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Effetti del risparmio volontario sulla struttura produttiva

Creato il 29 ottobre 2014 da Peppiniello @peppiniello

Procediamo ora a spiegare cosa comporta nel dettaglio come una diminuzione del tasso sociale di preferenza temporale, e il corrispondente incremento del risparmio che questa comporta, si traduca in una modifica della struttura produttiva, che diviene più lunga e produttiva.

L’esempio che propone Hayek, mutuandolo dalla Teoria Positiva del Capitale di Bohm-Bawerk 1, è di supporre un cambiamento nelle preferenze degli individui, che li porti a non consumare più interamente il loro reddito netto, bensì a risparmiarne (ed investirne) un quarto: “Sebbene sia altamente improbabile che questo caso si verifichi nella realtà, sto deliberatamente discutendo il caso forte in cui il risparmio implica una riduzione della domanda di tutti i beni di consumo, perché è proprio in questo caso che molti trovano difficile comprendere come una riduzione generale nella domanda di beni di consumo possa portare ad un aumento degli investimenti”2.

Ricordiamo le ipotesi che pone Hayek alla sua argomentazione: 1) si suppone che il sistema economico si trovi in equilibrio stazionario 2) piena occupazione del lavoro e degli impianti 3) stazionarietà dei dati esogeni (conoscenze tecniche in primis, popolazione, risorse produttive ecc) 4) flessibilità dei prezzi, dei fattori di produzione e loro piena mobilità.

La prima cosa da capire è come la maggior quantità di risparmio disponibile sul mercato si riverbera sulla struttura produttiva; ovverosia, in quale modo questo mutamento agisce sui prezzi (o meglio, sui margini di prezzo), e come tali modifiche dei prezzi portino le risorse, capitale e lavoro, a spostarsi dai settori produttivi comparativamente meno profittevoli a quelli ora più profittevoli.

Il primo effetto, connesso all’ipotesi che gli agenti produttivi decidano di risparmiare ed investire una parte maggiore del proprio reddito è che “si produrrà un aumento della domanda di beni produzione ed una riduzione della domanda di beni di consumo; questo porterà ad un aumento relativo dei prezzi dei primi ed una caduta relativa dei prezzi dei secondi”3.

I prezzi dei beni di produzione non aumenteranno in modo uniforme, né cresceranno senza eccezione. Esistono infatti beni specifici, che possono essere utilizzati solo (o prevalentemente) in certi settori, e beni non specifici, utilizzabili in modo più o meno produttivo lungo larga parte dei settori (o degli stadi di produzione, stando alla terminologia di Bohm-Bawerk); chiaramente una variazione del tasso di interesse agirà diversamente a seconda della tipologia di beni, ed a seconda di quali stadi produttivi garantiscano un utilizzo profittevole.

Come abbiamo già detto la minor quantità di risorse che si riversano sul mercato dei beni di consumo produrrà una tendenza alla riduzione dei prezzi di vendita di questi ultimi; questo avrà un effetto deprimente sugli stadi produttivi immediatamente precedenti quello del consumo: “una diminuzione nella domanda per i beni del primo ordine ha una diretta ricaduta sui beni del secondo ordine. La domanda di chicchi di caffè si muove nella stessa direzione della domanda per il bene finito caffè. In termini più generali, la domanda di input che sono in prossimità temporale dei beni di consumo si muove con la domanda di output. La domanda di beni del secondo ordine è una domanda derivata”4

I prezzi degli stadi immediatamente precedenti il consumo cadranno, ma meno di quanto succede per quest’ultimo. Questo equivale ad un restringimento dei margini di prezzo tra i due ultimi stadi. Tale restringimento, come fa notare Hayek, tende a creare una disparità tra i profitti conseguibili: gli stadi più vicini al consumo diventano meno profittevoli, mentre diventano più convenienti quelli più lontani. In ragione di questo fenomeno si tenderanno a liberare risorse, che andranno a ricollocarsi lungo la struttura produttiva verso gli stadi più lontani.

