Un presidente Dondi un po’ sibillino, che dice e non dice, ma che non si tira indietro davanti alle domande.
L’intervista è di Giorgio Sbrocco ed è stata pubblicata sul sito di Glen Grant.
Ultimi giorni da presidente per Giancarlo Dondi, prima che le urne romane esprimano il loro verdetto e indichino il nome del suo successore. “Ho scelto di stare il più possibile fuori dalla campagna elettorale – spiega Dondi – per concentrarmi sugli ultimi adempimenti legati alla mia carica in seno alla Fir e all’attività in ambito Irb che continuerà anche dopo il 15 settembre”.
*Ma un giudizio sulle forze in campo se lo sarà fatto…
-Di gente che parla e che assume posizioni in apparenza cristalline e trasparenti ce n’è tanta. Fin troppa. Il problema è che alcuni di questi personaggi promettono cose che poi non faranno e assumono impegni che poi sceglieranno di non onorare. Ed è proprio per non entrare in contatto con certa gente…per non attizzare il fuoco che cova sotto le ceneri, per non dar miccia alle polveri, che ho preferito occuparmi di altro”.
*Che lei sia schierato con il candidato Gavazzi non è un mistero…
-E non ho mai voluto che lo fosse. Sono stato io a indicare il nome di Gavazzi come mio successore. L’ho fatto nella piena coscienza di indicare il nome di una persona capace e competente, che ho visto all’opera in frangenti anche complessi e che, ne sono certo, è in grado di fare il bene del rugby italiano. Non ho altri interessi che non siano il bene del movimento. Io!
*Non le chiedo un pronostico, ma ci dica almeno se secondo lei il 15 ci sarà un arrivo in volata o una vittoria per distacco…
-Siamo partiti da una dichiarazione d’intenti di Treviso che prendeva una posizione di netta contrapposizione nei confronti della mia persona e del governo federale in carica che io guidavo…Sì, lo so, a un certo punto hanno corretto il tiro, ma la sostanza non è per questo cambiata. Non so e non voglio dare numeri o percentuali. Ma se c’è un appunto che in generale mi sento di fare a tutti i candidati è relativo al loro metodo di lavoro
*In che senso?
-Nel senso che un’elezione a presidente si prepara, prima di tutto, costituendo una compagine di governo forte e coesa. Unita intorno a un programma e certa dei rapporti di forza. Io ho sempre fatto così: quattro mesi prima del voto conoscevo e facevo conoscere a tutti i collaboratori che mi ero scelto e che, in caso di vittoria, avrebbero formato con me la compagine di governo.
*E invece oggi?
-Niente che assomigli a un metodo serio e trasparente di lavoro: candidature in ordine sparso, nomi presentati e ritirati all’ultimo momento, alleanze poco chiare, rapporti di collaborazione mai perfezionati… Ripeto: io non giudico, però…
*Ma i programmi di chi sta lottando per prendere il suo posto li ha letti?
-Con molta attenzione. C’è del buono in tutte le bozze che ho avuto modo di valutare. Insisto: i progetti vanno a buon fine se buone e brave sono le persone che li realizzano. E oneste, soprattutto! (…)
*Se glielo proporranno accetterà la carica di presidente onorario della federazione?
-Certamente, e molto volentieri. Lo considererei un onore, un modo molto bello di uscire di scena. Nella certezza di aver fato sempre e fino in fondo il mio dovere. Poi a giudicare il mio operato sarà il tempo. Un giudice molto più attendibile di quanti, a corto di dignità personale, ritengono di poter giudicare comportamenti e cose che poco conoscono e di cui quasi niente hanno compreso. (…)