Curioso. Perché, come gente più titolata ha notato prima e meglio di me, la Rolex-marchio-registrato non fiata quando viene fuori che suoi fan sono anche corrotti, corruttori, personaggi controversi e mafiosi di vario cabotaggio.
[Per la cronaca, uno dei più famosi testimonial (postumi) di Rolex è stato Che Guevara...]
La reazione piccata di Rolex, dunque, non è valsa in passato quando boss di spicco della mafia sono stati arrestati con gioielli di meccanica elvetica al polso. Nel 2007, per esempio, Salvatore e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio, tra gli ultimi veri capimafia catturati in Sicilia, indossavano un Rolex Daytona ciascuno al momento dell'arresto. Così come l'anno prima Francesco Franzese, ex braccio destro dei presunti eredi di Provenzano, aveva in casa, o meglio nel covo in cui si nascondeva latitante, ben 15 orologi Rolex. Allora non si levò alcuna voce indignata, né dal quartier generale di Ginevra né da Milano, di cui Rolex Italia spa è "cittadino esemplare", come dice Marini. E probabilmente, nel 2013, non gli era arrivata all'orecchio la notizia di un pizzaiolo tra New York, Bagheria e i clan siculo-canadesi, tale Carbone, diventato pentito di mafia: aveva il Rolex d'oro di un defunto boss spagnolo del narcotraffico, e piuttosto che farsi "tradire" dal possesso di quell'orologio preferì confessare tutto ai carabinieri. Anche in quel caso, nessuno ha espresso «profondo rincrescimento e disappunto» per «l'inaccettabile affiancamento».
Il Rolex, checché ne dica il management, è uno status symbol pure per chi vive di crimine. Persino per i mafiosi che con un bell'orologio volevano corrompere Fantozzi (alla riscossa, 1990). Il ragioniere rifiutò. Non so se Rolex s'indignò con Villaggio per la pubblicità negativa...