La cosa che è fondamentale comprendere è che quel che vale per la singola industria non vale per l’industria nel suo complesso; come fa notare Hayek: “mentre il livello relativo della domanda di attrezzature da parte di una singola industria dipenderà, ovviamente, dalla domanda del prodotto di quella industria, non è certamente corretto affermare che la domanda complessiva di beni capitale è determinata direttamente dal livello della domanda dei beni di consumo”5.

La caduta del livello della domanda nei beni di consumo ha sicuramente un effetto depressivo; ma questa è solo una parte della storia, quella che Garrison chiama “effetto della domanda derivata”.

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La seconda parte è quella che chiama “effetto dello sconto temporale”, e deriva dal fatto che un aumento del risparmio si traduce in una riduzione del tasso di interesse, e questa riduzione ha degli effetti più o meno marcati a seconda che il bene sia vicino o lontano dallo stadio del consumo: “Nel verificare i mutamenti relativi nella domanda di beni del primo ordine e di beni del secondo ordine, l’effetto di sconto temporale è debole, e sostanzialmente ininfluente rispetto all’effetto della domanda derivata. La domanda di caffè e di chicchi di caffè cadono pressapoco nella stessa misura. L’effetto di sconto inizia a farsi sentire, ed aumenta tanto più, quanto più saliamo nell’ordine dei beni”6.

Quel che Garrison qui vuole dire è che l’abbassamento del tasso di interesse genera una convenienza ad investire risorse in processi produttivi più lunghi, o, che è la stessa cosa, l’abbassamento del tasso di interesse aumenta il valore di quei beni (capitale, ma anche di consumo durevoli) in maniera tanto più pronunciata quanto più la loro durata è elevata (cioè tanto più lontani si trovano dal consumo). E la cosa è ovvia: il valore di un bene capitale tende ad approssimarsi al valore scontato delle sue rendite future attese, e aumenta quando il tasso che utilizziamo per scontarlo diminuisce.

Ipotizziamo che il tasso di interesse si dimezzi, passando dal 10% al 5%: il valore attuale di una rendita unitaria perpetua scontata al 10% vale 10, scontata al 5% vale; 20 il valore, in questa approssimazione, raddoppia (ovviamente a parità di rendimenti attesi). Quello che vediamo poi, uscendo dal caso scolastico di rendita perpetua, è che l’incidenza del ribassamento del tasso di interesse tende ad incidere sul valore tanto più quanto più ampio è il periodo temporale sul quale effettuiamo lo sconto; su un bene che dura 10 anni l’effetto sarà più pronunciato rispetto a quello che vale su un bene che ne duri 5.

Il ribassamento del tasso di interesse, in questo caso prodotto da un cambiamento circa le preferenze temporali, fa si che il prezzo di mercato dei beni capitali tenda ad incrementarsi: “i beni di capitali che già si utilizzavano sperimentano così un sensibile aumento del loro prezzo come conseguenza del ribasso del tasso interesse, il che darà luogo ad una convenienza circa una loro produzione in quantità più elevata”7.

Il primo effetto del ribassamento del tasso è quindi quello che Huerta de Soto definisce “ampliamento orizzontale nella struttura dei beni capitale”; nel senso che si verifica un aumento nella produzione dei beni capitali già esistenti.

Simultaneamente, e coerentemente con quanto dice Bohm-Bawerk (e che abbiamo già evidenziato precedentemente nella parte riservata all’economista austriaco) il ribasso del tasso di interesse rende profittevole l’introduzione di tecniche di maggior lunghezza che prima non lo risultavano; da un lato il tasso influenza le decisioni delle imprese in quanto fattore di costo diretto (infatti ora prendere denaro in prestito, o rinunciare al suo investimento in attività alternative, costa di meno); ma l’effetto principale è sui valori prospettici, e nel mettere in moto uno spostamento di risorse ( e di domanda) verso i beni capitali: “pensare all’interesse solo come fattore di costo significa trascurare la sua principale influenza sulla produzione. Quel che è molto più importante è l’effetto che esso esercita sui prezzi attraverso quello sulla domanda di prodotti intermedi e sulla domanda dei fattori che servono a produrli. I prezzi dei prodotti intermedi si adeguano proprio in seguito a questi cambiamenti nei costi che l’interesse provoca facendo crescere i prezzi dei fattori che sono molto richiesti nei primi stadi rispetto a quelli che, in quegli stadi, sono meno richiesti”8.

