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…e alla fine arriva Kevin

Creato il 04 marzo 2012 da Cannibal Kid
Condividi …e ora parliamo di un film di cui secondo me è meglio non sapere niente.Perciò, se non l’avete ancora visto, vi consiglio di non proseguire oltre con la lettura, anche se nel dirlo vado contro gli interessi del mio blog, e di recuperare prima il film che è una visione interessante.Non è l’ideale per una serata di svacco e intrattenimento leggero, piuttosto è un pugno allo stomaco, sappiate solo questo.…e ora parliamo di Kevin, almeno con chi ha visto il film, tutti gli altri continuino a loro rischio e pericolo…
…e alla fine arriva Kevin…e ora parliamo di Kevin(UK, USA 2011)Titolo originale: We need to talk about KevinRegia: Lynne RamsayCast: Tilda Swinton, Ezra Miller, Jasper Newell, Rock Duer, John C. Reilly, Ashley Gerasimovich, Siobhan Fallon, Alex ManetteGenere: pure evilSe ti piace guarda anche: Afterschool, Elephant, Bowling a Columbine, Polytechnique
“There is no point.That’s the point.”

…e alla fine arriva KevinPazzi che fanno una strage.Subito il pensiero vola a Columbine, se pensiamo alle scuole, ma di riflesso va anche a Breivik, l’autore del massacro di Utoya, in Norvegia. Cosa anima davvero queste persone resta un mistero cui forse nemmeno migliaia di pellicole potranno mai dare una risposta.
Anche perché, come dice Kurt Vonnegut nel libro che sto leggendo adesso Mattatoio n. 5, "Non c'è nulla di intelligente da dire su un massacro. Si suppone che tutti siano morti, e non abbiano più niente da dire o da pretendere. Dopo un massacro tutto tace, sempre, tranne gli uccelli. E gli uccelli cosa dicono? Tutto quello che c'è da dire su un massacro, cose come "Puu-tii-uiit?"
Il documentario di Michael Moore Bowling a Columbine cercava di allargare il discorso alla violenza di cui è impregnata la cultura americana e mostrava come possa essere facile negli Usa procurarsi un’arma. Se però pensiamo alla Norvegia e alla sua cultura pacifista, la situazione è del tutto differente. Opposta, direi. In quel caso dietro c’erano delle motivazioni di tipo ideologico. Nazismo, massoneria, nazionalismo, fondamentalismo anti-Islam… Una di queste cose, tutte queste cose combinate insieme, o forse solo pazzia?Pellicole come Elephant di Gus Van Sant e Polytechnique di Denis Villeneuve (poi autore dello splendido La donna che canta) erano riuscite, ed Elephant era anche qualcosa in più di una semplice pellicola riuscita, perché non cercavano di dare una risposta. Semplicemente, anzi mica tanto semplicemente, provavano a ricreare quell’atmosfera da incubo che si è dovuta respirare in quei tragici momenti. Con un occhio freddo e privo di facili pietismi.…e ora parliamo di Kevin racconta una storia simile, in cui però ad essere differente è il punto di vista.
…e alla fine arriva KevinDimentichiamo il titolo italiano: …e ora parliamo di Kevin sembra infatti più appropriato per una caciarona commedia goliardica americana. Invece in We need to talk about Kevin, con il titolo originale le cose vanno già meglio, non c’è davvero niente da ridere.Fin da subito veniamo scaraventati in un incubo.Il rosso si sparge dappertutto e non va via. Si tratti di vernice lanciata contro le pareti di casa o di una marmellata alla fragola, il rosso è dappertutto.La protagonista della pellicola, una Tilda Swinton degna di una nomination agli Oscar molto più di Glenn Close o della solita vincitrice Meryl Streep, se ne va in giro come una zombie e tutti cercano di farle del male, manco fossimo in Resident Evil o in The Walking Dead. Lentamente veniamo a scoprire i motivi per cui viene trattata come un’appestata: suo figlio. Suo figlio e ciò che ha fatto.Il film alterna momenti onirici, mescolandoli con il passato e il presente soprattutto nella prima parte, per me la più incisiva, mentre nel prosieguo prende una via narrativa più lineare, forse pure troppo. Se l’inizio della pellicola è davvero folgorante, poi via via qualcosa si perde.Ma anche dopo il film riserva spunti di degnissimo interesse. È nella seconda parte che ci si concentra sulla figura di Kevin, una figura che all’inizio invece viene evocata giusto come uno spirito o, meglio, come un mostro. Una creatura innominabile.

