Nato a Firenze il 18 febbraio del 1921, aveva cominciato a correre in bicicletta nel 1936, gareggiando fra i professionisti dal 1941 al 1957.
Con Martini scompare l’ultimo grande interprete e testimone del ciclismo eroico a cavallo della Seconda Guerra Mondiale.
Nella sua carriera da ciclista ottenne dieci vittorie (fra le quali un Giro dell’Appennino e un Giro del Piemonte) e salì sul podio nel Giro d’Italia 1950 – terzo dietro a Koblet e Bartali – vincendo anche una tappa, proprio nella “sua” Firenze, e vestendo per un giorno la maglia rosa.
I più vecchi suiveurs del ciclismo lo ricordano inoltre fra i protagonisti di una delle imprese più leggendarie nella storia del ciclismo, la mitica fuga di Fausto Coppi il 10 giugno 1949 nella tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d’Italia, quando il Campionissimo scalò da solo il Colle della Maddalena, il Vars, l’Izoard, il Monginevro e il Sestriere, giungendo al traguardo con 11’52” su Gino Bartali, suo tenace antagonista di quegli anni, e 19’41” su Alfredo Martini.
Vinse un Giro d’Italia come direttore sportivo dello svedese Gösta Pettersson sull’ammiraglia del team Ferretti nel 1971.
Ma sarà ricordato sopratttutto come ct della Nazionale italiana di bici dal 1975 al 1997, che portarono i corridori azzurri a conquistare il titolo iridato con Francesco Moser (1977), Giuseppe Saronni (1982), Moreno Argentin (1986), Maurizio Fondriest (1988) e Gianni Bugno (1991 e 1992), oltre a sette medaglie d’argento e altrettante di bronzo.
Alla fine della sua carriera da ct divenne supervisore di tutte le squadre Nazionali italiane di ciclismo e Presidente Onorario della nostra Federazione Ciclistica.
Poi lo scorso mese di febbraio un malore nella propria abitazione di Sesto Fiorentino, dopo che nei mesi precedenti aveva accusato altri problemi di salute e così due interventi chirurgici, i postumi di una caduta domestica tanto che non aveva nemmeno potuto assistere, nello scorso settembre, alle gare iridate dei Mondiali su strada di Firenze 2013…e oggi purtroppo ci ha lasciati.