Il 13 novembre 1938, 75 anni fa, terminò l'ultima grande battaglia della guerra civile spagnola, la battaglia dell'Ebro; l'ultima speranza della Spagna repubblicana di far girare la sorte di un conflitto che sembrava ormai a tutti irrimediabilmente compromesso e perduto. Alla fine vinsero i franchisti e, da allora, la caduta della Catalogna prima, e della repubblica poi, diventarono solo una questione di tempo.
La battaglia era cominciata più di tre mesi prima, il 25 luglio, quando, di notte, le truppe repubblicane erano riuscite a sorprendere il nemico attraversando il fiume nella zona di Tortosa. I franchisti non credevano che potevano essere attaccati e poi, Franco era occupato a cercare di conquistare Valencia. Non era capace, il futuro dittatore, di riuscire a prestare attenzione a più di un fronte. Ragion per cui, le sue truppe sull'Ebro in un primo momento furono vittime dell'incuria e dell'abbandono, dettato anche dal profondo disprezzo che Franco nutriva nei confronti di un esercito popolare che era nato dalle milizie operaie dei partiti di sinistra e dei sindacati. Lo stesso esercito popolare che era riuscito ad attraversare in una notte l'Ebro, con una manovra militare di altissimo livello - mantenendo segreta la presenza di un esercito di centomila uomini e mettendo a frutto un'incredibile sforzo ingegneristico - che aveva permesso di invadere la riva opposta ed avanzare per cinquanta chilometri. Ma lì si erano fermati, alle porte di Gandesa e della Sierra di Pandolis, per trincerarsi, rimanendo a subire la reazione di un esercito franchista che dapprima aveva avuto paura e che poi si era sentito umiliato per la sorpresa.
Era Vincente Rojo, il capo di Stato Maggiore dell'esercito popolare, la mente che stava dietro quell'offensiva e che si era distinto, fin da subito, nella difesa di Madrid nel novembre del 1936. Rojo sapeva che la repubblica aveva tutto da perdere, ancor più dopo la tremenda offensiva franchista dell'aprile del 1938 che aveva tagliato in due il territorio repubblicano. Con un territorio diviso in due zone, ed i franchisti in mezzo, e con un esercito praticamente privo di qualsiasi rifornimento di armamento, non c'era altro da fare che tenere duro fino allo scoppio della seconda guerra mondiale contro i nazisti e i fascisti. E fu quell'imminenza a determinare la strategia del governo repubblicano; la repubblica scommetteva sul fatto che la politica di Hitler avrebbe inevitabilmente portato alla guerra, per cui bisognava resistere fino a quando le democrazie europee, Gran Bretagna e Francia soprattutto, sarebbero diventate alleate della repubblica nella guerra con Franco che era, a sua volta, alleato di Hitler.
Gli eventi internazionali facevano ben sperare. Nel marzo 1938, la Germania si era annessa l'Austria e, in piena battaglia dell'Ebro - fra il 26 ed il 30 settembre di quell'anno - la pace mondiale stava appesa ad un filo: Hitler minacciava di invadere la Cecoslovacchia con la scusa di difendere la minoranza tedesca, i Sudeti, da una presunta aggressione ceca. Ma con l'accordo di Monaco, Francia ed Inghilterra decisero di salvare la pace in Europa, sacrificando i loro alleati cechi. La repubblica spagnola era così condannata. Alla fine di ottobre, mentre l'esercito popolare continuava a resistere asserragliato sulle rocce della Sierra di Pandolis, Negrin decise di liquidare le Brigate Internazionali, assentendo così alla decisione del Comitato di Non Intervento; quello stesso comitato che impediva l'importazione da parte della repubblica e che aveva la vista assai corta quando si trattava degli aiuti nazisti e fascisti nei confronti di Franco. Negrin, si illudeva così di forzare la situazione e di obbligare - con lo spettacolo della marcia delle Brigate Internazionali che lasciavano la Spagna - l'opinione pubblica internazionale a focalizzarsi sulla presenza di tedeschi ed italiani nell'esercito franchista, per condannarli. Il 28 ottobre del 1938, i brigatisti internazionali sfilarono per l'ultima volta lungo le strade di Barcellona.
Ovviamente, fascisti e nazisti rimasero a combattere con i franchisti; fino alla sconfitta della repubblica. E la sconfitta era oramai vicina. Privo di rifornimenti e con le truppe decimate, l'esercito popolare si ritirò alla posizione precedente all'offensiva di luglio. Il 13 novembre l'ultimo soldato repubblicano tornò ad attraversare l'Ebro. La battaglia era finita. C'erano stati 17.000 morti, da entrambi i lati, e più di 60.000 feriti. Prima il caldo asfissiante, la sete e la fame, e poi il freddo e l'umidità a torturare soprattutto le milizie repubblicane, trincerate ad aspettare con la speranza di una guerra mondiale contro nazisti e fascisti, mentre venivano attaccati per terra e dall'aria, bombardamenti, esplosioni, mitraglie. Alla fine si ritirarono. L'ultima grande battaglia della guerra civile era finita.
LA BATALLA DEL EBRO, documentario di Jorge Martínez Reverte