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Due passi a Westend

Creato il 24 ottobre 2012 da Luciusday
Saranno stati gli anni di atletica leggera, che mi hanno insegnato che ogni centesimo di secondo è prezioso e non va sprecato; sarà stata l'abitudine, sin da piccolo, a usare i mezzi pubblici quotidianamente, e a fare tutto di fretta, in una città in cui il passaggio di un autobus alla fermata è un terno al lotto e il ritardo dei treni è all'ordine del giorno; saranno state queste e una serie di altre motivazioni più o meno futili, fatto sta che io, da sempre, piotto (romanesco per "vado veloce") quando cammino. No, non corro, però piotto, procedo a passo veloce, quasi militare, di marcia. I miei amici lo sanno: quando camminano con me devono accelerare il passo, e sbuffano.   Qui a Frankfurt è pieno di gente che piotta. Avvocati, consulenti aziendali e finanziari, medici, bambini, ragazzi, madri con carrozzine, anziani (un po' meno), li vedo ogni mattina nella piazza e nella metro vicino a Hauptwache procedere spediti verso la loro destinazione. Non una distrazione, non un'alzata di sguardo, raramente si scambia qualche parola, il bibitone di caffé take away tipo quello di Starbucks rigorosamente in mano. E io via con loro (niente Starbucks però) nel flusso di persone, questo grande fiume umano che attraversa la città e pompa fuori energia, soldi, forza lavoro, macchine e così via.
  C'è un momento però nel quale faccio qualcosa che raramente facevo a Roma, e che si allontana dalla massa di piottatori di Frankfurt: passeggiare, giusto per il piacere di farlo. Trödeln lo chiama un mio amico tedesco, ossia gingillarsi, baloccarsi, a me però piace tradurlo come "trotterellare". Nell'ora di pausa pranzo, divenuta sempre più sacrosanta con l'aumentare degli impegni, mi piace trascorrere il breve tempo che mi resta dopo aver mangiato per trotterellare nei dintorni di Westend, il quartiere dove lavoro.   Mi ricorda un po' Prati, con i suoi palazzi antichi, dagli atri e dai soffitti a volte ampie; con i suoi cortili privati che si intravedono quando le persone escono, con gli alberi dal tronco grigiastro, e i salici piangenti, che perdono foglie del colore dell'oro man mano che il freddo comincia ad acquistar terreno. Le stesse strade e piazze, che prendono il nome da musicisti e compositori di indubbia fama (BeethovenplatzMendelssohnstraße), sembra che invitino a lasciarsi cullare dal fruscìo delle foglie, dalla bellezza del dettaglio di una chiesa appena scoperto, dal verde di un giardino appena intravista, dal refrigerio piacevolmente pungente perché ancora sopportabile.    Passeggio, e la frenesia di Francoforte sembra per qualche momento lontana, bisbigliante. Eppure basta fare pochi passi per ritrovarsi nella Bockenheimer Landstraße, una delle arterie principali della città, fiancheggiata da grattacieli, percorsa incessantemente da macchine di grossa cilindrata: uno straordinario contrasto tipico di molte città tedesche, morte e rinate, antiche e recenti (fenomeno di cui Berlino è l'apoteosi). Mi lascio stupire da una contraddizione, nel segno di una contraddizione mi ritrovo ad apprezzare Francoforte e, a lungo termine, ad aver paura di imparare a farlo.   LuciusDay

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