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E qui ci salutiamo: il finale di Private Practice

Creato il 05 giugno 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Sara Guglielminetti E qui ci salutiamo: il finale di Private Practice Dopo sei serie e 111 episodi, anche per Private Practice, lo spin-off di Grey’s Anatomy, è arrivato il momento dell’addio – l’ultimo episodio è andato in onda in Italia in prima tv il 30 aprile su Fox Life. Noi di Diario abbiamo aspettato qualche giorno prima di commentare il finale della serie, per cercare di essere più distaccati e magari meno cattivi, ma il risultato non cambia. Questo finale a “tarallucci e vino” è una delusione sotto tutti i punti di vista!

Nato dalla mente di Shonda Rhimes, già creatrice di Grey’s Anatomy, Private Practice si è presentato come un medical drama leggermente diverso dai suoi predecessori perché ambientato in una clinica privata, la Oceanside Wellness Group – da lì il titolo della serie, “libera professione” come spiegherà la Dott.ssa Violet Turner negli ultimi secondi del finale. Le visite “su appuntamento”, il minor numero di operazioni, effettuate all’ospedale St. Ambrose, e la composizione dello staff medico (fra gli altri, due psichiatri, un pediatra e un naturopata) hanno dato alla serie un ritmo più blando con meno azione e meno “sangue” rispetto a Grey’s Anatomy e a E.R. - Medici in prima linea. Ma i pazienti, e la medicina in generale, sono sempre stati in secondo piano rispetto alle vite private dei medici, vero fulcro della serie: fra storie d’amore sempre più improbabili, scambi di partner e tragedie continue, Private Practice si è progressivamente trasformato in una soap opera!

La necessità degli sceneggiatori di chiudere tutte le storyline dei protagonisti nei soli 13 episodi a disposizione ha portato a un’ultima stagione discontinua e poco omogenea che di “medical” ha ben poco, con puntate dedicate ai singoli protagonisti a discapito della coralità, il vero punto di forza della serie. Dopo una serie infinita di sfighe cosmiche (morti improvvise, incidenti, stupri, aggressioni, rapimenti, alcolismo, tossicodipendenza), nell’episodio finale tutti i personaggi hanno raggiunto un’inattesa stabilità e serenità con un happy ending poco logico e molto forzato. E qui ci salutiamo: il finale di Private PracticePartiamo dalla protagonista, la Dott.ssa Addison Montgomery. Perché ricordiamolo almeno noi, visto che gli sceneggiatori nel finale sembrano averlo dimenticato, Private Practice nasce con il trasferimento di Addison da Seattle a Los Angeles – da Grey’s Anatomy a Private Practice – “serialmente” parlando. Bellissima, determinata nel lavoro ma fragile nella vita privata, Addison riesce finalmente a coronare il sogno di diventare madre, adottando in via definitiva il piccolo Henry e a sposare il Dott. Jake Reilly, l’esperto di fertilità a cui si era rivolta per avere un bambino, senza riuscirci, nonché uomo quasi perfetto e, di conseguenza, terribilmente noioso. Chi si aspettava un finale dedicato al tanto sospirato matrimonio resterà deluso: la cerimonia viene liquidata in pochi minuti, per dedicarsi poi al ritorno di Naomi Bennet, migliore amica di Addison dai tempi del college uscita di scena ben due stagioni fa. Con la scelta poco coerente di mettere in secondo piano Addison per dare maggiore spazio a Naomi, gli sceneggiatori provano a giocare la carta del finale a sorpresa, ottenendo però dei pessimi risultati. Tornata a Los Angeles per fare da damigella d’onore a Addison, Naomi incontra al ricevimento l’ex marito Sam, che, per inciso, è anche l’ex fidanzato di Addison e attuale fidanzato dell’infermiera Stephanie, e fra i due scoppia di nuovo la passione. Ecco l’idea “geniale” degli sceneggiatori: Naomi scopre di essere incinta (di