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ELISABETTA I: una regina tra i padroni…..!

Creato il 30 novembre 2011 da Illcox @illcox

ELISABETTA I: una regina tra i padroni…..!

 

Potere alle donne”, articolo della rubrica di questo lunedì,  mi ha dato lo spunto per approfondire il personaggio di Elisabetta I, regina d’Inghilterra.

La sua figura è legata allo scandalo, sin a partire dalla sua nascita.

Sappiamo, infatti ,che suo padre Enrico VIII non era uno stinco di santo, oltre ad essere ossessionato dalla nascita di un erede maschio, faceva piuttosto fatica a mantenere la fedeltà alle sue amate, con questo, si spiega il motivo per cui ebbe numerose donne, che fossero spose legittime o meno, per il re ogni buco era trincea.

Per assicurare la successione regale alla sua famiglia era necessario un nascituro maschio, questo fece sì che chiedesse il divorzio dalla sua consorte Caterina D’Aragona; ciò, però ,non solo gli costò la scomunica dalla Chiesa cattolica, ma comportò anche, l’originarsi della Chiesa Anglicana di cui divenne capo.

Degli effetti sperati  nemmeno l’ombra, Anna Bolena , infatti, moglie successiva a Caterina, sfornò una bella donzella di nome Elisabetta.

Non me ne voglia male chi legga dell’ironia spregiativa nel verbo sfornare, mi limito a dipingere la donna, così come veniva vista all’epoca, una macchina prolifera, considerata solo in funzione del suo utero, contenitore confortevole e necessario per  la prole seminata.

Appunto, si tratta proprio di semi, si dice che chi semina raccoglie, si vede che Enrico VIII aveva seminato male per le sue aspettative, così non esitò a dichiarare Anna Bolena eretica, al fine di annullare il suo matrimonio e di potersi sposare di nuovo, con la convinzione che prima o poi avrebbe ricevuto un erede maschio.

Ma le vicende che seguiranno, le numerose donne che passeranno nel letto del re non sono oggetto di nostro interesse, la figura su cui voglio concentrarmi è Elisabetta I.

Divenuta regina nel 1558, portò avanti un lungo regno segnato da grandi soddisfazioni sia in ambito politico, sappiamo che ebbe la meglio su Filippo II,re di Spagna, sia in ambito culturale, inaugurando un periodo di  floridezza intellettuale, detto età Elisabettiana, che vide l’incrementarsi  della  produzione di numerosi  intellettuali di spicco.

Di certo la brutta fine della madre, pilotata dal padre e l’iniziale rifiuto di quest’ultimo di riconoscerla come figlia legittima, di certo non avrà giovato all’ideazione di una buona opinione del genere maschile in Elisabetta, che si avviava a diventare donna.

Che fossero stati questi  i motivi del suo netto rifiuto del matrimonio?  Traumi infantili rimossi, per dirla alla maniera di Freud o consapevole volontà di non condividere il proprio trono?

Di certo alla regina non mancava la dote della scaltrezza e nonostante le ripetute insistenze dei suoi funzionari, che le chiedevano di dare un erede alla corona inglese, ella escluse a priori la possibilità di prender marito.

In un clima maschilista come quello dell’Inghilterra del diciassettesimo secolo, in cui bastava essere sola o aver un aspetto non proprio avvenente per essere considerata una strega, avere una reggente donna era reputato un fatto a dir poco singolare e di qui le numerose  dicerie che correvano sulla sovrana, delle voci infamanti che screditavano la sua figura così anticonformista.

Per l’immaginario collettivo, infatti, appariva strano che una donna si mostrasse così sprezzante nei confronti delle nozze, coronamento agognato da ogni donna, l’unica  prospettiva che aveva per il suo avvenire di  fuggire dalla casa paterna.

La donna, infatti,  non poteva ambire a nulla sennonché a rimanere legata ad un uomo, non poteva crearsi una propria indipendenza economica e sociale, perché ciò era visto come un’eresia  per i canoni dell’epoca.

Non veniva stimata in qualità di ciò che era realmente, ma veniva presa in considerazione in base alla sua funzione, quella di continuare la specie.

