Niente di peggio che l'incertezza per aumentare le preoccupazioni.
E' un sentimento fortemente condiviso tra i cristiani d'Egitto ma anche dai musulmani e da rappresentanti del mondo laico.
Infatti si guarda al futuro e non si trovano percorsi validi per costruire un avvenire che vada bene per tutti. Specie per la gioventù del Paese.
La vittoria schiacciante dei Fratelli musulmani e dei salafiti non incoraggia certo a pensare positivo.
Si teme, per altro, la continuazione di un esodo dall'Egitto, già iniziato dopo la rivoluzione che ha deposto Mubarak.
Ad un anno di distanza molti copti specialmente, che in Egitto hanno comunque avuto sempre vita dura, s'interrogano sulle prospettive a venire e non sono in grado di darsi risposte.
Molti giovani dei loro così lo scorso 25 gennaio hanno manifestato nelle piazze di diverse città assieme a coetanei musulmani, per chiedere la fine di un regime militare, che si è impossessato del potere.
Quella dei militari, che non perdono occasione per tirare fuori tutta la violenza possibile nei confronti delle manifestazioni organizzate dai giovani , colpevoli a loro avviso di aver favorito la cacciata di Mubarak, è una ritorsione ben calibrata per dire con chiarezza i padroni ora siamo noi.
E la cosa, quasi certamente, non avrà presto termine.
Anche le manifestazioni sportive come una partita di calcio, tipo quella giocata ultimamente a Porto Said, contro la squadra della capitale , possono divenire occasione per disordini di piazza, devastazioni, morti e feriti.
E tutti abbiamo avuto modo di vederlo in diretta-tv.
Compreso il finto rammarico di chi avrebbe dovuto impedire qualcosa come settanta morti e migliaia di feriti.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)