…e alla fine arriva Kevin

"I figli so' piezz'e core... ma a volta so' solo piezz'e mmerda!"

La domanda cui ci mette di fronte il film non è tanto: “Perché Kevin agisce in questo modo?”, ma piuttosto: “Cosa faremmo noi se ci trovassimo con un figlio così?”.Ci sono persone che nascono malvagie. L’ambiente in cui si cresce, l’educazione, la cultura, possono formare e cambiare le persone. Ma solo in parte. Per il resto, certe persone nascono malvagie e non c’è niente da fare. È così e basta.Kevin sembra un personaggio di un film horror, reso in maniera inquietante dai tre attori che gli prestano l’impassibile freddo volto: il piccolissimo Rock Duer, il giovincello Jasper Newell e quindi il teenager Ezra Miller. Soprattutto quest’ultimo è un attore da tenere d’occhio, sebbene rischi di rimanere incasellato all’interno del genere “ragazzo seriamente disturbato”, ruolo che aveva già interpretato nel non meno preoccupante Afterschool.
…e alla fine arriva KevinMerito del film è quello di non scivolare nel thriller horror paradossale con un ragazzino spaventoso stile Orphan o altre robe di questo tipo, ma di rimanere sempre, anche nei passaggi più onirici, dentro i confini di un verosimile che ci mostra come questo orrore non sia qualcosa di soprannaturale, ma di ben presente vicino a noi. Proprio come nelle scuole di Elephant e Polytechnique. Soltanto, visto dal punto di vista della madre e con l’aggiunta di un pizzico di fiabesco, che oggi va tanto di moda, attraverso la figura di Robin Hood.Che c’entra Robin Hood con un film del genere?Con il doppio epilogo finale lo veniamo a scoprire, nella più raggelante delle maniere. Se per quanto riguarda la strage all’interno della scuola ce la potevamo aspettare, in fondo il film gira tutto intorno a questo evento, la strage famigliare è qualcosa che lascia davvero di ghiaccio. Un po’ come quando Dexter (ATTENZIONE SPOILER SULLA QUARTA STAGIONE DI DEXTER, SE NON L’AVETE ANCORA VISTA) scopre il cadavere di Rita in bagno.
…e alla fine arriva KevinSe le interpretazioni di madre e (triplice) figlio protagonisti sono spaventosamente notevoli, John C. Reilly nei panni del padre resta un pochino nell’ombra, anche per esigenze di sceneggiatura. A impreziosire un film di raggelante bellezza ci pensano quindi anche l’ottimo tocco della regista Lynne Ramsay, soprattutto nella prima notevolissima parte, e una colonna sonora variegata che mixa le musiche originali di Jonny Greenwood dei Radiohead (già autore delle soundtrack de Il petroliere e Norwegian Wood) con una serie di brani che vanno dalla straniante “Last Christmas” degli Wham! alla ancora più straniante “Everyday” di Buddy Holly. Un pezzo quest’ultimo che invero sta diventando un po’ troppo abusato, considerando come fosse il leitmotiv già di Gummo e Mr. Nobody e si sia sentito anche in Stand by me, Big Fish e pure in un episodio di Lost.
Gli horror di solito mi divertono, più che spaventare. Ma We Need to Talk about Kevin non è un horror e forse è per questo che è ancora più spaventoso. Perché il suo terrificante orrore è reale.…e pensare che dal titolo italiano sembrava un’innocua commediola con Ben Stiller e Jennifer Aniston…(voto 7+/10)

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