di Mauro Baldrati
Si è aperto oggi a Milano il Mi-Fur, il Salone Internazionale della Pellicceria. Quante belle donne, sorrisi, eleganza, finezza, bel mondo, quante luci e colori, quanto charme, e quanti soldi. Del lato B di questa passerella nessuno ama parlare. Nessuno ama vedere. Gli animali che ogni anno vengono massacrati vivono in condizioni ignobili negli allevamenti. Ma questo è un particolare che annoia i manager delle pelliccerie, annoia le signore che non si perdono una prima della Scala.
Nei “famigerati” anni Ottanta, nella Milano da bere, era attivo un movimento internazionale contro le pellicce, con happening con contro-sfilate dove vere pellicce milionarie erano imbrattate di vernice rossa, e dove modelle che avevano una coscienza ecologica sfilavano con un lungo strascico di sangue sulla passerella. Si era diffusa una coscienza etica sui diritti degli animali, sull’assurdità dell’esibizione di cadaveri sul proprio corpo, tanto che molti stilisti cessarono, per qualche tempo, di produrre pellicce autentiche in favore di altre sintetiche. E le grandi dame del bel mondo esibivano i loro trofei sanguinolenti con riservatezza, con pudore, con vergogna.
Ora tutto sembra spento, dimenticato. Il mercato è risorto in tutta la sua potenza e il bel mondo è tornato a esibire le pellicce con orgoglio. Azioni di disturbo di giovani attivisti vengono liquidate come i soliti blitz di ecologisti. Se la coscienza ecologica si spegne, se donne eleganti amano passeggiare sfoggiando capi di vestiario che grondano sangue e dolore, anche il futuro della terra si spegne.
Qui un approfondimento.