Magazine Psicologia
Bowlby, considerando la perdita come una forma irreversibile di separazione, vede la reazione di lutto come un caso particolare di angoscia da separazione, un'angoscia che egli considera come una risposta realistica da parte di un individuo che si trova di fronte alla separazione e dunque alla perdita.Bowlby e Parkes concettualizzano il lutto come un processo scandito da quattro fasi che non sono nette, ma che nell'esperienza soggettiva si intersecano e si sovrappongono continuamente secondo percorsi non lineari:1.fase del torpore/stordimento: dura da poche ore a una settimana, puo’ essere interrotta da attacchi di collera e angoscia estremamente intensi. È caratterizzata da una reazione iniziale di shock e di incredulità, seguita poi da emozioni più intense come rabbia ed angoscia, una sorta di anestesia o disorganizzazione, per cui la persona colpita dal lutto sembra non registrare la morte avvenuta in quanto l’evento risulta troppo doloroso e forse incomprensibile.2.fase dello struggimento e della ricerca della figura persa : Può durare da alcuni mesi a qualche anno, nei quali subentrano, con la progressiva realizzazione della perdita, le cosiddette “fitte di cordoglio” (episodi di intensa sofferenza intervallati da momenti di ansia, turbamento, rabbia ed autorimproveri); si tende a ricercare la persona scomparsa ed a rimuginare ossessivamente sull’evento. Si svolge su due versanti distinti: da un lato la ricerca, dall’altro la protesta.La ricerca segue una sequenza complessa, le cui componenti sono indicate da Parkers come segue: “a) un moto incessante e un continuo scrutare l’ambiente; b) il pensiero fisso sulla persona perduta; c) lo sviluppo di una situazione percettiva centrata sulla persona perduta, cioè di una disposizione a percepire e a notare qualsiasi stimolo che ne suggerirebbe la presenza, ignorando tutti quelli che non servirebbero a tale scopo; d) il dirigere l’attenzione verso quelle zone dell’ambiente in cui sembra più probabile trovare la persona perduta; e) il chiamare la persona perduta”. Dall’altro lato, molto comune è l’espressione della rabbia, della collera che conferisce al soggetto abbandonato, l'energia psichica e comportamentale per cercare di ristabilire un contatto con la figura persa. Solo dopo aver mosso tutti i tentativi di recupero della persona perduta, il soggetto può accettare l'irreversibilità della perdita e procedere quindi nel lavoro del lutto. La collera è quindi, per Bowlby, parte costitutiva della reazione di dolore, anche quando è indirizzata verso la persona defunta. Bowlby ritiene l'espressione aperta di questo impulso una condizione necessaria per un decorso normale del lutto.3.fase di disorganizzazione e disperazione: In questa fase avviene il riconoscimento del carattere permanente della perdita, che fa comparire un senso di disperazione e di apatia, espressi attraverso l’isolamento sociale, la difficoltà di concentrazione nelle attività abituali e la mancanza di progettualità, disturbi del sonno e dell’alimentazione. È lo stadio più lungo e delicato del processo di elaborazione del lutto.4.fase di maggior o minore grado di riorganizzazione: Si assiste in misura diversa, a seconda dei casi, ad una situazione di recupero e graduale rinnovamento delle relazioni sociali e degli interessi in varie attività, come esito positivo di un processo di ridefinizione di se stesso e della realtà. Tale compito risulta doloroso, ma cruciale per il riemergere della progettualità, in quanto implica la rinuncia definitiva alla speranza di recuperare la persona perduta e di ripristinare la situazione precedente.Secondo Bowlby, il fatto che l’individuo presenti un pattern di dolore sano o problematico in seguito alla separazione dipende dal modo in cui è venuto ad organizzarsi il suo sistema di attaccamento nel corso dello sviluppo. Un processo di lutto sano ha luogo in soggetti con stile di attaccamento sicuro, mentre individui che sperimentano dolore cronico hanno imparato ad organizzare il loro sistema di attaccamento attorno all’assunzione implicita che le figure di attaccamento non siano abbastanza accessibili o degne di fiducia.
Il processo di elaborazione del lutto, in base all'intensità del legame affettivo interrotto, dalle sue modalità, e da diversi fattori protettivi o di rischio, può essere di durata e complessità variabile. Solitamente, nella sua fase acuta, viene completato entro 6-12 o anche 24 mesi in caso di perdite di figure relazionali primarie (genitori, figli, partner), anche se non sono infrequenti possibili sequele per periodi successivi; si deve comunque tenere conto che il processo di elaborazione è fortemente soggettivo, e può durare per tempi assai variabili in base a fattori personali e situazionali. Sembra quasi che nella società moderna non ci sia posto più per l'elaborazione del lutto. I ritmi fisici ed emotivi sono talmente accelerati da privare quasi la persona del tempo fisiologico necessario per arrivare ad accettare la scomparsa definitiva del proprio caro o comunque per ristrutturare un nuovo equilibrio psico-emotivo di fronte al cambiamento determinato dal lutto.Il processo di elaborazione del lutto spesso è accompagnato da uno stato depressivo, che in base alla durata nel tempo e alla qualità dei vissuti può evolvere in uno stato depressivo grave, che viene comunemente definito "lutto complicato".Si ha una condizione di lutto complicato quando la persona non riesce a ritornare a modelli di comportamento funzionali entro un anno dall'evento luttuoso e/o quando, in seguito della perdita, compaiono sintomi psicopatologici.Si tratta comunque di un'evenienza piuttosto rara: non si deve infatti scambiare lo stato di pur acuta sofferenza emotiva, anche di diverse settimane o mesi di durata, che accompagna fisiologicamente ogni lutto grave, con un lutto complicato di valenza più problematica.Bisogna, inoltre, fare una differenza tra il lutto complicato e il lutto traumatico. Il "lutto traumatico" è il lutto che si instaura a partire da un evento critico, come un decesso imprevisto ed improvviso (come ad esempio un incidente stradale o un suicidio); anche se presenta profili di maggiore complessità rispetto al lutto "normale", non necessariamente un lutto traumatico esita in un lutto complicato; spesso è comunque alla base di un trauma psicologico.In situazioni di lutto complicato o lutto traumatico, può in certi casi essere utile un sostegno psicologico. Un intervento specifico per facilitare il superamento del lutto e prevenire la comparsa di complicanze si può rendere necessario in presenza di particolari fattori di rischio e quando manca un supporto sociale valido. Bisogna considerare attentamente gli episodi depressivi insorti dopo la morte di un familiare, valutandone la gravità, la persistenza e la pervasività.
Dott.ssa Rita Manzo
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