Nasazzi, “el Caudillo”
In Copa América sono indiscusse padrone da sette anni e si sono divise i sei titoli in palio: 1923, 1924 e 1926 Uruguay, 1925, 1927 e 1929 Argentina. Ma se varchiamo i confini sudamericani unica padrona rimane la squadra uruguayana che conta già due ori olimpici. A Parigi nel 1924 la celeste, che già annovera tra le sue fila il capitano Nasazzi, la maravilla negra Andrade e un trio di giocatori offensivi del calibro di Scarone, Cea e Petrone, passa indenne tutti i turni eliminatori, soffre solo in semifinale con l’Olanda (2-1) e poi travolge la Svizzera 3-0. I cugini argentini a Parigi non ci sono, ad Amsterdam quattro anni dopo sì. La differenza è che la vittoria uruguayana arriva con maggiore sofferenza: 3-2 in semifinale all’Italia di Pozzo, 1-1 dopo i gol di Petrone e Ferreira in finale con gli argentini e 2-1 nel replay con gol vincente di Scarone al 73′.
Poca sorpresa quindi se a giocarsi in finale la prima Coppa Jules Rimet a Montevideo il 30 luglio 1930 sono gli uruguayani, padroni di casa, e i loro eterni rivali argentini. Poca sorpresa anche perché molte nazionali europee non hanno voluto attraversare l’Oceano e il Brasile dal fútbol troppo bailado si è fatto eliminare dalla Jugoslavia, poi travolta 6-1 in semifinale dalla celeste.
La tensione è dunque tutta in coda per il rinnovarsi della sfida che ha deciso l’Olimpiade di Amsterdam. A molti argentini basta attraversare il Rio de la Plata e così allo stadio Centenario c’è più che il tutto esaurito. La tensione attanaglia i giocatori, tanto che Anselmo, che ha soffiato il posto in squadra a Petrone, non se la sente di scendere in campo. Capitan Nasazzi, non batte ciglio e affida la maglia di Anselmo a Hector Castro.
La tensione coinvolge anche la FIFA e l’arbitro belga Langenus che è alle prese con una strana gatta da pelare. La questione è semplice e fa un po’ sorridere: argentini e uruguayani vogliono giocare con due palloni diversi, cuoio più leggero versus cuoio più pesante. Evidentemente insieme con gli spettatori anche un po’ di palloni argentini hanno attraversato il Rio de la Plata.
I campioni mondiali del 1930
Lungo conciliabolo e decisione salomonica: il primo tempo si gioca con la sfera preferita dagli argentini, il secondo con quella amata dagli uruguayani. Sarà un caso, ma la partita segue lo stesso leit motiv. Dorado porta subito in vantaggio i padroni di casa, ma la prima ripresa è tutta biancoceleste: Peucelle mette in gol un traversone di Ferreira, poi El Filtrador (al secolo Guillermo Stabile) segna l’ottava rete del suo torneo e porta sul 2-1 gli ospiti. Ripresa, palla e musica cambiano. Cea pareggia su assist in rovesciata di Scarone al 57′, Iriarte manda sfera sotto l’incrocio di pali al 66′ con un tiro dai venti metri, Castro (proprio lui, l’ultimo arrivato) chiude i conti con un colpo di testa su cross di Dorado.
Al fischio finale la prima festa mondiale può partire per la gioia dei tifosi di casa. Rimane però un dubbio: cosa sarebbe successo se il primo tempo fosse stato giocato col pallone uruguayano e il secondo con quello argentino?
federico