Elezioni regionali – “Balena bianca 2.0″ all’orizzonte: prospettive future di un voto d’astensione

Creato il 25 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Elezioni regionali: questa volta è stato tutto prevedibile. Era prevedibile che entrambi i candidati del PD avrebbero vinto, che Berlusconi avrebbe fatto una figuraccia, che il M5S non avrebbe mai più fatto incetta di voti come dalla rara e fortuita occasione delle precedenti Politiche e che Salvini, insieme al cospicuo astensionismo, sarebbero stati i reali vincitori.
Si parla delle elezioni regionali giocate domenica scorsa in Emilia-Romagna e Calabria.
Ad un giorno dagli esiti elettorali, a bocce ferme e mente fredda, si può constatare che, almeno per una volta, la maggioranza degli analisti di settore e i principali canali di informazione nazionale, ci hanno preso.

Per quanto il premier Renzi cerchi baldanzoso di nascondere la questione e di traghettare l’attenzione dell’opinione pubblica su altri e più ameni lidi, il dato politico assai più rilevante è il cospicuo numero di coloro che hanno preferito “delegare” piuttosto che scegliere. L’astensione da record (hanno votato quattro elettori su dieci degli aventi diritto), per lo più registrata in una regione, quale la “rossa” Emilia, famosa per essere politicamente attiva, non può essere sottovalutata, e la classe politica, se non fosse quella italiana, farebbe bene a preoccuparsene. Una così esigua coda alle urne non si può addebitare soltanto alle varie “Rimborsopoli” che hanno colpito questa e quella regione – e i piemontesi ne sanno qualcosa- e alle vicende giudiziarie, poco edificanti, dei loro presidenti (sia Errani che Scopelliti si sono dimessi dopo la richiesta di rinvio a giudizio a loro carico). Sono certamente elementi di malcontento, che ha radici però ben più profonde, aggrovigliate e “romane”.
Lo stesso partito democratico, pur saldamente ancorato alla prima posizione, non è rimasto per nulla indenne a questo esodo elettorale.

Grillo, che aveva fiutato la débâcle, tanto da non essersi praticamente mai esposto nel corso della campagna di queste elezioni regionali, rimane rintanato al caldo del suo blog e si compiace di aver doppiato il risultato del 2010. Peccato che allora il M5S fosse poco più che un germoglio. Niente da fare, anche l’improbo comico genovese si è ammalato dopo qualche anno di politica, e qualsiasi scusa, pure se ridicola, sembra buona se serve ad evitare il “mea culpa”. Proprio lui che si vantava di essere l’unico collettore degli umori della gente.

Berlusconi, che non ha potuto fare campagna elettorale per le note pendenze giudiziarie, può una volta di più intestarsi la colpa di non aver permesso in tutti questi anni la nascita e la crescita di un suo erede o meglio di una nuova generazione di personalità di spicco, e quindi di lui stesso concorrenziali, per il timore gli potessero fare le scarpe. Ora che il vecchio leader deve riposarsi, il suo partito si mostra, ormai sempre più con evidenza, come una corte al suo capezzale. Lo stesso Fitto o chi, come Alfano, si è distaccato dal padre padrone, sono e rimarranno suoi prodotti e mai riusciranno a superarlo, condannati, come sono, alla perenne ricerca del “quid” che non c’è.

Salvini invece ha specularmente saputo da un lato emanciparsi dalla Lega del “Cerchio magico” che era stata asfaltata a suon di scandali e dall’altro, con notevole personalità, aggiornare e nazionalizzare, seppur strumentalmente, l’agenda del suo movimento. Ha saputo, su altro fronte, tenere testa all’altro Matteo ed essere, anche lui dopo tanti, paladino del malcontento.

L’orizzonte che sembra prospettarsi, se si desidera avventurarsi in una lungimirante previsione fondata su queste elezioni regionali, tornata parziale ma significativa, è l’inarrestabile consolidamento di un partito di centro guidato da Renzi, una sorta di “Balena bianca 2.0″, che pesca quasi di più nel bacino elettorale moderato di Berlusconi che in quello democratico, e la nascita di due astri, collocati agli estremi opposti, destinati ad essere opposizione in Parlamento: un partito di destra, lepenista, erede di quella che fu la Lega, con l’apporto di Fdi e delle frange meno lealiste di FI e uno di sinistra che raccolga i transfughi del PD in rottura con l’attuale premier, SEL, e le aree più radicali del sindacato.

Insomma, se così sarà, potremmo dire addio al tanto celebrato bipolarismo o bipartitismo. Molto dipenderà anche da coloro che questa domenica hanno optato per l’astensione.

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