Le bici verdi a Palazzo Dogana (St)
Foggia – SONO mestamente ferme. Perlomeno, e siamo buoni, da qualche mesata buona. L’inverno, la scarsa voglia di ciclare, la poca educazione civica, la riduzione alla mobilità automobilistica, motori a fungere da colonna sonora e tubi di scappamento come Arbre Magic. Fragranza: grigio di città. La Provincia di Foggia le aveva battezzate, a suo tempo, biciclette verdi. Nel senso di: buone con e per l’ambiente. E del colore della speranza erano finanche state tinte. Quasi volessero svettare sulla metallizzazione scialba delle automobili da grande industria. Una metafora silenziosa e frullante.
Il progetto prende avvio nel novembre dell’anno scorso. L’Ufficio Ambiente, sollecitato con una certa pressione da alcune associazioni ambientaliste, decide che è giunto il momento di fare un salto un avanti. Il bike sharing viene considerato un passo troppo più lungo della gamba. Il timore è che i velocipedi possano essere rubati alla comunità, le rastrelliere danneggiate o vandalizzate, quando non del tutto asportate. Sono i limiti di una cittadinanza in regressione, resa oblunga dalle mani del tempo. Così, Palazzo Dogana, poi Viale Telesforo, decide di partire dall’alto, dai vertici. Chiaro come la luce del giorno l’intento pedagogico, la volontà di fungere da monito, da grimaldello per scardinare le cattive condotte e le altrettanto pessime pratiche di un contesto urbano che utilizza petrolio anche per le poche centinaia di metri. Onde poi percorrerne il doppio alla ricerca dei parcheggi.
Si parte dall’alto, quindi. E la provincia acquista 375 biciclette. (63 euro per ogni bicicletta). La loro destinazione finale sono i luoghi pubblici. In primis, quelli direttamente collegati con l’Ente. Ovvero, gli stessi uffici interni di entrambe le sedi e le scuole superiori. Passano pochi giorni e ad ogni scuola della Capitanata vengono destinate 2 biciclette. Che, nella maggior parte dei casi sono imbucate in chissà quale anfratto e, comunque, non utilizzate. Ma il monitoraggio latita, l’Ufficio preposto non ha mai controllato come fossero impiegati quegli strumenti (va da sé, sovvenzionati dalla collettività). Di conseguenza, non ha mai pensato ad un loro riutilizzo. Giovanni Dattoli, numero uno dell’ufficio ambiente, glissa cupo: “Ci penseremo”. Ma, ai fatti, la Provincia non sa che farne. Conferma che “l’idea del bike sharing sarebbe ottima” ma che, al momento “non ci sono abbastanza garanzie”.
Meglio, quindi, iniziare a distribuirle qui e lì, in giro per la Capitanata, a chi dimostra di poterne e di saperne fare un uso se non saggio, per lo meno non deleterio. Dattoli rivela a Stato di aver consegnato velocipedi al Nucleo Carabinieri in Pensione di Trinitapoli (una cosa da ridere, se si pensa che, il paese, ha cambiato provincia di pertinenza), alla sede manfredoniana di Legambiente ed alla Biblioteca Provinciale di Foggia. “A cui – aggiunge – abbiamo donato anche una rastrelliera”. Il dirigente, inoltre, ridimensiona anche i numeri. Le bici, in tutto, sono 375, 320 delle quali distribuite. E non oltre 400 come inizialmente rivelato.
Dattoli, poi, stima: “Dall’Ufficio Ambiente, ogni giorno escono per la città cinque biciclette”. Si tratta di impiegati che svolgono le mansioni di servizio. I foggiani la utilizzano, pare, anche per tornare a casa. Per quel che attiene lui, confessa candidamente di “non essere capace di andare in bici”. Poi cita un solo assessore che ha fatto richiesta di avere il mezzo: Billa Consiglio. Ci siamo appostati nel chiostro di Palazzo Dogana per una mattinata intera, senza tuttavia poter dare conferma di questo dato. Le bici in dotazione della sede provinciale, che dovrebbero essere 30, stando alle ammissioni di Dattoli, in verità non sono che 9. La maggior parte hanno ancora la plastica sul sellino. Chiaro ed incontrovertibile segno di inutilizzo. Una parte di queste, fino ad un paio di settimane fa, era relegata lontana dagli occhi, giusto di fronte ai bagni del piano terra. Non ci sono più. Ed allora, che fine hanno fatto? E le altre? Nessuno lo sa. Chiediamo in giro, al personale, agli impiegati. Nessuno ammette di averle usate mai e nessuno è a conoscenza del loro numero esatto. A quanto pare, neppure Dattoli.
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