Il grafico qui su riportato, e tratto dall’articolo citato di Roger Garrison, evidenzia schematicamente quanto detto fino ad ora: ipotizzando una struttura produttiva divisa in 10 stadi di produzione, la diminuzione della domanda di beni di consumo domina come effetto nei primi 5 stadi, andando via via diminuendo; l’aumento del risparmio, inteso negli effetti che abbiamo descritto, inizia a farsi sentire dal sesto stadio in poi, essendo massimo alla fine (cioè quando massima è la distanza temporale dal consumo, cioè quanti maggiori sono gli stadi attraverso cui si deve virtualmente passare per arrivare sul mercato dei beni finali).

Parallelamente all’influenza sul tasso di interesse dobbiamo mettere in evidenza l’effetto che un aumento del risparmio hai sui salari reali; se quanto abbiamo detto finora è corretto, la riduzione dei prezzi dei beni di consumo produce, ceteris paribus, un aumento dei salari reali; fermi restando i salari nominali, i lavoratori avranno la possibilità di acquistare un quantitativo maggiore di beni servizi.

Questo cambiamento nel saggio di salario reale (indotto qui dal risparmio) fa si che diventi profittevole sostituire mano d’opera con beni capitale.

Come spiega chiaramente Marina Colonna: “la teoria di Hayek presuppone che i produttori siano guidati, nelle loro scelte sull’impiego di metodi produttivi più o meno intensivi di capitale, dalla relazione che in ogni momento si determina tra saggio d’interesse monetario e saggio di salario reale”9.

Hayek chiama questo effetto “Effetto Ricardo” (rispondendo in realtà a chi l’avevo chiamato “effetto Hayek”, ricordando la primogenitura dell’economista inglese), ed a partire dagli studi del 1939 ne fa uno dei cardini della sua analisi del ciclo economico.

Egli spiega che “con alti salari reali e con un ridotto tasso di profitto l’investimento si materializza in forme molto intensive di capitale: gli imprenditori tenteranno di far fronte agli alti costi del fattore lavoro introducendo nuovo capitale immobilizzato che permetta loro di contrattare meno fattore lavoro – la tipologia di macchinari che è profittevole usare quando ci si trova in condizioni di basso tasso del profitto e basso tasso di interesse”10

Per tutte le ragioni che abbiamo fin qui esposto dovrebbe esser chiaro perché secondo Hayek ( e secondo gli austriaci dopo di lui) un aumento del risparmio produce un allungamento del periodo medio di produzione (nella terminologia di Bohm-Bawerk) o, che è lo stesso, una ristrutturazione della struttura produttiva che, una volta terminata la transizione, sarà divenuta più intensamente capitalistica, più produttiva, in virtù del fatto che con più capitale i fattori di produzione originarisono messi nelle condizioni di produrre di più e meglio.

1“ogni individuo consuma, in media, i tre quarti del proprio reddito, e risparmio l’altro quarto, così ovviamente si verifica una caduta nel desiderio di comprare beni di consumo e nella domanda di questi” da The Positive Theory of Capital, pg 112

2Hayek, F A, 1990, Prezzi e Produzione, pg 46

3Hayek, F A, 1990, Prezzi e Produzione, pg 63

4The Austrian School,” in Brian Snowdon and Howard R. Vane,Modern Macroeconomics: Its Origins, Development and Current State. Aldershot, England: Edward Elgar, 2005 pg 13

5Von Hayek, F, 1934, Capitale e Fluttuazioni Industriali da “Prezzi e Produzione” pg 188

6The Austrian School,” in Brian Snowdon and Howard R. Vane,Modern Macroeconomics: Its Origins, Development and Current State. Aldershot, England: Edward Elgar, 2005 pg 13

7De Soto H, Moneta, Credito Bancario e Cicli Economici, pg 220

8Hayek, F A, 1990, Prezzi e Produzione, pg 67

9Colonna, M 1990, Introduzione a “Prezzi e Produzione:Il dibattito sulla moneta “pg XLI

10Von Hayek, F, 1939 “Profit Interest and Investiment,, pg 39



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