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E ora qualcosa di completamente diverso

Da Miwako
Non ho mai creduto molto ai buoni propositi di inizio anno. Un po' perché l'inizio dell'anno, in questo senso, mi fa l'effetto di un lunedì atomico, elevato all'ennesima potenza; un po' perché io faccio propositi che non mantengo circa 361 giorni l'anno. I 4 rimamenti, per la cronaca, sono quelli in cui, nell'ordine: 1) riesco ad evitare il cibo-spazzatura2) faccio un paio di addominali3) rimedio alla mia ignoranza guardando filmati dell'istituto luce che raggiungono uno share del 2% (quei due siamo io e mio padre. Mio padre -forte della sua onniscienza- dorme sulla poltrona.)
4)  mi decido a buttare un po' di ciarpame inutile
4bis) pulisco casa. Questo vale solo per gli anni bisestili ovviamente.
Perciò, per quest'anno, voglio provare qualcosa di nuovo, la lista dei cattivi propositi. Capisco che potrei essere criticata, infangata, lapidata per ciò che sto per scrivere, ma se è vero che ci sono cose che vorremmo fare ma non facciamo mai, è pur vero che ce ne sono altre che facciamo senza sapere il perché, magari dannose, ma che fanno stare bene; altre che vorremmo fare ma non facciamo non per pigrizia ma perché "non si fa".E allora, questo vuole essere un inno a tutte quelle cose che piacciono, che ci danno, quotidianamente, qualcosa di inconfindibile, anche se a volte fanno più male che bene, anche se spesso non sono cose di cui vantarsi.
* Sigaretta mon amour. Non poteva che essere questa la prima voce della mia lista. Dopo quella con i fagiolini, la mia seconda relazione più duratura. Poligama, pure. Proprio non posso farci niente: l'appagamento, il sapore, il piacere di accenderla subito dopo il caffè, io adoro, come potrei farne a meno? Non è che non saprei, è che non mi va. Quindi, si, continuare a fumare è uno dei miei cattivi propositi.* Coffee fields for ever. In quantità industriali, ovviamente. Tiene svegli, accelera il metabolismo, ha un profumo paradisiaco ed è nero. Non so se sia possibile anche solo pensare di desiderare qualcosa in più da una bevanda. Il caffè riassume un sacco di cose per me. Caldo, rassicurante, energico, vitale, indispensabile. Anche qui, non che non saprei farne a meno, è che non mi va.* Eat, pray, love: mangiare schifezze e cucinare dolci ipercalorici. Finchè colesterolo non ci separi. Arriverà un giorno in cui il mio corpo non brucerà più come quello di un bambino di sei anni che fa judo, nuoto, calcetto e basket. Quel giorno sarà lutto cittadino per il palato, festa nazionale per le mie arterie. Ma fino ad allora, fino a che il mio fisico non dirà basta, non sarà certo la mia bocca a farlo. Oggi, ad esempio, ho mangiato una semolina al cioccolato bianco (che assomiglia molto a questa, solamente bianca e versione mignon), e mentre la addentavo pensavo "Potrei morire. Dio, se ci sei, quasi quasi, prendimi adesso. Ne alterno una nera e una bianca fino a che non muoio, nell'estasi assoluta di questi morsi di paradiso". E scusate se è poco. Mica capita così spesso di pensare una cosa del genere, di sentirsi in questo modo. Ho molto rispetto degli spinaci al vapore, mi piacciono e li cucino spesso, ma non mi sono mai ritrovata a paragonarli ad un orgasmo culinario. I fagiolini si, ma quelli sono l'eccezione che conferma la regola.* Maleducazione a colazione: pillole di cattiveria quotidiana. Mi ritengo una persona educata, al limite della coglionaggine a volte. E mi sono rotta il cazzo (inizio da subito). Basta. La prossima vecchietta che salta la fila alla Coop facendo leva sulla sua veneranda età come scusante per la simulata disattenzione, giuro che le faccio un cazziatone inaudito. Anzi faccio leva anch'io su qualcosa. Pensavo al suo femore però. Col piede, fino a che non le stappo un braccio. Stessa cosa per il ClienteAffezionato che non saluta e non proferisce alcuna parola, il tutto guardandomi con aria di sufficienza. Quando lo rivedo provo a fare come fa lui e, appena mi chiede qualcosa, tipo il prezzo, una busta, lo infamo come se non ci fosse un domani. Legge del taglione. E' la maleducazione che volete? E sia! Sono cresciuta con un fratello di sei anni più grande di me, ho vissuto per due anni con tre uomini, ho bazzicato i peggiori bar di Caracas. E' solo che sono una signora, ma in soffitta ho un armamentario di offese che voi umani non potete nemmeno immaginare.Ma non esageriamo, che se mi lascio prendere la mano, il camionista che è in me inizierà a proporre "serata birra e gara di rutti" al posto di "serata sushi e cinema giapponese". Intendo solo smettere di tacere. Non comincerò certo a 27 anni ad essere maleducata, ma per lo meno, voglio iniziare a dare pan per focaccia ai (pur-troppo) numerosi maleducati, saccenti e villani.