La tv, i giornali, i cartelloni, le pubblicità propongo spesso e volentieri il corpo delle donne. Corpo che spesso è artefatto, manipolato e completamente trasformato al fine di rappresentare una perfezione che non esiste. I canoni imposti dalla moda sono rigidi e tendono a voler imitare una perfezione quasi inesistente data, il più delle volte, da un uso professionale di photoshop. Si prediligono modelle che a stento arrivano a vestire una taglia 40 e che vengono etichettate come magre.
Nel momento in cui viene proposto qualcosa di diverso, ovvero corpi che presentano caratteristiche che vanno in qualche modo a negare gli standard oggi imposti ( qualche anno fa Venere con tutti i suoi difetti era un’icona di bellezza), ecco che parte il pubblico visibilio. Peccato che vi sia un “piccolissimo” problema. Un problema skinny, per attenerci al linguaggio della moda.
Le modelle leggermente più formose vengono etichettate come curvy, over-size, plus-size, taglie-forti et similia. Un modo ipocritamente politically correct per dare della cicciona a chi indossa una taglia che va dalla 40 in su.
Tara LynnTempo fa le modelle Tara Lynn e Jennie Runk, testimonial di H&M, furono ben accolte sia dal pubblico che dai giornali. Questi ultimi però, nonostante l’osannazione nei loro confronti, hanno utilizzato 1001 parole diverse per far capire che comunque ci trovavamo difronte ad una bellezza non standardizzata. Le modelle, oltre ai vari curvy, over size ecce cc., sono infatti state definite in diversi modi:
- Giovane top in carne;
- La modella con qualche chilo in più;
- Una bellezza meno perfetta.
Messaggi che, nonostante siano stati lanciati per andare a celebrare l’utilizzo di un corpo “diverso” poiché poco utilizzato nel campo della moda, risultano essere dannosi per le modelle e per i\le vari* destinatar* . Nascono delle categorie dove le donne sono collocate in base alla taglia dei loro vestiti e conseguentemente vengono etichettate, portandosi addosso il “fardello” dell’etichetta e di tutto quello che ne consegue: una taglia al di sopra della 40 è sinonimo dell’essere sovrappeso (figuriamoci una 46) , mentre al di sotto della 38 si viene definite come anoressiche. Ma siamo davvero così sicuri che tutte le 38 siano sinonimo di anoressia? Qualcuno la chiama costituzione corporea, qualche altro spesso parla di metabolismo; i giornali invece parlano di taglie, donne con la 46 con una bellezza meno perfetta, ragazze con la 38 troppo magre e filiformi.
Per quanto alcun* giornalist* sembrano voler sposare la lotta per l’accettazione del proprio fisico con questa comunicazione ambigua rappresentano una specie di boia che insinua messaggi subliminali, andando inoltre, a demonizzare tutte quelle donne che portano una 38 a causa del loro metabolismo e non di disturbi alimentari: “Hai una 46? sei una cicciona imperfetta ma ti vogliamo bene lo stesso, pensa a quelle anoressiche che portano la 38″
Stefania FerrarioStefania Ferrario è una modella di 21 anni, testimonial del marchio di lingerie della pin-up Dita Von Teese, e proprio in questi giorni si è scagliata contro l’industria della moda che va ad etichettare le persone.
“Sono una modella“, scrive sul suo corpo, stanca di essere definita come modella “plus size”. A chi non è dello stesso parere mostra su Twitter un’immagine in cui è disegnato da un lato un cerchio e dall’altro un cerchio più grande, sottolineando: “Continua a rimanere solo un cerchio“.
“Continua a rimanere solo un cerchio”Stefania Ferrario con il suo gesto ha voluto seguire l’esempio dell’ ex conduttrice della trasmissione Australia’s Biggest Loser, Ajay Rochester – che ha richiamato i media e l’industria della moda a riflettere sull’ etichette appiccicate giorno dopo giorno e che sul suo ventre scrisse “Sono una donna“.
Ajay RochesterLa Ferrario ha lanciato così la sua campagna #DropThePlus (Facciamo cadere il più): “Io sono una modella, PUNTO. Sfortunatamente nell’industria della moda se indossate taglie al di sopra della taglia 40 siete considerate plus size, per questo vengo spesso etichettata come modella ‘plus size’ - scrive nel suo messaggio su Instagram – Trovo che questo NON sia incoraggiante. Un paio di giorni fa @ajayrochester ha chiesto all’industria della moda di smettere di utilizzare il termine ‘plus size’ sottolineando quanto sia dannoso chiamare una modella ‘plus’ e di quanto sia nocivo per le giovani ragazze. Sostengo completamente Ajay Rochester e sono d’accordo con lei. Facciamo in modo che ci siano modelle di TUTTE le forme, taglie ed etnie e lasciamo cadere le etichette fuorvianti. Io NON sono orgogliosa di essere chiamata ‘plus’, ma SONO orgogliosa di essere chiamata ‘modella’, questa è la mia professione“!
Perciò qualche domandina sorge spontanea: Secondo quale statistica la maggior parte delle donne del pianeta indossa una 46? E le donne che hanno una 38 perché non sono vere? Sono dei cyborg? Non si è anche belle con una 48,50,38 ecc.. ? Perché una 40 deve essere vista come una plus size?
Le donne vere e normali non appartengono ad una categoria, sono rappresentate da tutte le taglie e da tutti i corpi e soprattutto … NON HANNO ETICHETTE!
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