Nelle democrazie occidentali il partito-azienda è un'invenzione
italiana. Nasce ufficialmente il 18 gennaio 1994, quando alla presenza
di un notaio Silvio Berlusconi e gli altri soci fondatori (Antonio
Tajani, Luigi Caligaris, Antonio Martino, Mario Valducci) danno vita al
“Movimento” politico Forza Italia. Pochi giorni dopo, l’annuncio, con la
videocassetta registrata consegnata ai Tg, della discesa in campo per
il bene dell’Italia. Vent'anni dopo, come ci spiega Michele Di Salvo,
esperto in comunicazione, blogger e autore di un libro sul comico
genovese (Chi e cosa c’è dietro Grillo e al Movimento 5 Stelle) lo
schema sembra ripetersi. L'intreccio tra politica e affari come ragione
sociale di una nuova formazione politica che, oggi come allora, sta
scuotendo dalle radici le istituzioni italiane.
La domanda più ovvia è come guadagna Grillo dal suo blog?
«Le fonti di reddito del blog sono molte e sfruttate al massimo. Basta
fare un semplice esperimento visivo, eliminando «i contenuti» e vedere
quanto resta come spazi destinati alla pubblicità. Come quella diretta,
ovvero vendita di gadget e di prodotti marcati Grillo (libri, dvd etc),
alla quale va poi sommato il guadagno indiretto, attraverso le
partnership che generano royalty, come ad esempio per ogni utente che si
registra e acquista su Amazon partendo dal blog di Grillo».
Ma i gadget rendono tanto?
«Fino a poco fa la vendita di libri e dvd era l’unica forma di
finanziamento del blog. A gestire il “merchandasing” è un altro portale,
GrilloRama (grillorama.beppegrillo.it). Sono in vendita magliette, dvd e
libri di Beppe Grillo. Qualsiasi campagna, tour, comizio, battaglia del
comico-politico, ma anche i dvd di Marco Travaglio (tra l'altro venduti
a Current Tv per 100mila euro a stagione) è diventata un prodotto di
GrilloRama».
E la pubblicità?
«Secondo il «Il Sole24Ore» traffico stimato raggiunge una media tra i
150 e i 200mila utenti ogni giorno e circa 1 milione di pagine viste. La
scelta di affidarsi alla pubblicità Google è piuttosto recente da parte
della Casaleggio Associati. Con la crescita del Movimento il blog di
Grillo è finito nella categoria top-site degli Ad-Sense di Google: la
pubblicità sul blog del comico ora può essere stimata fino a un massimo
di 2,49 euro per ogni click e 5 euro ogni mille visualizzazioni.
Partendo da questi dati il Sole24Ore ha calcolato per Beppegrillo.it un
ricavo annuo che oscilla tra i 5 e i 10 milioni di euro, anche se ci
sono analisi (come quella di Webnews) che riducono la forchetta tra 1,5 e
i 2,2 milioni» (Il Sole24Ore non sa di cosa parla. Nessun matto di investitore può perrmettersi il lusso di pagare 2,5 € per "un click". Un click su cosa, poi? Importi del genere si pagano solo come percentuali di vendite generate dal blog, ma il problema è che i bloggers non hanno alcun controllo sul fatto se certe vendite siano acquisite direttamente dalla società investitrice attraverso altri canali o direttamente, oppure attraverso il blog. Inoltre, nessun investitore paga più di 0,6 /1,0€ per 1000 visualizzazioni. NdR)
E poi?
«Poi ci sono le campagne dirette, quelle strutturate in offerta, come ad
esempio quelle proposte su beppegrillo.it/adv in cui vengono proposte
alle aziende campagne a tema su più canali. E questo dà un significato
concreto alla considerazione per cui la vera forza e capacità attrattiva
è il network».
In che senso?
«Il blog di Grillo può essere visto come l’elemento centrale di un
network che genera accessi e condivide contenuti. Intanto il network
diretto, ad esempio il canale Youtube, il sito del Movimento, e la webtv
“La Cosa”, cui si è aggiunto il canale streaming dei gruppi
parlamentari, in cui ogni video viene visualizzato dopo uno spot di 20
secondi. Poi ci sono i siti “indiretti”, ovvero quelli apparentemente
non collegati (come Tze-Tze o Cadoinpiedi). Partendo dal blog e dai
corrispettivi account sui social network (ufficialmente 1,3 milioni di
fan su Facebook, 1,2 milioni di follower su Twitter), questo traffico
viene spostato e condiviso su una serie di siti satellite (anche questi
con pubblicità a pagamento) che, comunque, appartengono alla gestione
della Casaleggio».
Quanto si è arricchito Grillo in questi anni di attività politica?
«Possiamo parlare solo di stime, tenendo conto di quanto si sa dalle sue
dichiarazioni dei redditi, e di per sé non è la fonte più attendibile,
se consideriamo i condoni tombali ed edilizi cui ha aderito
Grillo. Bene, se consideriamo queste informazioni mediamente il suo
reddito conosciuto è quintuplicato dopo il 2004 e raddoppiato negli
ultimi tre anni ed oggi è tra i 4 e i 5 milioni netti di euro annui».
Che legame c'è con la Casaleggio Associati?