nuovo, i due hanno già una figlia avuta dal primo matrimonio), lei e Sam si risposano e “vissero tutti felici e contenti”. E qui parte l’inevitabile commento Ma che cavolo – traduzione soft del più esplicito What the f...k. E qui ci salutiamo: il finale di Private Practice In una serie dove il tema principale è sempre stata la maternità – Addison è chirurgo neonatale, ginecologa e ostetricia, mentre Naomi e Jake sono entrambi esperti di fertilità –, e dopo tre gravidanze inaspettate – prima Violet, con il dubbio della paternità fra Pete Wilder e Sheldon Wallace e con il parto più splatter della storia; poi Maya, la figlia quindicenne di Naomi e Sam; e infine Amanda, costretta ad affrontare la morte del padre del bambino per overdose, la riabilitazione e la nascita di un bambino anencefalico, un’ALTRA gravidanza come colpo di scena finale è il segno che la chiusura del medical drama era doverosa per mancanza totale di idee. Oltre ad aver creato un episodio piatto, noioso e privo di emozioni, gli sceneggiatori sono anche riusciti a indispettire buona parte dei fan, ideando un finale incoerente con i personaggi e con le ultime stagioni, con il triangolo Naomi/Sam/Addison – diventato poi un “quadrato” con l’arrivo di Jake – che si conclude in un doppio matrimonio poco plausibile. Già nel primo episodio, Naomi e Sam, freschi di divorzio, cercano di ricostruirsi una vita sentimentale, pur continuando a lavorare fianco a fianco fra continui litigi e riappacificazioni momentanee, fino ad arrivare a storie importanti come quella fra Sam e Addison – che scatena la gelosia di Naomi – e quella fra Naomi e Gabriel Fife, medico disabile che collabora con la clinica. Dopo la partenza di Naomi, nessun segnale lasciava presagire una riconciliazione finale, addirittura con un Sam entusiasta per la gravidanza a sorpresa dell’ex moglie. Ecco, il plot hole più improbabile è proprio questo. Stiamo parlando dello stesso Sam che ha lasciato Addison perché non si sentiva pronto ad affrontare né una gravidanza né un’adozione? Lo stesso Sam che, nonostante i suoi dubbi, ci ripensa e chiede ad Addison di sposarlo e formare con lui una famiglia insieme al piccolo Henry per la paura di perdere la donna che ama – beccandosi comunque un No come risposta per essere arrivato “fuori tempo massimo”? Sì, sempre lui, lo stesso che però alla notizia della gravidanza di Naomi, ex moglie che non vede da mesi e con cui non ha più avuto contatti se non il fugace incontro al ricevimento di nozze di Addison e Jake, va in brodo di giuggiole e decide di risposarla. Ora, sorvolando sull’antipatia contro Naomi e la predilezione per la coppia Addison/Sam della sottoscritta, questo doppio matrimonio finale va comunque contro ogni logica, prediligendo l’happy ending forzato. Le svolte poco felici nella sceneggiatura non si limitano a questo quadrato, ma riguardano anche altri personaggi cardine della serie. Il Dr. Pete Wilder, ex di Addison e marito della Dott.ssa Violet Turner, viene “eliminato” già nel primo episodio con una morte fuori scena, un infarto durante la corsa mattutina, senza neanche apparire nell’ultima stagione – pare per tagli al budget della serie. Questa scelta si ripercuote negativamente anche sul personaggio di Violet che viene relegata quasi al ruolo di comparsa. Rimasta vedova e con un figlio piccolo da crescere, Lucas, la psichiatra cerca di affrontare il lutto buttandosi a capofitto nel lavoro e frequentando un corso per l’elaborazione del lutto e nel finale della serie, mostra ai colleghi della clinica il suo nuovo libro intitolato proprio Private Practice, libera professione, che parla della clinica e del loro lavoro. A differenza degli altri personaggi, però, Violet viene lasciata in disparte e al di là della partecipazione ai casi della clinica e dei