Ciao, sicuramente ti è capitato di sentir dire che quello che puoi ottenere da te stesso, dalla vita e dagli altri dipende in gran parte dal tuo approccio mentale. Magari sei anche stato accusato, più o meno indirettamente, di essere una di quelle persone che di routine hanno una vocina in testa che dice:” sii realistico, non lo potrai mai ottenere, concentrati sulle cose che sai di poter fare.” Magari sei anche stufo di sentire frasi come “pensa positivo” o “la vita è un libro e solo tu hai la penna per poter scrivere il tuo destino” etc.. personalmente mi mettono addosso insofferenza e nella gran maggioranza di casi trovo che siano più d’effetto che altro: utilizzano delle belle, profonde (tutto quello che vuoi) metafore, ma poi in realtà non ti lasciano molto.
Beh, qualunque sia il tuo sentimento circa questi pensiri da guru, la psicologia positiva ed il tipo di vocina che hai nella testa prima di agire dovresti sapere questo:
coloro che si chiedono se dovrebbero o meno svolgere un compito, dotando la loro vocina del punto interrogativo, ottengono risultati migliori rispetto a chi invece non “dialoga” con essa, ma esegue!
A questo proposito mi viene in mente un programma televisivo per bambini chiamato “Bob the Builder”. Sinceramente non penso sia trasmesso dalla televisione italiana, ma lo descrivo brevemente: Bob è un simpatico omino a cui piace costruire ed aggiustare le cose. Prima di iniziare qualsiasi compito chiede:” possiamo risolvere il problema?” e la sua squadra di tutto punto risponde:” YES WE CAN“. Penso che hai capito dove voglio arrivare…
Dolores Albarracin ed il suo team di ricercatori, dell’Università dell’Illinois, ha voluto proprio indagare quale dei due approcci sopradescritti è più efficace.
In primis i ricercatori hanno testato due diversi tipi di approccio motivazionale dividendo i partecipanti i due gruppi. Ad uno e’ stato chiesto di trascorrere un minuto, prima di risolvere un anagramma, chiedendosi se e come avrebbero potuto risolvere il compito; mentre al secondo di trascorrere un minuto a ripetersi che avrebbero dovuto risolvere il compito. Come volevasi dimostrare i soggetti costituenti il gruppo “posso risolvere il compito?” hanno ottenuto risultati molto migliori a chi invece si era imposto di farlo.
Successivamente i partecipanti, dopo essere stati sottoposti ad un’ulteriore prova molto simile a quella appena descritta, hanno svolto un’esperimento volto ad individuare il loro livello motivazionale. Ancora una volta, chi si era domandato se avrebbe potuto (e come) risolvere il compito, ha hottenuto risulatati migliori e mostrato livelli motivazionali piu’ alti a chi invece non si e’ dato opportunita’ di scelta, usando l’imperativo.
Tornando a noi, quella vocina che ci dice che dovremmo raggiungere quel determinato obiettivo o svolgere quel determinato compito in realta’ non ci porta molto lontano. Agisce da dittatore. Se invece impariamo ad utilizzarla come consigliere alla pari, impariamo a parlare e discutere con essa allora potremmo fare grandi cose… concentrandoci sulle domande anziche’ sulle risposte e costruendo la motivazione necessaria per raggiungere la soluzione.
Bibliografia:
- Fonte: Neuronarrative