Ci sono delle persone che ragionano più o meno in questi termini: L’egoismo è una caratteristica essenziale della natura umana; la natura umana è immutabile; di conseguenza non potrà mai instaurarsi una società in cui, al posto del conflitto tra le persone e i gruppi, si affermi una stabile e armonica collaborazione. Il ragionamento sembra il frutto di una grande saggezza, una saggezza resa pessimista dalla conoscenza delle cose di questo mondo, ma basta guardare con più attenzione per accorgersi che invece il ragionamento non torna bene. Si intende per egoismo quell’amore di sé e del proprio comodo che porta, non solo a non aver riguardo, ma a sacrificare gli interessi altrui ai propri. Egoismo è, pertanto, sinonimo di inumanità verso gli altri. Perciò una cosa è l’egoismo, lo spirito egoista, il comportamento egoista, e un’altra cosa è la volontà che è in ciascuno di noi di soddisfare le proprie esigenze, di appagare i propri desideri. Altra cosa perché, nel secondo caso,, si tende puramente e semplicemente alla soddisfazione del proprio desiderio mentre nel primo caso si mira a raggiungere questo scopo a spese di qualcun altro. Affermando ciò qualche moralista protesterà contro tale affermazione e ripeterà che non egoistico, cioè altruistico e quindi veramente morale è solo l’atteggiamento di chi dimentica il proprio benessere per quello altrui. Questa concezione è astratta, disumana, ipocrita dei moralisti. La situazione morale ideale, nasce non già dalla rinuncia quasi ascetica all’interesse proprio, ma dalla coincidenza di quest’ultimo con quello universale, con quello di tutti gli altri. La soddisfazione dei nostri desideri nell’ambito sociale avviene sempre a spese di qualcun altro? Evidentemente no. Noi ci troviamo quotidianamente a soddisfare desideri nostri in comune con altre persone senza che il nostro vantaggio significhi svantaggio per altri; anzi in modo tale che esso significa vantaggio anche per gli altri. Questo avviene anche nella società capitalistica, la società degli egoismi più sfrenati, dove tuttavia, se non altro perché vige come in ogni altra società il principio della divisione del lavoro, si realizza necessariamente, pena lo sfasciamento, un minimo di collaborazione e di vantaggio reciproco. Quali conseguenze trarne? 1°) Vi sono, anche in una società divisa in classi, azioni umane tese al soddisfacimento di desideri, le quali non hanno carattere egoistico. 2°) Se la realtà della collaborazione, cioè del lavoro umano emancipato e solidale si sostituisce, su tutto il campo sociale, alla realtà delle competizioni, della concorrenza, dello sfruttamento, tutti gli sforzi umani diretti alla conquista del benessere perdono ogni carattere egoistico. Ora, che cosa vogliono, che cosa desiderano le persone? Vogliono sempre più pienamente appagare i loro bisogni e le loro esigenze; questo, sì, è profondamente e insopprimibilmente radicato, nella natura umana! Ma chi potrebbe seriamente affermare che le persone per loro natura vogliono la realizzazione della propria umanità, a condizione che ciò danneggi gli altri, a condizione di privare le altre persone della stessa umanità? Che cosa vogliono le persone? Le persone vogliono: cibo, alloggio, vestiario, svago, amore, possibilità di elevazione culturale, di allargamento infinito del proprio orizzonte mentale. Se le persone possono ottenere tutto ciò attraverso la collaborazione e l’emulazione fraterna, in una società costruita e regolata in modo che il lavoro di uno va a vantaggio di tutti e viceversa, perché mai dobbiamo preferire il conflitto egoistico degli uni contro gli altri? Quando l’interesse dell’uno coincide con quello di tutti gli altri si può affermare una morale nuova, una morale concreta di fratellanza umana. Qualcuno potrebbe obiettare che oltre ai bisogni sopra esposti, le persone hanno un altro bisogno, quello di esercitare una individuale volontà di potenza, di mettere il proprio tallone sulla nuca dei suoi simili, di innalzare il vessillo del proprio predominio economico e politico sulle greggi sottomesse delle persone semplici. Questa è una sciagurata balordaggine! Tale disposizione a diventare dei super uomini (forma estrema dell’egoismo) non è per nulla qualcosa di naturalmente congenito e di fatale, ma sorge storicamente e viene alimentata ed esasperata dalla stessa struttura economica e sociale delle società divise in classi. La fondamentale contrapposizione che vi domina, degli sfruttati e degli sfruttatori, consente e incoraggia lo scatenamento degli egoismi e favorisce il clima ideologico che educa [per modo di dire] e forma la mentalità del superuomo. Quando invece lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è soppresso, quando viene abolita la divisione in classi, manca il presupposto, e cioè l’accumulazione dei capitali, per acquistare potenza e dominio. Manca di conseguenza il terreno in cui possano allignare tali sentimenti rabbiosamente individualistici e antisociali. In conclusione, coloro che attribuiscono all’universale ed incurabile egoismo umano l’impossibilità di modificare in senso socialista lo status quo capitalistico, non affermano nulla di scientificamente serio. Coloro possono essere divisi in due categorie: la prima, numericamente più ristretta, è composta da quelli che, appartenendo alle classi dominanti, hanno tutto l’interesse a diffondere luoghi comuni ottenebranti per scoraggiare e disorientare i loro avversari di classe. Essi vorrebbero che gli oppressi e gli sfruttati in fondo pensassero: a che pro’ combattere per una società migliore se l’uomo è stato e sarà sempre egoista? (Si tende, cioè, allo stesso scopo a cui le stesse classi dominanti mirano, inculcando la rassegnazione cristiana). Si aggiunga inoltre che tale luogo comune , o mito costituisce per i ceti privilegiati un ottimo paravento, poiché se la natura umana è irrimediabilmente egoistica, allora tutti gli uomini sono ugualmente colpevoli e diventa quindi impossibile identificare un gruppo, una classe come responsabile di ingiustizia sociale, e scagliare contro di essa la prima pietra. La seconda categoria è costituita da quella massa purtroppo ancora notevole di persone che non hanno affatto pacchetti azionari da difendere, ma soggiaciono alla pressione ideologica dei gruppi dominanti e ripetono meccanicamente una filosofia non propria, (accettando passivamente e supinamente dall’esterno l’impronta alla propria personalità anziché elaborare la propria concezione del mondo consapevolmente criticamente, per partecipare in modo attivo alla produzione della storia del mondo ed essere così guida di se stessi -Gramsci-).
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Se al mercante vagar soltanto aggrada,
n’è turbinio di polvere la merce,
e il teatro d’un mondo che sragiona
offre solo spettacoli di pianto.
Ed è, quest’ansia folle di volare,
ala incauta di tortora smarrita,
rosso alone di lacrime di sangue
che la limpida luna se ne impiglia.
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- BIDIL MIRZA, tratto da Vita nuova -