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Elezioni 2013: tre possibili scenari post-voto

Creato il 18 febbraio 2013 da Candidonews @Candidonews

ELEZIONI 2013nuovo copia

Le elezioni si avvicinano ed il parlamento che uscirà dalle consultazioni eleggerà anche il prossimo Presidente della Repubblica. Partendo dalla elezione del Capo dello Stato, mi sono divertito ad immaginare tre scenari possibili per il futuro dell’Italia. Sperando non se ne avveri neanche uno.

Il Presidente Fo

ROMA 15 maggio 2013. Con 501 voti Dario Fo è stato eletto nuovo Presidente della Repubblica. Il premio Nobel per la Letteratura è stato eletto al quarto scrutinio, con la maggioranza assoluta, votato dal Movimento 5 Stelle, da Rivoluzione Civile e da alcuni deputati di Partito Democratico e Sinistra Ecologia e Libertà.

Il nuovo Capo dello Stato avrà l’arduo compito di trovare il nome nuovo capace di coagulare attorno a se una maggioranza in grado di poter esprimere un esecutivo. La crisi di governo dura oramai da dicembre, con le dimissioni di Mario Monti e lo scioglimento del Parlamento da parte dell’allora Presidente Napolitano. Le elezioni di febbraio hanno visto il trionfo del Movimento di Beppe Grillo che ha conquistato la Camera dei Deputati ed ha ottenuto più di 125 seggi in Senato. La maggioranza inesistente a Palazzo Madama non ha ancora permesso, ad oggi, la formazione di un governo. Il Presidente Napolitano, prima delle dimissioni, ha effettuato diversi tentativi andati a vuoto. Stefano Rodotà ed Antonio Ingroia hanno dovuto rinunciare dopo essere stati incaricati mentre è ancora fresco il gran rifiuto di Beppe Grillo.

Gli indici economici sono in peggioramento, la borsa ha perso circa il 20% dall’inizio dell’anno ed i vertici europei esprimono preoccupazione per l’empasse venutasi a creare.

In un breve comunicato il nuovo Presidente della Repubblica ha ribadito la necessità di avere un esecutivo ‘nel più breve tempo possibile’ altrimenti, ha affermato Fo, ‘l’unico sbocco saranno nuove elezioni anticipate’ entro la fine di giugno.

Prodi si ritira

ROMA 15 maggio 2013. Romano Prodi ha annunciato ufficialmente il suo ritiro dalla candidatura per la Presidenza della Repubblica. ‘Non sono più disponibile’ ha affermato l’ex Premier. Sulla decisione ha pesato l’ennesimo voto negativo per l’elezione del Capo dello Stato. Al quinto scrutinio, il secondo con maggioranza assoluta, il nome di Prodi ha ottenuto solo 486 voti sui 505 teoricamente a disposizione della risicata maggioranza del Governo Veltroni.

Le elezioni di febbraio avevano sancito la vittoria del CentroSinistra alla Camera. Al Senato invece la coalizione di Bersani aveva ottenuto solo 140 seggi. Da quel momento era iniziato un periodo di trattative che avevano poi portato ad un accordo Pd-Centristi per la nascita di un governo ‘a tempo’ della durata di un anno con lo scopo di riformare la legge elettorale e prendere alcune decisioni in campo economico per completare le riforme iniziate lo scorso anno dal Governo Monti.

Bersani, dimissioniario dalla segreteria democratica, aveva indicato Walter Veltroni come nome capace di unire Pd e Centristi. Vendola, smarcatosi dal progetto, aveva garantito la nascita del governo uscendo dall’aula di Palazzo Madama al momento del voto di fiducia.

La fallita elezione di Prodi al Quirinale segna la fine definitiva della alleanza tra Partito Democratico e Sinistra ecologia e Libertà. E’ chiaro come i ‘franchi tiratori’ siano arrivati dall’ala destra del Pd e da Udc e Fli. ‘Con questa decisione incredibile il PD ha posto fine alla alleanza politica con noi’ ha tuonato il Governatore della Puglia, primo sostenitore della candidatura del Professore.

Sulle sorti dell’elezione Presidenziale piomba l’incertezza. Sembra farsi largo l’ipotesi Casini ma buona parte del Pd, in primis i ‘turchi’ Fassina ed Orfini, meditano vendetta contro i complotti centristi. Il leader Udc potrebbe però trovare consensi nel campo del Pdl. I prossimi giorni saranno decisivi e c’è chi fa il nome di Monti come extrema ratio.

L’ennesimo colpo di scena del Cavaliere

ROMA 15 maggio 2013. Gianni Letta, il nome unico su cui convergeranno Lega e Pdl. Non vi sono altre ipotesi per il Centrodestra. Berlusconi ha deciso di andare al muro contro muro e non accetterà diktat da Casini o Monti. Il Caimano è il vero stratega delle manovre per il Quirinale ed è intenzionato ad andare avanti. Sulla carta il Centrodestra conta 345 deputati, 127 senatori ed alcuni delegati regionali che fanno salire il numero totale dei ‘grandi elettori’ a 499, qualcuno in meno della maggioranza necessaria per eleggere Gianni Letta nuovo Capo dello Stato dal quarto scrutinio, per il quale è necessaria una maggioranza assoluta e non quella qualificata dei 2/3 del corpo elettorale.

La strategia del Cavaliere è chiarissima. Eleggere Letta al Quirinale per avere un suo uomo nella poltrona più importante del Paese, quella che gli consentirà di nominare anche i giudici della Corte Costituzionale e che quindi potrà facilitare le riforme prodotte dal neonato governo conservatore.

Casini, Fini e Monti , seppur membri dell’esecutivo Alfano, si sono detti indisponibili nel sostenere Letta ed anzi minacciano di ritirare il loro appoggio in Senato. Casini, dal Ministero degli Esteri, ostenta tranquillità ma alcune voci di corridoio lo vedono furioso verso il Cavaliere. L’ennesimo colpo di coda del ‘Caimano’ ha messo sotto scacco i centristi. ‘O votate Letta oppure crolla tutto’ ha fatto sapere Berlusconi agli alleati di governo. Dal massimo scranno della Presidenza del Senato, il Presidente Pdl, ha manipolato la sua coalizione per costringerla a votare la ‘garanzia finale’ su inchieste ed aziende. L’ascesa dell’ex sottosegretario alla Presidenza del consiglio per Berlusconi equivarrà alla impunità permamente per i prossimi sette anni. Anche nel caso in cui, quindi, tra qualche mese si torni alle urne. L’ex Premier è fermo nella sua intenzione ‘Letta sarà l’unico candidato che avrà i voti del Centrodestra, o lui o non sarà eletto nessun’altro al Quirinale’.

La minaccia è chiara, il Cavaliere è pronto ad aprire una crisi istituzionale senza precedenti, in grado di mettere in ginocchio il nostro Paese, facendolo piombare in una crisi di credibilità insostenibile. Il tutto per difendere i suoi interessi, come da copione. Casini e Monti sanno bene che nulla lo fermerà e prima o poi cederanno all’ennesimo ricatto, per evitare il collasso dell’Italia.


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