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E' ora di fermarsi: riflettendo sull'(in)utilità del nucleare

Creato il 16 marzo 2011 da Alessandro @AleTrasforini

Il 29 marzo del 1986 il giornale The Economist affermava quanto segue rispetto al nucleare: "Una centrale nucleare è sicura come una fabbrica di cioccolata."
Con il senno di poi, quasi 26 anni dopo, il mondo sta rivivendo un incubo nel quale si è gettato per volontà di potenti che non hanno in alcun modo voluto guardare al lungo termine ed alle future generazioni. In tutta Europa, dopo la tragedia che si sta consumando in Giappone, i Governi stanno mettendo in discussione le loro scelte relativamente alle politiche energetiche.
Accorgendosi di non poter più cedere a facilitarismi di sorta su un caso tragicamente importante come questo, hanno programmato progressivi stop alle centrali nucleari tecnologicamente più obsolete ed aggiornamenti relativi ai criteri di sicurezza su cui impostare l'affidabilità delle centrali già in funzione: "Si tratta di rivalutare i rischi, in particolare quelli di tsunami, attacchi terroristici, terremoti e black out."
E' questa l'opinione del Commissario UE Gunther Oettinger, al termine della riunione d'emergenza convocata a Bruxelles.
Lo stesso ha definito la situazione giapponese come "un'apocalisse, un contesto nel quale praticamente tutto è fuori controllo." Il contesto presuppone, per l'umanità intera, un fortissimo punto di svolta.
In un momento nel quale contesto sociale e necessità scientifico-fisiche DEVONO intrecciarsi, è fondamentale perseguire quella strada che rende possibile ottenere energia potendo minimizzare, al contempo, i rischi per la salute dell'intero ecosistema e dell'essere umano stesso.
Pareri simili sono emersi dalle decisioni politiche immediate della stessa Cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo la quale "il disastro giapponese è uno spartiacque nella storia della tecnologia mondiale."
In condizioni così estreme, si potrebbe scrivere che per il Giappone e per il mondo intero il peggio debba ancora venire. Pochissimi pensano a quei cinquanta tecnici che, proprio in questi momenti, stanno facendo l'impossibile per scongiurare il realizzarsi dell'apocalisse preventivata dal Commissario UE stesso: turnandosi dentro gli uffici di controllo in condizioni proibitive, stanno compiendo fatiche inimmaginabili per far raffreddare quelle maledette barre di uranio senza compromettere la solidità dei noccioli protettivi.
In Italia, invece, stiamo a discutere sulla necessità di non farci prendere dall'emotività. Come è possibile non farsi prendere dall'emotività in momenti come questi, quando il futuro sociale ed energetico del mondo intero è impietosamente deformato verso un rischio terribile di implosione?
Servirebbero rispolverare pratiche parole del grandissimo scrittore italiano Manzoni, per tematiche fragili come queste:
"Il buon senso c'era, ma stava nascosto per paura del senso comune."
Il buon senso, su situazioni come queste, dovrebbe indirizzare l'uomo verso quelle soluzioni di pace e decrescita che potrebbero caratterizzarne una nuova fase di equilibrio ambientale e sociale?
In una Terra dove sprechi e squilibri energetici sono aumentati a dismisura, la Natura sta pensando a far accadere quelle eventualità che non erano state pensate per progettare il nostro sviluppo sostenibile.
La politica, da ogni parte, è solita cavalcare e strumentalizzare con estrema facilità l'incertezza e la paura che si generano (giustamente ed inevitabilmente, nds) in situazioni come queste.
Sulle scale di rischio si balla tra indici di pericolosità prossime a 5/6 punti su 7, delineando quindi concrete probabilità di collasso.
Sono stati posti sotto scacco i sistemi di controllo e contenimento della General Electric, diffusi in altre 32 reattori in tutto il mondo. I rischi vanno spargendosi senza controllo, tra una popolazione già provata da un terremoto senza precedenti.
