto. Bramoso d’amore ma non d’autorità, discende dalle antiche, libere genti del Mediterraneo e deve vedere in me la madre dei suoi figli e nei nostri figli la volontà e il desiderio di conoscenza e di libertà, piuttosto che la continuazione del suo essere’.

Capite, voi che leggerete, quanto arduo fosse per me soddisfare una tale richiesta, tanto più che essa appariva quasi un oracolo criptico e indecifrabile. Ma se Eva richiedeva per sé un tale uomo, era segno che egli esisteva. Ed io lo avrei cercato, per mari e per monti, anche se ce ne fosse stato al mondo soltanto uno. Del resto, che cosa non fa un padre affezionato per la sua unica figlia?
… continua…


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