INCHIESTE (Milano). E’ arrivato nelle settimane scorse dalle colonne del Wall Street Journal, a firma Jean-Louis Dupont – avvocato specializzato nei diritti della concorrenza applicati in campo sportivo e uno dei protagonisti del rivoluzionario processo Bosman -, un forte attacco contro le regole del Fair Play Finanziario che sono state adottate dalla UEFA e che, secondo Dupont e come Calciolab aveva già osservato, di fatto introducono barriere all’ingresso proteggendo gli attuali dominatori del mercato.
Le nuove regole nascono con l’encomiabile scopo di ridurre le enormi perdite finanziarie che di anno in anno vanno ad appesantire i bilanci delle società calcistiche ma, secondo Dupont, rappresentano “un accordo di un cartello di squadre per limitare gli investimenti e, quindi, violano la regole dell’Unione Europea a favore della concorrenza”. La Commissione Europea presieduta da Joaquin Almunia non sembra aver realizzato questo aspetto della vicenda e un anno fa lo stesso Almunia si è indirizzato a Michel Platini esprimendo tutta la sua compiacenza e l’allineamento dei principi del Fair Play Finanziario agli obiettivi dell’Unione Europea. Ma, sostiene una fonte autorevole come Dupont che ha spesso gestito controversie spinose, la Corte di Giustizia Europea potrebbe non concordare.
In passato proprio la Corte di Giustizia ha stabilito un principio fondamentale: lo sport non rappresenta alcuna differenza rispetto ad ogni altra attività economica e di conseguenza deve sottostare agli stessi principi di ogni altra industria anche nell’ambito dei diritti della concorrenza che stabiliscono che ogni legge che possa distorcere le regole della libera concorrenza e qualsiasi altra libertà stabilita dalla Unione Europea sia ammissibile solo se sono necessarie e rappresentano l’unica modalità per raggiungere un legittimo obiettivo. Come qualche mese fa ha evidenziato Calciolab è chiaro come il Fair Play Finanziario limiti la concorrenza essendo di fatto un accordo tra le società per limitare la loro libertà di ingaggiare calciatori attraverso un blocco posto ai salari e ai trasferimenti.
Il Tribunale Europeo se fosse chiamato in causa si dovrebbe, quindi, chiedere se queste regole siano necessarie e rappresentino l’unica modalità percorribile per raggiungere gli obiettivi che tali regole si sono poste. Il primo obiettivo, quello di salvaguardare la stabilità del calcio europeo, è lodevole, continua Dupont, ma “difficilmente potrebbe essere considerato un obiettivo così fondamentale da giustificare una limitazione nei diritti della concorrenza”. Vi sarebbe un secondo obiettivo, quello di avere competizioni più equilibrate, ma è chiaro come questo possa avvenire solo sulla carta. Il calcio europeo è caratterizzato da un numero eccezionale di situazioni che determinano una differenza tra i club: tra quelli che partecipano alle Coppe europee, tra i differenti campionati e tra le squadre di uno stesso campionato. Facciamo qualche esempio: partecipare alla Premier League o alla Liga permetterà sempre di avere maggiori risorse finanziarie rispetto ai club austriaci o olandesi. Lo ha detto l’altro giorno il presidente del Parma, Ghirardi, seppure partendo da presupposti errati nel principio: i piccoli club, con minore accesso al grande circuito dei diritti televisivi, delle sponsorizzazioni e del merchandising, continueranno a rimanere piccoli perchè ancora più limitati dalle nuove regole nei loro investimenti, mentre le grandi società, dopo un iniziale assestamento, rafforzeranno la loro posizione. Tutto ciò è chiaramente contro i diritti della libera concorrenza e, non a caso, sottolinea Dupont, i grandi club europei sono chiaramente a favore delle nuove regole.
Stabilito con chiarezza che il Fair Play Finanziario non rispetta il diritto alla concorrenza, se portata di fronte alla Corte di Giustizia Europea, l’UEFA dovrebbe convincere i giudici che queste regole rappresentano il male minore per raggiungere gli obiettivi prefissati. Eppure il modello finanziario del calcio potrebbe essere migliorato, con minori limiti alla libera concorrenza, aggredendo alla base le ragioni dello sbilanciamento tra le fonti di reddito delle società in modo da consentire la crescita di piccoli club e di campionati non attualmente al livello dei top 5 del continente. Si potrebbero definire regole diverse di ripartizione dei diritti televisivi e dei premi per la partecipazione alle competizioni internazionali con una parte dei fondi ricavabili da una tassa sul lusso per i club che spendono in misura eccessiva, per fare un esempio.
Difficilmente – è il punto di un avvocato che ha in passato sfidato più volte le federazioni sportive internazionali in tribunale uscendone vittorioso – il Fair Play Finanziario se portato di fronte al Tribunale Europeo potrebbe sopravvivere perchè “anche il calcio come ogni altra industria miliardaria deve rispettare la legge”.






