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e iniziava la giornata

Da Paride

anche nel farsi la barba sembrava guardarsi con odio, allo specchio.
E raschiava, raschiava, in modo, oltremodo, rabbioso. Dicevano che era un cane, o soltanto la sua ombra, che importa!? Infondo, non importava a nessuno, quelli come lui muoiono presto, meglio non rischiare,
meglio non investirci neanche uno zircone, tutti erano certi che, tanto, sarebbe andato perduto.
ma lui raschiava, fregandosene della pelle, fregandosene del bruciore, come a voler far uscire il dolore fuori dalla sua tana, come a sfidarlo, affrontarlo, come a sopprimerlo, e strappava ogni pelo, e affondava quella lametta logora nella carne, tenendo ben fermi gli occhi, in uno squallido buco dove la gente usa rinchiudersi e defecare, un cesso, e fissare lo specchio, e quella schiuma, mista a peli e sangue. Sapeva già che non sarebbe bastato, così come sapeva che la fuori, oltre la porta, il mondo l’avrebbe aspettato, e il mondo, a conoscerlo, finisci col volerlo evitare… così pensava lui.
sbatteva, sbatteva così forte il rasoio sul bordo del lavello che a momenti pareva si sarebbe spezzato, un martello, lo scagliava così forte che quei peli li incastrati, tra le lame, non avevano altro giogo se non cadere.
E cadevano, cadevano tutti, finivano trascinati dall’acqua verso il filtro, non ne restava su nessuno, poi li avrebbe buttati, ora li lasciava li, ad accumularsi, presto sarebbero finiti tra i rifiuti.
non importava a nessuno, e non importava neanche a lui.
avrebbe continuato a raschiare finché la faccia non ne fosse uscita pulita, avrebbe continuato proprio perché nessuno credeva che ne fosse in grado, anche al costo di scorticarsi il collo, avrebbe portato a termine il lavoro, poteva sopprimere il dolore, non la rabbia, quella se la sarebbe portata addosso, quella vecchia troia, l’avrebbe accompagnato ovunque, anche al bidone dell’immondizia


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