La donna rimaneva, per l’intera vita, vincolata ad un uomo, che di fatto ne sanciva il ruolo, quello di figlia, di moglie o di puttana, l’unica riabilitazione della figura femminile  era quello di madre, ma anche in tal caso, le donne  avevano poca  voce in capitolo, soprattutto per ciò che concerne l’educazione dei figli.

Si  era ben lontano dal prototipo della donna angelo dello Stilnovismo, se quest’ultima era tale da far da tramite con Dio, la donna di quest’epoca era vista come forte tentazione per l’abisso del demoniaco, portatrice di  epidemie, in virtù del suo corpo freddo ed umido, più adatto a covare malattie.

Proprio quell’utero così importante per la procreazione, era indice di instabilità emotiva, di incostanza e irritabilità, caratteristiche che si scontravano con la presunta razionalità dell’uomo, che in virtù delle sue doti era più adatto a governare lo Stato.

La sua femminilità era la più grande pecca per Elisabetta I che, nonostante fosse stata incoronata regina , rimaneva pur sempre una donna dotata di un corpo debole e poco avvezzo alla fatica, facile all’isterismo..

Ella spiegava, nei suoi discorsi pubblici, di avere sembianze femminili ma di incarnare un ruolo maschile come quello che compete a un reggitore dello Stato, grazie alle sue brillanti doti oratorie, infatti,  rispondeva con sarcasmo ed  intelligenza ad ogni provocazione.

Sappiamo che circolavano voci, che la volevano con menomazioni  fisiche e con un ciclo irregolare ,che la accusavano di essere matricida alla stregua delle streghe.

Il mito della Virgin Queen era semplicemente un mito, d’altronde essendo figlia di quello stallone di Enrico VIII sarebbe stato difficile trattenere le pulsazioni del basso ventre, infatti ,secondo alcuni, la regina periodicamente si sarebbe recata in campagna con il pretesto di far visita agli abitanti, per nascondere le gravidanze e partorire lontano dai riflettori del regno, così vigile ad ogni suo errore.

Ella si proclamava consacrata a Dio e madre dei suoi sudditi, d’altronde come avrebbe potuto crearsi  una famiglia senza trascurare il suo popolo, i suoi veri figli ?…Il suo, come avrebbe detto lei stessa, era un sacrificio consapevole, un atto d’amore alla sua patria.

Come negare che la regina Elisabetta fosse una grande paraculo(concedetemi il termine), come negare che solo chi riesce a stare in solitudine sa amare sé stesso ed è in grado di amare profondamente anche gli altri?

Se la solitudine di Elisabetta fosse stata una solitudine sana e non la maschera,dietro cui celare la sua smania di potere, di certo sarebbe stata più apprezzata,  ma non per questo, la sua strabiliante abilità nel mantenere la propria  autonomia è da mettere sotto torchio.

A volte, l’unico motivo, per cui gli esseri umani si legano, è  la paura di rimanere soli, lasciano per vigliaccheria, dopo aver risucchiato tutto ciò che l’altro poteva offrire e volano verso nuovi orizzonti con la speranza di riempire quel vuoto insaziabile che li attanaglia.

Ma la solitudine,  non è un morbo da scongiurare,  la vera malattia è l’incomunicabilità, l’impotenza che cuce le parole dentro una sacca impermeabile e non permette di  farle arrivare al cuore del nostro simile e di instaurare un contatto, l’impossibilità di non sentirci nient’altro che soli.

Che la si voglia chiamare solitudine, voglia di indipendenza o semplicemente coraggio, è il principio ispiratore di donne, come Elisabetta I, che hanno osato dispiegare la matassa dell’incomunicabilità tra ruoli imposti , prendendosi  gioco di norme predefinite sin dagli albori, ma che nessuno ha poi mai dettato.

Bastava chiedersi il perché di questa totale sfiducia nel genere femminile e capire che protagonista torna sempre la paura, la cosiddetta paura dell’ignoto, perché  magari sin dal passato, si aveva il sentore che dietro la gonnella si nascondesse un enorme potenziale.

Bastava chiedersi il perché ed agire…Elisabetta non si chiese mai il perché, si limitò ad agire come un uomo e a pensare come una donna.


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