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E’ ancora possibile scrivere un romanzo?

Creato il 04 dicembre 2010 da Fabry2010

Di Loris Pattuelli

Un racconto? No, niente racconto, mai più.

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Questi appunti sono qui da qualche mese, credo dal primo numero del post dedicato all’impossibilità di scrivere un romanzo. Fossero capitati nel cestino, non ci sarebbero stati problemi, e invece è andato a finire tutto nel PC, e la seccatura adesso è tua. Posso cogliere l’occasione per salutarti e per ringraziarti del disturbo? C’è chi parla perché ha qualcosa da dire, c’è chi tace perché non ha niente da dire, io non ho niente da dire e adesso lo dico anche a te. Non è molto, lo so, giusto la premura di un altro fingitore.

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Non so se il romanzo tu lo stai scrivendo per davvero. Io penso di sì, ma non mi stupirei del contrario. A dirti queste cose è un lettore distratto, un creditore anche troppo riconoscente. Solita manfrina che non tiene conto di Tom Robbins, Cormac McCarthy, e di qualche altro passante che passa. lI mondo è pieno di scrittori, così come di piloti, di buongustai e di strateghi del pallone. Ci vuole pazienza, la pazienza che separa il gatto dal passerotto. Fossimo in televisione, adesso partirebbe una réclame, fossimo a un incrocio, ci sarebbe da controllare il colore del semaforo, ma siamo su Microsoft Word e io ho soltanto un ciao da regalarti. Se andiamo avanti, forse ci ritroveremo sulla porta di casa. Sei pronto per spalancare porte e finestre, per cantare, per volare, per ballare a tre spanne da terra? Questo è il novecento, bellezza, e tu puoi soltanto tenere a mente quelli che dimenticano dove porta la strada. Bene, inizio e fine del nostro unico intervallo. Ti ho mai parlato della mia intenzione di adottare Madame Bovary? Al di là delle meste figliolanze e delle paternità più sciagurate, credo che Flaubert abbia scritto questo libro per gli amanti del carillon, e non certo per la buona borghesia del diciassettesimo secolo. Il mio consiglio è di aprirlo sempre a caso, e di considerare che la sua semenza non è poi così diversa dal rumore dell’Arpa Eolia. Schiacciando il tasto rewind, mi chiedo se il romanzo tu lo stai scrivendo per davvero, se sei alle prese con un bel finale, eccetera eccetera. Inquietato da questa prospettiva, adesso copio e incollo un frammento veramente stonato e fuori tema.

Mi avevano domandato: Raccontaci come le cose si sono svolte “esattamente”. – Un racconto? Cominciai: Non sono né sapiente né ignorante. Ho conosciuto gioie. E’ troppo poco dire. Io raccontai loro l’intera storia che essi ascoltavano con interesse, mi sembra, almeno all’inizio. Ma la fine fu per noi una comune sorpresa. Dopo questo inizio, dicevano, verrete ai fatti. Come! Il racconto era terminato.

Maurice Blanchot, La folie du jour, Editions Fata Morgana, 1973.
Maurice Blanchot, La follia del giorno, Elitropia Edizioni, 1982.

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Ma è ancora possibile scrivere un romanzo? Una risposta a questa domanda potrebbe arrivare da un altro frammento stonato e fuori tema.

Ombrosa non c’è più. Guardando il cielo sgombro, mi domando se davvero è esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi, spiumii, minuto e senza fine, e il cielo solo a sprazzi irregolari e ritagli, forse c’era solo perché ci passasse mio fratello col suo leggero passo di codibugnolo, era un ricamo fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d’inchiostro, come l’ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuti come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s’intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito.

Italo Calvino, Il barone Rampante, Einaudi, 1957.

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Buona lettura e saluti da Loris.



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