E se tornassimo alla vecchia, cara Lira?
Creato il 27 aprile 2013 da Astorbresciani
La nostalgia è tanta. La terribile crisi economica che attanaglia il nostro Paese la rende più struggente di giorno in giorno. Ammettiamolo: l'entusiasmo per l’euro è scemato da tempo, abbiamo come l’impressione che la moneta unica europea sia stata una solenne fregatura. Per l’Italia, appartenere all’Eurozona si è, infatti, rivelata una iattura. E non ci vengano a parlare di stabilità. Eravamo più stabili quando stavamo in piedi con la stampella e l’incubo della svalutazione non ci faceva dormire di notte. Adesso stiamo peggio; siamo genuflessi, con le ginocchia appoggiate sui vetri rotti. Cominciamo a rimpiangere la vecchia, cara lira, che era fragile come un vaso di coccio in mezzo a quelli di ferro (il marco tedesco, il franco francese, il dollaro, ecc) ma ci garantiva un diritto cui abbiamo rinunciato sciaguratamente. Parlo della sovranità monetaria, e per estensione della sovranità nazionale. Parlo di una rinuncia che è la vera e profonda causa della nostra crisi infinita. Avendo scelto di entrare a far parte del club dell’euro (scelta che non ha fatto la Gran Bretagna) abbiamo perso la facoltà di “battere moneta”. Lo Stato italiano (come gli altri stati dell’Eurozona) ha concesso in esclusiva questa facoltà alla BCE. La Banca Centrale Europea, unica banca centrale al mondo, è diventata “domina”, cioè sovrana, avendo acquisito il diritto di emettere moneta e prestarla agli investitori internazionali come le banche private da cui lo Stato italiano, castratosi da solo per masochismo, prende i soldi in prestito pagando un tasso d’interesse del 6% circa. Le conseguenze sono note. Primo, la BCE è la vera padrona dell’Europa e agisce come uno strozzino. Secondo, il debito pubblico italiano continua a crescere perché i soldi che lo Stato “avanza” dopo avere pagato i servizi pubblici, i partiti e gli annessi e connessi del mostro onnivoro, servono per pagare gli interessi bancari. Cosa che non avveniva, ovviamente, quando eravamo noi a emettere la moneta e non si parlava di spread. È un circolo vizioso, simile a quello di tante aziende private che hanno chiesto un prestito in banca. Il risultato è che molti imprenditori lavorano solo per pagare gli interessi bancari. In un sistema creditizio divenuto perverso, le banche sono le uniche che ci guadagnano, salvo poi dilapidare il denaro per manifesta coglionaggine e avidità. Non c’è via di uscita nemmeno per lo Stato e i suoi apparati. Il governo può tagliare i costi, continuare ad applicare una sgradevole politica di austerità e in caso di follia aumentare ulteriormente i balzelli. Anche in questo caso il risultato non cambierà, diventeremo sempre più poveri e impediti a causa della BCE, dell'immorale gruppo Bilderberg e dell’euro. Sconteremo in eterno il fio dell’improvvida rinuncia alla sovranità monetaria. E se ci riappropriassimo di questa sovranità? Se tornassimo alla vecchia, cara liretta? Intanto, chiediamoci se potremmo farlo e a quale prezzo. Per quanto io non sia un economista e le mie parole potrebbero apparire ridicole agli esperti finanziari, credo che lo Stato italiano abbia le capacità tecniche e politiche per farlo. In sostanza, se volessimo tornare liberi, com’eravamo fino al 31/12/2001, non subire più le assurde influenze estere (Angela Merkel in pole position) e sgravarci progressivamente di ogni debito internazionale, saremmo in grado di arginare la nostra decadenza senza incorrere in un fallimento. Abbiamo esempi cui guardare. Quando l’Argentina, che era “fallita”, si è affrancata dal dollaro americano, ha cominciato a riprendersi e a crescere. Altro esempio: il Giappone ha il debito pubblico più alto del mondo, il doppio del nostro. Ma se ne frega dei creditori e grazie allo yen la sua produzione