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due mezze persone

Da Gynepraio @valeria_fiore

Quando ho annunciato agli sposandi che mi recherò sola ai 3 matrimoni di quest’anno è stato tutto un florilegio di sguardi riprovevoli, misti a pena. Ovviamente voi-sapete-chi è stato invitato ma, dopo averne parlato, abbiamo convenuto che, poiché non conosceva né gli sposi né gli altri invitati, non sarebbe stata per lui una giornata divertente né sarebbe riuscito a partecipare realmente allo spirito dell’evento. Io ho pensato a me stessa e al fatto che sarei stata dispiaciuta del suo annoiarsi. Quindi mi sarei preoccupata di questa sua insoddisfazione più che della mia soddisfazione, oppure mi sarei sentita frustrata della sua incapacità di interagire con sconosciuti (una dote di cui io mi vanto e un limite di cui lui non si vergogna affatto) e avrei cercato maldestramente di coinvolgerlo in conversazioni estranee alla sua sfera. Insomma, mi sarei privata della libertà di godermela a modo mio: in altre parole, non sarei finita ubriaca come una pigna a farmi selfie nel cesso del ristorante con le mie amiche. Tutto questo, tra l’altro, perché? Per ubbidire alla vetusta convenzione sociale di portarsi appresso un fidanzato quando ci si trova nella eccezionale fortunata condizione di averlo.

Mi ha detto che, se davvero ci tengo a fargli conoscere gli sposi o gli altri invitati, forse una cena a quattro sarebbe un’occasione migliore. Abbiamo anche convenuto per il futuro che, a meno che non ci sia davvero bisogno di un supporto reciproco, nessuno imporrà o s’imporrà di fare cose malvolentieri.

C’è stato un momento, un anno fa, in cui l’opinione pubblica (dove con opinione pubblica intendo le persone a me più intime) si è compattata intorno all’idea che io fossi una ragazza buona e traboccante d’amore finita chissà come con uno che non solo non mi ricambiava, ma che deprezzava la mia indole socievole e rifiutava di essere coppia nel senso più tradizionale (=sociale) del termine.

Ovviamente, io ho contributo a creare questa opinione pubblica. Mi lamentavo, perché mi sentivo poco amata e rispettata nella mia meravigliosità, molte volte sola. Spesso pensavo: io sono attratta dal tuo essere diverso da me ed in alcune cose vorrei assomigliarti, ma perché non cerchi di essere come me, almeno un pochino? Dove come me, significa flessibile, tendenzialmente socievole, mediatrice, arrendevole. Ho cercato conforto, ho pianto, ho dipinto una immagine di noi in cui lui dettava legge ed io arrancavo dietro, un po’ compiacendolo, un po’ rimproverandolo, un po’ disprezzandolo. Ho pensato che questa sua rigidità e non-convenzionalità fosse una posa intellettualoide per avere più carisma e sintomatico mistero.

Ma, con mio sommo stupore, non lo è. In questi mesi si sono susseguiti degli atti incredibilmente normali, consueti, coppieschi. Abbiamo trovato una casa, fatto un viaggio, selezionato un parquet, parlato di denaro. Gli ho presentato amici che non aveva mai visto. Ha conosciuto i miei genitori. In tutti questi momenti e scelte, profondamente ordinari e normalmente previsti nel ménage di chi ha un progetto di vita condiviso, io sono stata spesso riottosa e dubbiosa. Mentre lui era proprio se stesso, tutto intero, e soprattutto molto più a suo agio di me.

Fatti due conti, direi che è un bene che lui non somigli a me, né io a lui.

due mezze persone

illuminante lettura del weekend

Qualsiasi rapporto nel quale due persone diventano una sola, dà come risultato finale due mezze persone (Wayne W. Dyer, “Le vostre zone erronee”).

 


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