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E adesso tutti vogliono sedere al tavolo delle riforme di Renzi

Creato il 19 giugno 2014 da Nicola933

Di Erica Vaccaro. «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». La celebre frase del  romanzo “il Gattopardo”, viene pronunciata da Tancredi, nipote del principe di Salina, per spiegare come l’unico modo per mantenere intatti i privilegi della classe nobiliare siciliana sia annettersi al Regno D’Italia. Una frase che si è dimostrata più volte in grado di descrivere alcune vicende  italiane, al punto che ne è nato  un sostantivo (“gattopardismo”) comunemente utilizzato nel linguaggio letterario e giornalistico. Letteralmente (cit. Devoto-Oli) si tratta della “teorica disponibilità a innovazioni e cambiamenti, specialmente politici, nella consapevolezza che la continuità prevarrà sul rinnovamento”.

In questi giorni in parlamento si respira aria di cambiamento e per la prima volta dopo tanti anni sembra che tutti i partiti facciano a gara per sedersi al tavolo delle riforme. Ma non sarà l’ennesimo esempio di gattopardismo all’italiana? Per dare una risposta alla domanda bisogna fare un passo indietro. Senza spingersi troppo lontano, sarà sufficiente riportare alla nostra. mente la situazione pre-elezioni europee. La legge elettorale dopo aver ricevuto il primo si alla camera si era arenata al Senato al punto che il discorso sembrava essere oramai tutto incentrato sul progetto di riforma del senato e del titolo V, che secondo alcuni, avrebbe dovuto rappresentarne il presupposto. Ma anche la riforma del Senato sembrava impantanata in Commissione Affari Costituzionali tra i veti incrociati dei vari componenti: l’accordo del Pd con la lega era sfumato dopo che il senatore Calderoli aveva presentato e fatto votare, un ordine del giorno opposto a quello del PD; l’accordo con FI appariva piuttosto precario, dopo che alcuni senatori forzisti avevano appoggiato l’odg Calderoli prima e quello Finocchiaro poi; voci contrarie provenivano anche dai Popolari per l’Italia con il Senatore Mauro contrario al disegno di legge del PD; ma soprattutto forti malumori provenivano dallo stesso Partito democratico dove un disegno di legge a firma Vannino Chiti sembrava raccogliesse diversi consensi tra i senatori democratici.Una situazione di non facile soluzione in cui sembrava impossibile intravedere una luce.

Poi c’è stato il clamoroso risultato delle elezioni europee, quel 40,8% conquistato dal PD che ha rovesciato le carte in tavola. Gli altri partiti si sono scontrati con un dato reale: l’immobilismo in campagna elettorale non paga. Ecco perché adesso tutti scalpitano per avere un ruolo da protagonista sul tavolo delle riforme. L’unico modo che hanno i partiti per non scomparire definitivamente alle prossime elezioni è rendersi protagonisti del percorso inaugurato da Matteo Renzi. Se non lo facessero, Renzi, non avendo i numeri per fare le riforme, potrebbe chiedere e ottenere da Napolitano il voto anticipato e presentarsi agli italiani come leader  dell’unico partito realmente intenzionato a cambiare il paese. Un rischio troppo grosso, ecco perché nello slancio riformista cui stiamo assistendo, si insinua l’ennesimo esempio di gattopardismo italiano.

Il rinnovamento, per ora solo annunciato da Matteo Renzi, rischia di minare la sopravvivenza degli altri partiti. E allora tanto vale sedersi a discutere e far valere quelle posizioni che garantiscano la propria continuità. La lega pare stia cercando un accordo con il PD sulla riforma del Senato perché spera di ottenere in cambio una soglia di sbarramento più alta per la legge elettorale; FI si appresta a votare a favore di un Senato di eletti di secondo grado purchè si riduca il numero dei sindaci ( che per la maggior parte appartengono al pd) e si aumenti quello dei consiglieri regionali; c’è poi il M5s che per la prima volta scopre l’importanza del dialogo e lo fa perché i voti persi alle ultime elezioni Europee hanno dimostrato che gli italiani sono stanchi di sentire urlare e vogliono vedere i loro rappresentanti concretizzare. Per farlo l’unica possibilità è aprirsi al dialogo con “l’ebetino”, partendo dal disegno di legge fuoriuscito dalla consultazione on line e sperando nella possibilità che si ritorni al vecchio mattarellum; infine il PD, in vista del semestre di presidenza italiano al consiglio dell’UE, vuole arrivare in Europa il primo luglio con in mano un primo voto sulle riforme. Per questo non intende cedere ai ricatti dei membri del suo stesso partito e il pugno duro contro i 14 senatori autosospesi ( ma poi rientrati) ne è una chiara dimostrazione.


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