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Ma le parole di Grillo non erano state buttate lì, a caso. Erano un avvertimento a chi, nel recente passato, aveva dimostrato di non essere un grillino disciplinato. A chi, come Giovanni Favia e Federica Salsi, non aveva rispettato ossequiosamente le direttive del partito, partecipando ad una trasmissione televisiva o accusando il leader di gestire il partito in modo poco democratico. Non erano dichiarazioni a caso, erano solo l’anticipazione di quanto sarebbe venuto il giorno dopo. “A Federica Salsi e Giovanni Favia – ha annunciato infatti Grillo nella tarda mattinata di mercoledì – è ritirato l’utilizzo del logo del Movimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura. Gli auguro di continuare la loro brillante attività di consiglieri”.
Mettiamo una cosa in chiaro: chi si iscrive ad un partito, lo fa per i motivi più disparati. Perché prova simpatia per il leader, perché è in linea con il programma politico promosso o quant’altro. Insomma, perché ritiene che quel dato movimento o partito possa essere la soluzione ai problemi e ai mali del Paese. Ma nel rapporto tra un iscritto e un partito può accadere una cosa: può succedere che il primo non si trovi più d’accordo con il secondo. In casi simili la soluzione, in un sistema democratico, è rappresentata dal confronto tra le due parti.
Perché democrazia è anche discussione con chi non la pensa come noi. In democrazia non ci si parla addosso, non si urla da dietro una telecamera e, soprattutto, non si caccia “fuori dalle palle” chi non la pensa come noi. Un partito può allontanare un iscritto, è vero. Ma è il modus operandi che fa la differenza. E il metodo usato per mandare via Giovanni Favia e Federica Salsi proprio non ci va a genio. Non parliamo del post pubblicato sul blog del comico genovese, quanto piuttosto del tono utilizzato.
Quindi, prima di farsi vedere dalle parti di Palazzo Madama o Montecitorio, sarebbe meglio un po’ di esercizio su come si gestisce democraticamente un movimento. Perché se questa è la democrazia che vogliono proporci, viene da chiedersi dove sia la differenza con il passato.
(Anche su T-Mag)
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