* Disordine, sempre e comunque. So che ognuno di voi, o quasi, starà pensando "Anch'io sono sempre stat* disordinat*" ma posso dire con certezza, pur senza aver visto nessuna delle vostre case che sono praticamente imbattibile. E non lo dico con presunzione, ma con lucida obiettività. Fidatevi di me, in mia presenza il concetto di disordine diventa riduttivo. Io sono un caso ai limiti della decenza umana. E so che non è nè motivo di vanto nè cosa da preservare, ma io non potrei vivere altrimenti. Il disordine mi fa stare bene. Libri, tazze, strumenti, sciarpe, scarpe, cianfrusaglie. Tutto insieme appassionatamente. Bello, genuino, accogliente, stimolante. E mentirei se dicessi che vorrei essere ordinata. La verità è che non me ne frega una beata cippa di essere ordinata,amo il mio caos; aggiungo pure che il mio essere incasinata e casinista non mi sembra un difetto così grande. A dir la verità, non mi sembra affatto un difetto. Pausa. Apro la finestra, che il mio ego ha bisogno di una ridimensionata, al momento.* Fare testamento. Possibilmente senza gufarmi una morte violenta. Ci penso spesso. Un giorno, un giorno che potrebbe essere pure domani, morirò. E mannaggia a me se non avrò lasciato qualche migliaia di pagine sporche di parole per chi amo. Sarebbe più un testamento emotivo il mio, in realtà. Anche perché, fatta eccezione per le borse, i libri, le tazze e qualche disegno, non c'è proprio niente che potrei lasciare in eredità. Però vorrei scrivere a tutti. Avrei un sacco di cose da dire se sapessi di morire. Quasi tutte piacevoli. Alla mia famiglia, ai miei amici, ai miei ex. E non così, a caso, solo per pretese egocentriche da futura defunta, ma perché ci sono cose che non ho mai detto, che tengo lì, in attesa di una parentesi difficile da creare in cui poter dire quella parola in più, quella che ti verrebbe da dire ad una determinata persona ma non dici mai. A volte perché non te lo puoi permettere, a volte perché l'interlocutore non ci sente tanto bene quando si tratta di sentimenti e proprio non ce la fa a parlarne, altre volte perché il rapporto si è complicato, altre ancora perché, magari, la persona in questione si trova lontana dal tuo quotidiano. Fatto sta che se domani morissi senza aver detto ciò che vorrei me ne pentirei per tutta la morte. E poi, c'è da dire che, da morta, sarei autorizzata a dire ogni cosa. E per me, per una come me, questo è un invito a nozze. O a morte. Questo proposito sta prendendo una strana piega. Rigidina direi. Sarà mica rigor mortis? Wahahahahaaa! Ok, non fa ridere, la smetto.* Mettere l'idratante solo quando muore un papa o si sposa la CugginaDiTerzoGradoVistaTreVolte. Sono pigra. E sono alta. Queste due cose messe insieme, possono dare adito a situazioni problematiche. Io non so se tra di voi c'è qualcuno che possa capire, ma avere un metro e venti solo di gambe, non è tutto 'sto gran vantaggio che si può immaginare. Tempo stimato per la depilazione, ore una e trentasei minuti. A gamba, ovviamente. Quantità di crema idratante necessaria, millilitri 700. Lunghezza pantaloni (che non porto da tre anni, ma sfido io) necessaria taglia 56, larghezza sufficiente taglia 42. Questo per darvi un'idea dello sbattimento. Ho calcolato che, se mettessi l'idratante ogni giorno, passerei 1/14 della mia vita ad incremarmi. Ma stiamo scherzando?Ora, ho detto una bugia colossale, non è assolutamente vero che ho fatto i conti (vabbè che ci si può aspettare un po' tutto da me, ma contare quante ore di vita spenderei, in percentuale, se usassi l'idratante quotidianamente è davvero troppo perfino per una come me), ma diciamo che, approssimativamente, una fettina non trascurabiledi vita se ne andrebbe solo per idratare la pelle. Mi rifiuto. Primo perché non me ne frega così tanto, secondo perché sono pigra e, dopo la doccia ,le possibilità che io usi quei dieci minuti per mettere l'idratante piuttosto che per fumarmi la trentaseiesima sigaretta sono 0,01 a 215. Se non bastasse, sappiate che tutto questo mi consente di provare un piacere inenarrabile le poche volte che decido di farlo. Un po' come la fetta di torta quando sei a dieta, ecco.* Disprezzarmi un po' . Sia chiaro, io mi voglio bene. Tanto. Ci tengo proprio alla mia pellaccia (anche se non uso l'idratante). Però, ho notato che nei periodi in cui sono tutta "peace and love", "dancing with myslef", "volemose bene, così tanto che mi abbraccio da sola", rifletto poco. Si. La triste verità, è che quando si è felici e soddisfatti si pensa meno, si riflette meno, ci si fanno meno domande. Quando, invece, vado di autocritica (cosa che non mi riesce particolarmente difficile), quando sono insoddisfatta, quando sento di non aver fatto abbastanza, le domande non smettono di piovermi addosso nemmeno mentre dormo, con la testa ficcata sotto le coperte. Ammetto che la cosa non è sempre e necessariamente positiva, soprattutto nell'immediato; ma di contro, posso dire che l'insoddisfazione, se sfruttata come si deve, è come una sorella impicciona ma onesta: dice quello che pensa anche se non interpellata e ti spinge a dare il meglio. Scomoda ma utile. Per questo, certo che è fondamentale amarsi e accettarsi, ma senza trovare in questo una scusante assoluta per i nostri errori, per i nostri difetti. Accettazione, si, ma tenendo a mente che esiste sempre un margine di miglioramento.
Basta.Mi devo autocensurare. Sempre breve io. Sia mai che scriva un post con meno di 1600 battute.Buon Anno. E buoni cattivi propositi.


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