«Casaleggio Associati è l’azienda-motore, specializzata in comunicazione
virale e in e-commerce e gestione di rete. Grillo ci mette il nome e la
visibilità e Casaleggio il know-how per far “rendere economicamente” la
presenza in rete. È Casaleggio che sceglie e che cura tutti i
contenuti. Quindi il primo problema che si pone è sino a che punto ciò
che “firma” Grillo lo pensa, è il suo pensiero, è la linea politica del
Movimento, e dove invece comincia la necessità virale di creare
contenuti provocatori a tutti i costi per “stimolare” la partecipazione
di rete dei lettori tenendo costantemente ed a qualunque costo alta
l’attenzione e i toni. Come si fece con le false notizie come la finta
lettera del Papa, o del Presidente Cinese, o la Biowashball, o quella
sull’olio di colza nelle auto, o la presunta lettera dell’economista
Stiglitz».
Grillo-testimonial e leader di un movimento politico e
Casaleggio spin doctor e proprietario di un'azienda di marketing. Non
esiste un conflitto di interessi sui contenuti tra l'azione politica e
l'attività commerciale?
«Certo, si pone il problema del “chi finanzia chi” e per fare cosa. Ad
esempio: mettiamo che il Movimento 5 Stelle proponga l’uso nelle
pubbliche amministrazioni di auto elettriche e proponga una certa casa
automobilistica, chi assicura che quell’azienda non sia cliente della
Casaleggio o che quella azienda non faccia una campagna tematica sul
network di Grillo? Nessuno vuole dubitare della buona fede di tanti, ma
in assenza di regole chiare e di policy trasparenti, è per primo Grillo
che afferma essere buona norma porci dei dubbi».
Come viene finanziato il Movimento 5 Stelle?
«Nello stesso modo del blog. Il Movimento risulta giuridicamente una
“Associazione non riconosciuta”. Nello statuto viene spiegato che il
Presidente è Grillo che “in qualità di titolare effettivo del blog
raggiungibile all’indirizzo www.beppegrillo.it, nonché di titolare
esclusivo del contrassegno di cui sopra” – ovvero quello del Movimento –
spettano “titolarità, gestione e tutela del contrassegno, titolarità e
gestione della pagina del blog www.beppegrillo.it”. Non solo, al
presidente Grillo compete “amministrazione e gestione di eventuali fondi
dell’Associazione”. Di quali fondi si parla? “Di una quota annuale
versata dagli associati; di contributi volontari di persone fisiche, di
Enti Pubblici e Privati; di sovvenzioni dello Stato, delle Regioni o di
Enti; di eventuali proventi derivanti dalla fornitura di servizi; di
donazioni e lasciti testamentari”».
Che cosa comporta l'essere associazione non riconosciuta?
«Non è soggetta al vincolo della trasparenza di bilancio, nemmeno in
forma semplificata. Non è prevista la figura del tesoriere, e quindi di
un soggetto “terzo” delegato alla raccolta e spesa dei fondi ed alla
relativa rendicontazione. Dobbiamo aggiungere che questa associazione
esiste dal dicembre 2012, il che pone il problema di chi, come e a che
titolo abbia versato i soldi delle raccolte on line e di quelle nelle
piazze, come abbia gestito questi fondi, con quali poteri, come abbia
documentato gli incassi e le spese, e soprattutto “dove sono finiti
questi soldi” e a quanto ammontano».
Il che crea un problema di trasparenza contabile?
«Qui si pone la domanda posta a Grillo da anni senza che nessuno nemmeno
nel Movimento si sia posto lo stesso quesito. Il M5S ha aperto un conto
su “Pay Pal” (una società che offre pagamenti on line). Questo conto
risulta intestato a “Movimento 5 Stelle Genova”. Non è un conto
“personale” quindi... ma Pay Pal per aprire un conto non personale (di
un associazione, ad esempio) richiede il codice fiscale o partita iva,
nonché i documenti ufficiali del soggetto collettivo intestatario del
conto, nonché la sede legale ed i dati del responsabile legale. Ora non
risulta che i M5S locali abbiano un codice fiscale, una partita iva, una
sede legale, così come non risulta siano costituiti in struttura
formale con un responsabile legale. Quindi quel conto a chi è intestato?
Chi lo gestisce, come, perché, a chi rende conto, quali sono i
documenti contabili?
Già, chi lo gestisce?
«E chi lo sa. L'M5S non prevede organi di controllo interni; viene tutto
lasciato alla discrezione di una sola persona. E così anche nella
gestione dei fondi.Vede, se casi scandalosi come quelli di Lusi o
Fiorito sono emersi, è proprio perché esisteva un tesoriere, esistevano
delle regole cui attenersi nella spesa dei fondi e una precisa tenuta
contabile. Senza regole tutto è più opaco. Faccio un esempio: i partiti
devono dichiarare a chi pagano un affitto di una sede, registrare il
contratto, esibire una ricevuta fiscale e dimostrare dove prendono quei
soldi per pagare quel canone. Nella rendicontazione parziale del
Movimento si evince solo “dati x euro a tizio per pagare affitti” non
meglio precisando alcun ulteriore elemento. Ciascuno ha la propria idea
di trasparenza.
Che cosa ci guadagna invece Casaleggio?
«Tanto. Intanto in termini di visibilità e di vera o presunta
autorevolezza, e in Rete sappiamo che conta più la percezione che la
sostanza. Da questa autorevolezza nasce un enorme potenziale in termini
di lobbing, ovvero nella capacità di mettere insieme e fare incontrare
interessi privati e interlocutori politici. Chiariamo, tutto legittimo.
Ma il punto è il limite, e la trasparenza dei rapporti. Da ultimo resta
l'interrogativo: chi gestirà i circa dodici milioni di euro che andranno
ai gruppi parlamentari 5 Stelle?». (Fonte: Roberto Rossi - l'Unità)