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Dura elegia

Creato il 27 aprile 2011 da Renzomazzetti
fiori d'aprile.

fiori d'aprile.

Signora, hai fatto grande, più grande la nostra America. Le hai dato un fiume puro, di colossali acque: le hai dato un albero alto di infinite radici: un figlio tuo degno della sua patria profonda. Tutti l’abbiamo amato vicino a questi orgogliosi fiori chi copriranno la terra in cui riposi, tutti abbiamo voluto che venisse dal fondo dell’America, attraverso la selva e l’altipiano, perché così la tua fronte stanca toccasse la sua di nobile mano piena di allori e di addii. Ma altri sono venuti per il tempo e per la terra, signora, e l’accompagnano in questo addio amaro per il quale ti rifiutano la bocca di tuo figlio e a lui, l’acceso cuore che custodivi. Per la tua sete rifiutarono l’acqua che creasti, scostarono la sorgente remota della sua bocca. E non servono le lacrime su questa pietra rotta, in cui dorme una madre di fuoco e di garofani. Ombre d’America, eroi coronati di furia, di neve, di sangue, d’oceano, di tempesta e di colombe, qui: venite al buco che questa conservava nei suoi occhi per il chiaro capitano che attendiamo: eroi vivi e morti della nostra grande bandiera: O’Higgins, Juarez,Cardenas, Recabarren, Bolivar, Martì, Miranda, Artigas, Sucre, Hidalgo, Morelos, Belgrano, San Martin, Lincoln, Carrera, tutti, venite, empite il buco del vostro grande fratello e che Luis Carlos Prestes senta nella sua cella l’aria, le ali torrenziali dei padri dell’America. La casa del tiranno che ha oggi una presenza grave come un immenso angelo di pietra, la casa del tiranno ha oggi una visita dolorosa e addormentata come una luna eterna, una madre percorre la casa del tiranno, una madre di pianto, di vendetta, di fiori, una madre di lutto, di bronzo, di vittoria, guarderà eternamente gli occhi del tiranno fino a inchiodare in essi il nostro lutto mortale. Signora, oggi ereditammo la tua lotta e la tua angoscia. Ereditammo il tuo sangue che non ebbe riposo. Giurammo alla terra che ora ti riceve, di non dormire né sognare finché non torna tuo figlio. E come nel tuo grembo il suo capo ti mancava ci manca l’aria che il suo petto respira, ci manca il cielo che la sua mano indicava. Giuriamo di continuare le vene arrestate, le trattenute fiamme che nel tuo dolore crescevano. Giuriamo che le pietre che ti vedono arrestarti ascolteranno i passi dell’eroe che ritorna. Non v’è carcere per Prestes che nasconda il suo diamante. Il piccolo tiranno vuol nascondere il suo fuoco con le sue piccole ali di pipistrello freddo e s’avvolge nel torbido silenzio del topo che ruba nei corridoi del palazzo notturno. Ma come una bragia di scintilla e di folgore attraverso le sbarre di ferro calcinato la luce del cuore di Prestes spicca, come nelle grandi miniere del Brasile lo smeraldo, Come nei grandi fiumi del Brasile la corrente, e come nei nostri boschi di natura possente spicca una statua di stelle e di fogliame, un albero delle terre assetate del Brasile. Signora, hai fatto grande la nostra America. E tuo figlio incatenato combatte con noi, al nostro fianco, pieno di luce e di grandezza. Nulla può il silenzio del ragno implacabile contro la tempesta che da oggi ereditiamo. Nulla possono i lenti martiri di questo tempo contro il suo cuore di legno invincibile. La frusta e la spada che le tue mani di madre passeggiarono per la terra come un sole giustiziere illuminano le mani che oggi ti coprono di terra. Domani cambieremo quanto ferì i tuoi capelli. Domani romperemo la spina dolorosa. Domani inonderemo di luce il tenebroso carcere che è sulla terra. Domani vinceremo. E il nostro capitano sarà con noi. -Pablo Neruda-

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DA POESIA IN FORMA DI ROSA SUPPLICA A MIA MADRE

E’ difficile dire con parole di figlio

ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,

ciò che è stato sempre, prima d’gni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata

alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame

d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu

sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso

alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,

l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione

di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.

Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

-Pier Paolo Pasolini-

le colombe di Guttuso.

le colombe di Guttuso.


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