L’emancipazione dei paesi orientali dell’Unione Europea dalla dipendenza dalle forniture russe di gas è una battaglia che queste nazioni, che durante decenni di comunismo sono state soltanto dei satelliti dell’Unione Sovietica, sono decise a vincere; anche il Governo rumeno ha infatti approvato il piano congiunto con Slovacchia, Bulgaria ed Ungheria per la realizzazione del nuovo gasdotto Eastring, che trasporterà il metano estratto nei giacimenti slovacchi verso sud, fino al confine tra Tuchia e Bulgaria.
Quest’opera, lanciata a fine 2014 dalla slovacca Eustream, costituisce un’alternativa al progetto South Stream, il quale avrebbe dovuto far fluire verso l’Europa il gas estratto in Russia, ma in seguito bloccato dallo stesso presidente russo, Vladimir Putin, a seguito del deteriorarsi dei rapporti tra Occidente e Mosca, dovuto alla crisi in Ucraina.
La tubazione è di fatto un prolungamento di quella che attualmente connette l’est di Slovacchia ed Ungheria con il nord della Romania e, proprio dalla stazione di pompaggio di Velke Kapusany, sulla frontiera tra Repubblica Slovacca ed Ucraina, partirà il nuovo tratto di gasdotto che sarà lungo dagli 832 km ai 1.015 km, a seconda della soluzione scelta.
Sono state infatti presentate due diverse opzioni, e la decisione definitiva non è ancora stata presa; il “Progetto A” prevede infatti, nel tratto rumeno, una deviazione verso oriente, fino al confine ucraino, e l’utilizzazione di altre tubazioni già esistenti per giungere in Bulgaria (19 km in Slovacchia, 88 km in Ungheria e 725 km in Romania); il “Progetto B” consiste invece in una realizzazione ex novo dell’intero gasdotto, il quale si dirigerà con un percorso grossomodo rettilineo verso sud-est (19 km in Slovacchia, 88 km in Ungheria, 651 km in Romania e 257 km in Bulgaria fino al confine turco).
Secondo i dati diffusi sul sito web di Eastring[1], il diametro nominale della tubazione sarà di 1400mm (DN 1400), la quale sarebbe interrata per la quasi totalità della sua lunghezza, sia per ragioni di sicurezza sia per minimizzarne l’impatto ambientale, la pressione massima in fase operativa sarà invece di 94 bar.
Il gasdotto, che secondo le stime dovrebbe entrare in funzione nel 2018, avrà una portata, in una fase iniziale, di 20 miliardi di metri cubi di metano all’anno, fluenti unicamente da nord verso sud, che cresceranno a 40 miliardi ad opera terminata, garantendo la possibilità di invertire la direzione del flusso.
Questa nuova diramazione sarà fondamentale per le future politiche energetiche dell’Europa orientale e dei Balcani, in quanto consentirebbe, almeno a questi ultimi, di ottenere la piena indipendenza energetica dalla Russia, la quale ad oggi supplisce, nella maggior parte dei casi (Romania esclusa), ad oltre la metà del loro fabbisogno energetico; tale questione è infatti divenuta di fondamentale importanza, soprattutto in seguito all’instaurarsi del clima di alta tensione ed incertezza che sta caratterizzando i rapporti tra Bruxelles e Russia in questo momento.
Eastring servirà inoltre come corridoio per consentire all’Europa occidentale di far fluire il proprio gas naturale verso la sua parte orientale e la penisola balcanica, oltre che costituire un ulteriore potenziale collegamento, in aggiunta al Tap (Trans Adriatic gas Pipeline), tra paesi i Ue e la Turchia, con la quale sono già in corso trattative per la realizzazione di tubature che, passando sui fondali del Mar Nero, giungano in Romania.
Il gas proveniente dalla Russia, la vendita del quale rappresenta comunque una fonte di sostentamento irrinunciabile per le casse statali di Mosca, è sempre meno necessario all’Occidente; mentre Putin prosegue con politiche di chiusura, l’Ue, attraverso questi progetti, sta ramificando e rafforzando la propria rete di di rifornimento e distribuzione del gas naturale, erodendo sempre di più l’efficacia di uno dei pochi strumenti di cui il Cremlino dispone ancora per minacciare parte dell’Europa.