Come si inizia a parlare del Salone del Libro?
Si inizia. E non si finisce. Ecco com’è. Perché quando si aprono le discussioni, le parole, i libri, la cosa bella è che una-tira-l’altra e c’è sempre qualcosa di più, un collegamento, un pensiero.
Tanti incontri e io stranamente di poche parole. (Ebbene sì). Ho rimuginamenti in corso.
Le cose belle sono state tante
tipo
trovare cose strane e inaspettate in centro a Torino e perdere un sacco di tempo a decifrarne il senso invece che apprezzarne solo la sorpresa
Scoprire come si stampava un tempo e provare meraviglia
Scoprire piccoli errori
Pensare a quante parole stanno nel formato di un quotidiano
Tanta Sardegna. Dove c’è Sardegna c’è formaggio. Questo della Sardegna non è falso.
Esordi e prossime letture – “Il metodo della bomba atomica” di Noemi Cuffia, alias Tazzina-di-caffè. Parla d’amore.
Pubblicità bella, a volte.
Tranquillità nel Sudamerica.
Follie e risate con Marco Cubeddu e Giuseppe Culicchia. E la camicia. La camicia!
Lo stand più bello era minimum fax- Ci sono tornata tre volte. Questo è il giorno in cui ero in arancio (in tinta con lo stand!). Vendevano pure i mobili dell’esposizione!
Voglia di leggere con Paolo Nori.
Scoprire come funziona scrivere in 115 e chiedersi se sono mai stati tutti nella stessa stanza.
E poi altre cose.
Il Museo (ottocentesco) di Anatomia Umana.
Rompere il cellulare la seconda ora a Torino.
Paolo Cognetti.
Gare di scrittura.
Decidere se Filippo Timi assomiglia a Javier Bardem.
Dividere gli acquisti con il mio ragazzo. Leggoprimaiopoitu. Comprare libri: belli. Solo libri belli, anche in senso estetico.
Girare il Salone avendo fatto delle scelte: niente grossi stand claustrofobici, niente code eterne per firme e incontri coi big. Ha funzionato abbastanza, sono soddisfatta.
Incontrare blogger, case editrici, persone e vedersi in faccia. Farsi cogliere in pieno mentre si sta mangiando un hot dog con crauti e salse. Signur.
Interessarsi a incontri dedicati a blogger e social – ne parlerò.
Cenare sempre a mezzanotte e mangiare pure molto bene. Pranzare alle cinque del pomeriggio in un angoletto di Francia a San Salvario.
Farsi intervistare ed essere in pazzesco disagio.
Pensare di girare per gli stand con la mascherina per occhi da notte di marcos y marcos e poi decidere di aver già fatto abbastanza danni.
Scrivere racconti nella propria testa.
Pensare a cosa non è piaciuto, perché gli adoVo senza grigi li lascio all’autrice televisiva personaggio di L’ultimo party di Giovanni Robertini:
- vecchiume e cose vecchie
- sentir dire troppe volte che certi libri non possono essere criticati
- troppe case editrici nuove con brutte copertine e poca attenzione all’aspetto grafico
- i prezzi, salvo eccezioni
- la maleducazione di qualche standista
- l’assenza di dialogo e la verità in tasca
- i panini a 5 euro
Ma a parte questo… tutto sempre un’esperienza.
Grazie a tutte le persone che l’hanno resa speciale ♥