rapporti fra colleghi, il suo personaggio non ha nessuno sviluppo extra lavorativo. Anche Amanda Sheperd, sorella minore del Dr. Stranamore, ex marito di Addison, diventa meno centrale nella stagione finale dopo una quinta stagione imperniata sulla sua tossicodipendenza e sulla sua difficile gravidanza. Il suo personaggio riesce ad avere comunque una svolta positiva grazie alla storia d’amore con il Dr. James Peterson, neo assunto al St. Ambrose: la relazione sembra guarire le ferite di Amanda che continua con successo il suo percorso da ex tossicodipendente e alcolista e arriva ad ammettere di volere dei figli da James in futuro, dopo il trauma della nascita del figlio anencefalico. E qui ci salutiamo: il finale di Private Practice Il Dr. Sheldon Wallace è invece uno dei personaggi di spicco dell’ultima stagione, protagonista di una doppia storyline che si chiude con un finale dolceamaro. Dopo aver scoperto di avere il cancro alla prostata, lo psichiatra viene lasciato dalla sua ex moglie che non vuole affrontare la sua malattia. Durante le sedute di chemioterapia, però, Sheldon si innamora di Miranda, malata terminale che ricambia il suo sentimento ma non vuole essere un peso. Nel finale, Sheldon decide di seguire il suo cuore e lascia il suo lavoro allo studio per poter trascorrere tutto il tempo che le resta insieme a Miranda. L’altra storyline, il rapimento della piccola Sarah, è l’unica storia “medica” che attraversa tutta la stagione: portata dai genitori neodivorziati, già pazienti di Violet, al St. Ambrose, la bambina scompare dopo l’ennesimo litigio dei genitori e quella che sembra inizialmente una fuga si trasforma ben presto in un probabile rapimento. Sheldon sospetta subito di un suo paziente pedofilo, Nick, che si trova al St. Ambrose, ma è costretto a scusarsi quando trova Nick da solo in camera senza la bambina, perdendo la fiducia del suo paziente. Dopo numerose settimane di ricerche purtroppo inutili, Nick si ripresenta a sorpresa da Sheldon per una seduta raccontandogli di essere innamorato ma lo psichiatra intuisce che dietro al rapimento di Sarah c’è proprio Nick. Sheldon riesce a condurre la polizia a casa di Nick, dove viene ritrovata la bambina ancora viva. Esaltato come un eroe per aver salvato la bambina, Sheldon deve convivere con il senso di colpa per non aver seguito da subito la sua intuizione, evitando alla bambina l’orrore che ha subito – la domanda se la bambina abbia subito abusi resta in sospeso. E qui ci salutiamo: il finale di Private Practice Il vero fulcro della stagione finale è la gravidanza trigemellare della Dott.ssa Charlotte King, il personaggio meglio caratterizzato dell’intera stagione. Dopo una reazione iniziale à la Charlotte – cioè spera di abortire –, la King cede all’entusiasmo del marito, il Dr. Cooper Freedman, e di Mason, il figlio di 8 anni avuto da Cooper da un’avventura di una notte, e affronta con amore la difficile gravidanza che porta alla nascita di tre bambine. Con l’acquisto di una casa per la famiglia “allargatissima”, la strana coppia King – Cooper resta la coppia più vera e credibile della serie con un happy ending meritatissimo. Fortunatamente, la trasformazione da “arpia” a mamma amorevole, già iniziata con l’arrivo di Mason, non stravolge il caratteraccio di Charlotte: Charlotte era e resta la solita stronza! L’intera sesta stagione di Private Practice ha sicuramente più difetti che pregi, con un finale frettoloso, banale e poco logico, che non ci fa rimpiangere la chiusura del medical drama. Gli orfani di Addison Montgomery, però, possono sempre sperare in un suo eventuale ritorno come guest star in qualche episodio della prossima stagione di Grey’s Anatomy: chissà se Shonda Rhimes è della stessa idea…

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