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In questa Italia che sprofonda nel fango, non solo metaforicamente, appare sempre più marcata ed evidente la divaricazione morale fra chi nella melma ci sguazza per naturale inclinazione e chi, invece, quasi a voler raccogliere idealmente l'appello accorato del cardinale Bagnasco di qualche settimana fa, si rimbocca le maniche nel tentativo di "purificare l'aria" di una società ammorbata da decenni di eccessi e di sregolatezze.
La rappresentazione più efficace di tale contrasto è ciò che sta avvenendo nel Paese proprio negli ultimi giorni: da un lato, chi il fango lo diffonde a mezzo stampa e nelle istituzioni in ossequio a quel che resta della boriosa autorità del proprio decadente sovrano; dall'altro, centinaia di ragazzi perbene (studenti, precari, disoccupati, operai, perfino immigrati) che il fango lo spalano incessantemente per riportare in vita una nobile città del Nord ferita dall'incuria e dall'irresponsabilità umana.
Insomma, mentre chi dovrebbe statutariamente occuparsi dei cittadini è perennemente avvitato su se stesso, distratto da bassissimi istinti di sopravvivenza e in preda alla sbornia autoreferenziale, l'esempio migliore viene proprio dai cittadini, specialmente dai più giovani, che si producono in un'alta prova di civiltà dimostrando ancora una volta che un'Italia diversa è possibile.
Con buona pace di un vecchio arnese dello "sguaiatismo" mediatico come Vittorio Feltri, che ancora ieri sera, durante la trasmisisone "Otto e mezzo" condotta da Lilli Gruber, si è prodotto in giudizi ingenerosi e incauti nei confronti delle nuove generazioni italiane definendole alla stregua di un'orda di dissennati scansafatiche in quanto, come ha nuovamente denunciato la Banca d'Italia nel suo rapporto sulle economie regionali, sono sempre di più quelli che fra loro non lavorano né studiano. E naturalmente, per una certa linea di pensiero fedele al dogma del politically incorrect, la colpa di questa condizione di perenne precarietà sociale sarebbe dei giovani stessi e non, invece, dell'egoismo di chi li ha preceduti.
"Angeli col fango sulle magliette", così sono stati subito ribattezzati i ragazzi accorsi a Genova da ogni parte d'Italia, pronti ad adoperarsi per risollevare quella comunità colpita dalla ferocia delle intemperie. In meno di 48 ore ne sono arrivati a migliaia, tutti mobilitatisi spontaneamente per un fine supremo e con uno spirito di servizio assai raro di questi tempi. Semplicemente in nome dell'antico valore italico della solidarietà, senza bisogno di essere blanditi, corteggiati, allettati dalla promessa di ricompense postume come uno Scilipoti qualsiasi.
Ricorrendo anche alle enormi potenzialità del web hanno dato prova di grande efficienza: si sono auto organizzati in squadre e messi a disposizione della Protezione Civile, hanno contattato i Municipi e gestito i punti di raccolta. Restituendo il sorriso alla popolazione locale colta da un'immane sciagura e costringendo larga parte dell'opinione pubblica nazionale a riflettere sulla circostanza che, malgrado Berlusconi e la casta, malgrado il declino economico e il decadimento culturale, malgrado le cricche, i faccendieri e la dilagante corruzione, un motivo valido per tenere in vita quel piccolo barlume di speranza che ognuno si porta ancora dentro esiste eccome!
La ministra della Gioventù Giorgia Meloni, a differenza dei tipi arcigni e vuoti di empatia alla Feltri, s'è affrettata a dichiarare davanti alle telecamere che quei giovani sono la parte migliore del Paese. Certo, a guardare le igieniste dentali e le "trote" che imperversano nelle istituzioni non si può che essere d'accordo. Ma occorre pure aggiungere che, per disintossicare la Nazione dal flagello della Seconda Repubblica, è proprio da chi è disposto a sporcarsi le mani per il prossimo che bisogna far ripartire la ricostruzione culturale ed etica dell'Italia.
Ebbene sì, per ridisegnare il Paese ricominciamo dallo spontaneismo positivo della società civile e dalle nuove generazioni. Ancor più e ancor prima che da un Monti o da un Letta o da ipotetiche larghe intese sempre circoscritte all'astratto alveo della politica politicante.
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