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Elezioni sarde in scatola

Creato il 18 febbraio 2014 da Albertocapece

elezioni-regionali-sardegna-20141Anna Lombroso per il Simplicissimus

Inframmezzata da perentori richiami ingiustificabili a mettersi in regola con il pagamento del canone, considerando il livello della programmazione,è andata in onda ieri sera una di quelle operine morali, che dovrebbero suonare galvanizzanti per il popolo televisivo,  ambientata nelle Puglie, quindi perfetto spot per Emiliano ministro o Vendola  governatore a vita. Un ragazzo emigra in Germania in seguito a un evento drammatico della sua vita e siccome siamo sempre nel libro Cuore o in Gramellini, fa fortuna, sposa un tedesca ovviamente bionda, ha un figlio ovviamente rockettaro berlinese, assume  tratti caratteriali prussiani: rigidità, precisione, introversione, insomma un feroce rompiballe, ma una volta tornato in patria subisce  una edificante mutazione diventando creativo, visionario, sentimentale, poetico,il tutto in una antica masseria equipaggiata di trullo, all’ombra di ulivi secolari, pingui pampini di vite e grappoli d’oro nella Silicon Valley d’Italia dove se la mafia di affaccia viene subito sconfitta, il mare è sempre più blu,  le orecchiette con le cime di rapa sono sempre in tavola e l’Ilva e i suoi veleni anche morali sono  lontanissimi o pudicamente taciuti.

E’ che la televisione non registra gli stereotipi, li crea. E anche l’informazione, con una certa preferenza per quelli più spettacolari, che fanno più cassetta  o più funzionali a promuovere messaggi di propaganda di regime.

Sarà per questo che ieri Mentana in grado ormai di imbastire febbrili dirette su qualsiasi accadimento si svolga negli arcana imperii o si colleghi a eventi, macabri e dannati del filone rovinologico, ha glissato disinvoltamente sulle elezioni in Sardegna,  che suscita in lui  un qualche interesse come meta di personalità dorate o quando viene flagellata da eventi meteorologici estremi.

E dire invece che la regione è stata e c’è  da temere che sarà il laboratori sperimentale del sacco d’Italia, dove da anni di stanno alienando beni comuni, si mettono in vendita coste  e territori, con una predilezione per oasi e paradisi in terra, si manomette il sistema di regole e controlli, per permettere il più largo  e libero dispiegarsi di abusivismo e speculazione, pratica introdotta da quella cupola di pescecani nutriti e legittimati dal tycoon, con le sue ville, le sue tombe monumentali, le sue piante grasse forse carnivore, le sue personal trainer, i suoi compagni di merende e crimini non solo ambientali. A cominciare dal suo proconsole, quel Cappellacci che aveva promesso un’isola  zona franca, senza tasse e con la benzina a prezzi stracciati e  che con un blitz dell’ultima ora proprio nella giornata di chiusura dei comizi,  ha fatto adottare al suo comitato d’affari, la giunta regionale,   in via definitiva il nuovo Piano paesaggistico della Sardegna (Pps), cancellando il Piano paesaggistico regionale (Ppr) varato nel 2006 da Renato Soru. Un gioiellino tipico della festosa e tracotante sregolatezza del gruppo che fa capo al condannato: la revisione del Ppr  feat Cappellacci è stata impugnata dal governo davanti alla Corte costituzionale su sollecitazione del Ministero per i beni culturali. E  la delibera è stata approvata nonostante lo strumento non sia stato sottoposto alla Vas, Valutazione Ambientale Strategica, obbligatoria per legge e che lo priva   priva di effetti validi sul piano giuridico. Si è trattato di una forzatura certo, definita dal competitor che ha vinto, un’approvazione di cartone e scopi elettorali, ma che costringerà a riavviare procedimenti, studi, programmazione del territorio, per evitare che dopo l’alluvione piovano sulla Sardegna anche milioni di metri cubi di cemento, compresi quelli delle club house dei venticinque indispensabili campi da golf.

Ma la Sardegna è anche la regione con la legge elettorale più punitiva per i piccoli partiti   che prevede molti voti per il candidato presidente ma nessuna possibilità di ingresso in consiglio per il terzo classificato e, magari, nessuna o quasi nessuna rappresentanza per le sue liste, come ha dimostrato di sapere il movimento 5 stelle che ha disertato la competizione e come ha dovuto scoprire la Murgia, auto candidatasi come espressione di una società civile che non è andata a votarla. Michela Murgia provocatoriamente ha dichiarato che il piano Soru del 2006 e quello di Cappellacci sono uguali e simmetrico lo sfacelo attribuibile, a suo dire, all’assenza di partecipazione delle cosiddette comunità locali, altro stereotipo manicheo molto in voga, che contrappone cialtroneria, opachi interessi, corruzione dei poteri forti a organismi di base sani e virtuosi.

Per quello se c’è da temere le performance bipartisan di vecchi e nuovi dirigenti politici, eletti, governanti affiliati più che selezionati, fidelizzati più che formati, c’è altrettanto da diffidare della retorica degli autonominati della “società civile”, stiano in salse greche o locali, alcuni dei quali in buona fede, ma ammaliati dalla mitologia di genti buone, integre, incorrotte come di realtà locali oneste, equanimi, imparziali.  E c’è il sospetto che molte  probe comunità locali abbiano visto di buon occhio  il nuovo Piano,che concede licenze e scorciatoie che dice si a tutto,  promette una valanga di milioni di metri cubi di cemento in nome di uno sviluppo dissennato, dissipato e illimitato del quale pescecani e pesci piccoli equanimemente a volte sperano di poter approfittare.

Poco ce’è da sperare sulla volontà di tutelare territorio, promuovere occupazione, salvaguardare la dignità di popolo dei sardi, espressa dal nuovo presidente, intriso dei fatui luoghi comuni del neo-segretario e premier. E allora altro che società civile, altro che comunità locali, ridotte a serbatoi elettorali, devono essere i cittadini a riprendersi e difendere i loro luoghi, il loro lavoro, la loro democrazia.

 


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