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È possibile un PdL? (Partito dei Lavoratori, ça va sans dire)

Creato il 30 ottobre 2014 da Redatagli
È possibile un PdL? (Partito dei Lavoratori, ça va sans dire)

La graziosa signora che vedete in foto è Alessandra Ghisleri, già sondaggista di fiducia di Berlusconi e ora sondaggista per il Ballarò di Giannini: è una che di solito ci azzecca.
Secondo la Ghisleri, un nuovo partito di sinistra ha sicuramente un 5% di elettorato e un 18% di elettorato potenziale: questo vuol dire che convincendo un indeciso su due si arriva al 14%, se invece convince l'80% degli indecisi raggiunge il 20% nazionale.
Non solo: questo 20% si andrebbe a sottrarre al 40% del Partito Democratico, mai così vincente e mai così dilaniato. In altre parole, l'eventualità di una scissione a sinistra vorrebbe dire perdere almeno metà del proprio elettorato: non proprio bazzeccole.
Renzi è un chip leader spregiudicato, e questo lo abbiamo sempre saputo. Ma andare a vedere il suo bluff potrebbe essere devastante per tutti: per Renzi, per la minoranza, per il Paese.

È da questo sondaggio che parte qualunque analisi sul delicato momento politico italiano, sempre tenendo presente che la proprietà transitiva esiste (le chiacchiere stanno a zero e i sondaggi sono chiacchiere): il problema infatti non è tanto quanto sia il potenziale, ma quanto sarà poi il reale.
Già in passato vi sono state delle scissioni nei DS (la corrente di Salvi e di Mussi, Sinistra Democratica, tanto per dirne una): anche costoro sbraitavano contro una deriva a destra del partito, e pure a loro era accreditato un elettorato potenziale del 5%. Che fine hanno fatto? Implosi dopo un anno.

Ma è anche vero che le forze in gioco ora sono diverse: più grande il bacino di partenza, più forte la spinta del sindacato (non tanto la Camusso, quanto Landini), più largo il bacino di dissenso all'interno del Partito Democratico.
Tutto dunque si gioca su quel 18% di potenziali indecisi: chi sono? Cosa sono? Come convincerli? Acchiapparne uno su due darebbe un risultato clamoroso, ma cosa succede se invece si arriva al massimo a uno su tre? La matematica è impietosa: 11%.
Più di SEL adesso, va bene, ma per fare cosa?
Inoltre: a chi si rivolge questo PdL (ops)? Fascia bassa della popolazione? Quella vota Grillo o Salvini. Colletti bianchi? Difficile, rimarrebbero con Renzi. Nostalgici? Allora l'11% diventa improvvisamente un obiettivo ambizioso.

È possibile un PdL? (Partito dei Lavoratori, ça va sans dire)
E chi guiderebbe il carrozzone? È stato chiarissimo Massimo Cacciari, in una recente intervista su Repubblica: Renzi, a questo punto, si augura persino la scissione, perché - sinceramente - la vecchia sinistra rappresentata dalla Camusso o da Bersani o da Cuperlo o anche da Vendola non va da nessuna parte. Non sono vendibili, e la politica ormai è un prodotto che va venduto.
In questo momento non c'è venditore migliore di Renzi. E se la sinistra può raggiungere il 10% lo può fare solo se trainata da Civati e soprattutto da Maurizio Landini.

Anche qui i problemi non sarebbero pochi: Landini non è il solito radicalchic di sinistra, e per molti Civati incarna una sinistra non comunista molto moderna.
Allo stesso tempo, la leadership di Civati genera più di un interrogativo: è molto forte su twitter, ma poco pesante dal punto di vista del conteggio dei voti. Su Landini invece tutti concordano: è in grado di radunare delle forze.
Il problema è di opportunità: quando mai ha funzionato una diarchia? Mai, soprattutto a sinistra: Bertinotti vs Diliberto, Mussi vs D'Alema, fino al roboante "Che fai, mi cacci?" di Fini vs Berlusconi.

Il fattore-K si chiama, tanto per cambiare, Massimo D'Alema: se - pur stando dietro le quinte - D'Alema e il suo mondo si spostano verso tutta la CGIL, il bacino di riferimento è assolutamente notevole. Senza contare i danni che D'Alema stesso potrebbe arrecare nel momento in cui la guerra col PD diventasse aperta.

(SEGUE DOMANI)

Redazione Tagli
@twitTagli


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