Sembrerà strano, ma non sono tra quelli che oggi si è alzato ad applaudire in trepidante attesa del risultato. Oggi si è scritta una pagina della storia Patria, questo è vero e lo si è ripetuto, forse troppo, ma l’aggettivo storico non è sempre sinonimo di positivo.
Se ripensiamo agli ultimi vent’anni, usando un minimo di quella memoria che spesso ci abbandona, ci rendiamo conto di quanto sia triste tutto ciò che sta avvenendo. Lasciamo da parte mercati e Unione Europea, ben felici che in Italia ci sia un Governo forte, o per lo
meno debole con i forti e forte con i deboli. Oggi si è consumato, in Parlamento, il finale di quella guerra intestina e antidemocratica tra un gruppo di potere che fonda le sue radici nell’evasione fiscale e un gruppo di magistrati eversivi ed organizzati, che fonda la sua legittimazione dalla politica e dalla gestione indiretta della cosa pubblica.
Oggi non si è parlato di programmi, coperture economiche o identità politica di un Governo, che all’inizio veniva umilmente definito “momentanea e unica alternativa utile” e che oggi si è celebrato come uno dei migliori Governi mai avuti, ma di fiducia, responsabilità e fede.
Oggi non si voleva cambiare passo, oggi si voleva rafforzare l’idea che un voto contro il Governo avrebbe significato lesa maestà verso il Paese e soprattutto verso Giorgio Napolitano.
Oggi si voleva dare il colpo di grazia a Berlusconi e lo si è dato. La cosa triste, forse la più triste, è stato vedere i fedelissimi del Caimano pugnalare un corpo inerte, e contemporaneamente scorgere un Letta pronto ad imbarcare chiunque pur di autolegittimare la propria azione.
Se, correttamente, si vuole eliminare il cancro berlusconiano dalla destra e dalla politica italiana, lo si deve fare distruggendo anche le sue metastasi. Chi, cioè, ha vissuto alla sua ombra, come strenue difensore o eterno avversario.
Un nuovo soggetto politico, un nuovo Governo, o una nuova Repubblica, che si fondi su coloro i quali hanno abbandonato una nave solo quando sicuri che affondasse, o su coloro che devono la loro esistenza politica al puro anti-berlusconismo senza contenuto, altro non farebbe che ricreare un nuovo cancro che causerebbe nel breve gli stessi sintomi.
Ciò che è esageratamente stabile è immobile. Forse la verità è che un Governo stabile fa comodo a chi vuole che le cose rimangano eternamente immobili.
Letta, leggi Napolitano, non ha rischiato il suo Governo per la sua azione politica, ma per la sua inazione nei confronti dei Processi berlusconiani.
Se fossero stati tutti più coraggiosi, oggi, anche io, mi sarei alzato ad applaudire.