Se poi si volesse essere precisi, si potrebbe chiedere cosa ne sarà del futuro anche economico del Giappone, provato da un debito pubblico immenso.
Essendo crollate le borse con indici giapponesi, le autorità governative stanno predisponendo acquisti a pioggia, tramite immense immissioni di liquidità. Potrebbero esserci pericoli di nuovi tracolli per l'economia mondiale, qualora la situazione dovesse aggravarsi maggiormente?
Domande come queste, seppur poste da ignoranti, mettono in relazione quelle strettissime relazioni che si sono create in questi anni tra le più disparate branche di scienza e conoscenza umane: relazioni che sono, inevitabilmente ed evidentemente, sfuggite al controllo dell'umanità intera.
Il grande fisico Ludwig Boltzmann seppe sintetizzare appieno la fibra minima di queste infinite questioni:
"La lotta per l'esistenza è la lotta per avere energia."
E' possibile lottare per un'esistenza tranquilla e, quindi, per un'energia senza rischi per l'umanità intera?
Può essere possibile riemergere senza conseguenze dalla polveriera nella quale ci siamo calati con più di un fiammifero acceso? E' eloquente l'opinione di Gianni Silvestrini, in un'intervista al numero odierno de L'Unità.
Se ne riporta di seguito qualche stralcio significativo:
"[...]D: Il governo ha deciso un taglio netto alle rinnovabili. Eppure il settore sembrava aver messo radici?
R: Questo tipo di energie hanno subito un'accellerazione piuttosto forte negli ultimi due anni. Si è arrivati a coprire il 22,1% dei consumi elettrici complessivi italiani. [...]
D:Può (il fotovoltaico) rappresentare un'alternativa alle fonti fossili e al nucleare?
R: Sul lungo periodo direi proprio di si. Diversi studi elaborati da industrie ed Università dimostrano come entro il 2050 si potrebbe coprire l'intero fabbisogno di energia.
D: il 100% dell'intera domanda di energia del pianeta?
R: Il 100% dell'intera domanda. L'ultimo rapporto redatto dalla Commissione ambientale tedesca, uscito un paio di settimane fa, ci dice che è tecnicamente fattibile. [...]
D: A livello di rinnovabili l'Italia come è messa?
R: L'Italia è il fanalino di coda in Europa. Dall'eolico produciamo circa 5mila megawatt, mentre dal fotovoltaico circa 6. Ma non è un problema di quantità. Il fatto è che l'Italia manca nella produzione di tecnologie. La nostra industria sulle rinnovabili è carente. In Germania occupa 350mila addetti, in Italia solo fra 50 e 70mila.
D:Intanto si vira sul nucelare...
R: Un binario morto. Lo si farà solo a fronte di forti incentivi. Pagati in bolletta."
Per chi non lo sapesse, Gianni Silvestrini è direttore scientifico del Kyoto Club, associazione di oltre 90 imprese, amministrazioni locali, categorie ed enti impegnati nel Protocollo internazionale per la riduzione dei gas serra. E' inoltre Coordinatore al Politecnico di Milano del Master in Energie Rinnovabili, decentramento, Efficienza energetica.
Il nucleare come binario morto, dunque? Dalle cronache si scopre che, sicuramente è in fase terminale.
Occorre ripensare al futuro energetico e vitale del Pianeta Terra, per evitare che possa morire anche l'ambiente stesso.
Citando il rapper Tupac Shakur, anche in musica si respirano temi come questi:
"[...]Dobbiamo fare un cambiamento…/E’ ora che noi, come popolo, cominciamo a fare dei cambiamenti/Cambiamo il modo di mangiare, cambiamo il modo di vivere/E cambiamo il modo in cui ci trattiamo l’un l’altro.[...]"
(Trad. da "Changes")
Cambiare, prima che sia troppo tardi.
E' ORA DI FERMARSI: RIFLETTENDO SULL'(IN)UTILITA' DEL NUCLEARE


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COMMENTI (1)

Da ObservinGthenet
Inviato il 17 marzo a 12:09
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Ciao, complimenti una visione molto lucida della situazione, disarmante nella sua chiarezza ed anche nella semplicta delle possibili soluzioni. Penso che siamo veramente ad un punto di svolta e quindi è vero we need change starting from ourself.