non ne risente. Conservare la sovranità monetaria ha limitato i danni della crisi mondiale anche alla Gran Bretagna, che non ha rinunciato alla sterlina per orgoglio nazionale e quindi alla propria sovranità. Cosa accadrebbe dunque se il nostro governo decidesse infine di traumatizzare la Merkel e gli altri mefistofelici burocrati di Bruxelles annunciando il ritorno alla lira? Intanto, se ciò accadesse non saremmo noi l’inizio della fine. Avrebbero già provveduto al passo indietro e quindi a incrinare il sistema le nazioni che stanno peggio di noi, cioè la Grecia, l’Irlanda e la Spagna. In ogni caso, è certo che il ritorno alla lira comporterebbe sia effetti negativi sia positivi. Cominciamo dai primi. Ci sarebbe un immediato assalto in stile Far West agli sportelli bancari, seguito dall’immediata svalutazione della nuova lira all’apertura delle Borse. Gli stipendi si ridurrebbero e i prezzi salirebbero alle stelle, come l’inflazione e la disoccupazione. I primi dodici mesi dopo l’uscita dall’Eurozona sarebbero traumatici per il popolo italiano, l’instabilità sociale esploderebbe. Fu un trauma (inavvertibile all’inizio) anche l’ingresso nell’Eurozona, per altro. Ricordate? Sulla carta, l’euro valeva 1.936,27. Ma la reale conversione, quella percepita dal nostro portafoglio, fu diversa. Ciò che prima costava 1.000 lire, il giorno dopo costò 1 euro. Fu un trauma, certo, ma principalmente un raggiro, una speculazione, una porcheria. I nostri problemi hanno avuto inizio a causa dell’euro. Quali sarebbero, invece, i vantaggi del ritorno alla lira? Il principale lato positivo sarebbe la svalutazione del debito pubblico e il ritorno alla sovranità monetaria e quindi nazionale. Non saremmo più sotto il giogo dalla BCE, della Germania e dei burocrati di Bruxelles. Il costo del lavoro diminuirebbe e torneremmo competitivi sul piano produttivo, il nostro export decollerebbe, il denaro circolerebbe di nuovo e i consumi riprenderebbero fiato. Saremmo, paradossalmente, “poveri ma belli” come negli anni Sessanta e potremmo, rimboccandoci le maniche, superato il Capo Horn dei primi tremendi dodici mesi, avviarci verso una nuova crescita, forse un nuovo boom economico perché in fondo ci sappiamo fare. Incredibile ma vero, lo Stato potrebbe ridurre il prezzo dei carburanti (l’accisa diverrebbe inutile), rimborsare i debiti della Pubblica Amministrazione con le aziende, tagliare il debito verso molti creditori stranieri e avviare le partiche per un default pilotato. Come? Rimborsando solo i cittadini italiani possessori di BOT e CCT e fregandosene degli investitori stranieri, che non hanno fatto altro che ostacolarci, biasimarci, giocare contro di noi. Sarebbe una bella soddisfazione, un italian job coi fiocchi. Che potrebbero farci i cornuti che godono della nostra sofferenza? Un altro effetto certo è che con il ritorno alla lira si allenterebbe la pressione fiscale. Ah, dimenticavo… se tornassimo alla lira torneremmo protagonisti assoluti della scena. La storia, infatti, si ricorderebbe dell’Italia come del Paese che ha provocato il collasso dell’Eurozona e il fallimento dell’euro. È questo che vogliamo? In realtà, noi vogliamo scendere dal letto di Procuste e spezzare le catene internazionali che ci impediscono di vivere liberi e sereni. Riuscirci è possibile ma a un costo che è giusto mettere in preventivo. Personalmente, se un referendum mi invitasse ad esprimere le mie intenzioni in merito, saprei scegliere fra In e Out. Sono un tipo coraggioso e non sopporto il basto. Chiaro, no? Non è escluso che ci si possa arrivare a un referendum e che ogni cittadino italiano sia chiamato a decidere se far parte dell’Europa o appartenere all’Europa. C’è una sottile ma fondamentale differenza fra queste due prospettive.
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