Claudia Santonocito
La storia è quella di Joe. Che poi a pensarci bene potrebbe anche avere nomi diversi, perché chiamarsi in una qualsiasi maniera per lui potrebbe essere solo un peso. Quando vivi in strada, quando ringrazi di avere i soldi per una birra e una bottarella ogni tanto, il resto appare superfluo. Bisognerebbe capire chi è Joe, se è bello o brutto, buono o cattivo, e decidere se fare il tifo per lui. Ma a volerla dire tutta è una figura di inchiostro, il frutto di un esperimento letterario riuscito.
Prendi due ragazzi, un siciliano ed un marchigiano, Fabrizio Denaro e Giuseppe Graziano, e mettili a scrivere insieme. Ne viene fuori E allora berremo acquaragia (Erga Edizioni) che poi altro non è che il diario di Joe, le riflessioni di un uomo che sopravvive, osserva ma allo stesso tempo si conosce così bene da sapere di non potersi impegnare in niente di duraturo perché non è nella sua indole. Joe potrebbe essere un semplice emarginato o il relitto allucinato della nostra realtà che ha smesso di guardarsi attorno da troppo tempo. Ma si rimane maledettamente affascinati dalla sua visione e dal suo essere strafottente, verrebbe quasi voglia di provare invidia per la sua malconcia libertà. Perché Joe ha visto oltre, ha visto che una sbronza può essere salvifica e che una sana scopata senza interessi può cambiarti la giornata, ha capito che il mondo fa schifo ma è colpa nostra e della nostra pigrizia a non voler reagire, a voler giustificare il nostro sguazzare nell’apatia.
Un libretto di novantadue pagine pieno di rimandi letterari, c’è tanto Bukowski, molto Hemingway e una spruzzata di Beat Generation per un risultato assolutamente originale. La lingua è sporca (attenzione moralisti!), ma allo stesso tempo fluida e scivola via senza intoppi di nessun tipo. La narrazione procede diaristicamente, puntellata qua e là con riflessioni e appunti, plasmando un racconto di vita meditato e coeso. Il rischio di un romanzo scritto a due mani è quello di poter apparire disorganizzato nella forma e incoerente nello stile. Ma la prova è stata nettamente superata, risulta quasi impossibile distinguere due stili e due autori, soltanto alla fine quando ci regalano due finali diversi, ognuno dei quali firmato dal suo creatore, è possibile individuare le loro tracce nel corpo del libro. Non ci resta quindi che augurare in bocca al lupo e levare in alto i calici con questi due ragazzi che hanno creduto nell’arte della scrittura, e incoraggiare tutti coloro che sognano ma temono di mettere nero su bianco le loro storie e le loro idee.