Il governo egiziano si è dimesso. E’ quanto si legge sul sito web del giornale governativo egiziano al-Ahram, che cita fonti dell’esecutivo.
Il presidente egiziano dimissionario, El-Beblawi (dailynewsegypt.com)
Durante una conferenza stampa al Cairo, il premier Hazem El-Beblawi ha annunciato che il governo ha deciso durante un Consiglio dei ministri di presentare le dimissioni al presidente ad interim Adly Mansour. Secondo gli osservatori si tratta di una mossa per favorire la candidatura di Abdel Fattah al-Sisi, capo delle Forze Armate e sinora ministro della Difesa, alle presidenziali previste entro l’anno. Per candidarsi al-Sisi, il nuovo uomo forte del Cairo, protagonista la scorsa estate della destituzione di Morsi, deve lasciare gli incarichi nelle Forze Armate.
“Data l’attuale situazione del Paese il governo ha deciso di presentare le dimissioni al presidente Mansour”, si legge in una nota diffusa al termine del Consiglio dei ministri. Alla riunione hanno partecipato tutti i ministri del governo dimissionario, quindi anche al-Sisi. “Il Consiglio dei ministri – si legge nel breve comunicato – augura successo al prossimo governo e ringrazia il grande popolo egiziano che ha sostenuto l’esecutivo in una situazione difficile e al contempo storica.”
Intanto Ibrahim Mahleb, ministro del governo dimissionario egiziano, potrebbe ricevere da Mansour l’incarico di formare il nuovo governo del Cairo. Lo scrive il giornale egiziano Ahram Online che cita fonti governative, secondo cui il presidente ad interim accetterà le dimissioni dell’esecutivo guidato dal premier El-Beblawi, in cui Mahleb era ministro per l’Edilizia. Il giornale sottolinea come il governo Beblawi sia stato travolto nelle ultime settimane da un’ondata di critiche soprattutto per la decisione di escludere “gruppi cruciali del settore pubblico” da un aumento salariale. Negli ultimi giorni, ricorda l’Ahram Online, ci sono stati una serie di scioperi che hanno interessato tra l’altro il settore dei trasporti pubblici, le Poste e la sanità.
Beblawi aveva ricevuto l’incarico lo scorso luglio, dopo la destituzione del presidente Mohamed Morsi, espressione dei Fratelli Musulmani. ”Le riforme non possono essere fatte dal governo da solo – ha detto oggi Beblawi – E’ tempo che tutti si sacrifichino per il bene del Paese”.
Ora si accende il dibattito sulla possibilità che proprio il nome di Morsi spunti tra quelli dei candidati alle prossime presidenziali. Morsi è in carcere da mesi dopo la destituzione dello scorso 3 luglio da parte dei militari ed il governo del Cairo ha dichiarato che i Fratelli Musulmani sono un “organizzazione terroristica” (decisione approvata anche dal tribunale). Ma la candidatura del presidente deposto, secondo gli esperti, è “legalmente possibile”. Infatti le voci e le indiscrezioni sulla possibilità che il nome di Morsi sia tra quelli dei candidati si moltiplicano. Yousry Hamad, vice presidente del partito salafita El Watan, lo ha confermato in alcune dichiarazioni ad Aki dicendo che tra i sostenitori e i membri dell’Alleanza a sostegno della legittimità, coalizione pro-Morsi, c’è chi sostiene la candidatura del presidente deposto. Hamad, tuttavia, si dice contrario a una simile iniziativa. Si tratterebbe, a suo avviso, di una contraddizione in termini perché “significherebbe rinunciare alla nostra strategia, ovvero a sostenere che Morsi è ancora il presidente dell’Egitto”. Per Amr Abdel Hadi – esponente del Fronte della coscienza, gruppo di intellettuali che denuncia il “golpe” di luglio – al-Sisi “ha paura di perdere le elezioni al confronto con Morsi” e quindi sarà comunque impossibile riuscire a candidare il presidente deposto.
Secondo Ahmed Mahran, docente di Giurisprudenza e direttore del Cairo Center for Political and Legal Studies, la candidatura di Morsi è “legalmente possibile” perché il presidente deposto “non è mai stato condannato e quindi gode di tutti i suoi diritti politici e civili”. Tuttavia, sottolinea Mahran che “Morsi è bruciato politicamente: tutto il suo entourage è in prigione, sono detenuti lui e tutti i suoi uomini e nessuno potrebbe fare campagna elettorale”. La sua candidatura, quindi, è impossibile.
Sulla stessa linea anche il blogger Karim El Shaer, attivista della Rivoluzione del 25 gennaio che nel 2011 portò alle dimissioni dell’ormai ex rais Hosni Mubarak. “Credo che Morsi debba essere escluso dalla politica, così come è stato per Mubarak perché il suo anno alla presidenza è stato un disastro”. I Fratelli Musulmani, prosegue, hanno comunque il “diritto di candidare un loro leader alle elezioni o di appoggiare un candidato esterno al movimento” perché “fanno parte della società egiziana e non credo siano un’organizzazione terroristica, anche se hanno messo il Paese in ginocchio. La situazione attuale dell’Egitto – conclude – è colpa dei Fratelli Musulmani che si erano alleati con i militari”.