Già in precedenza ci siamo occupati, qui e qui, di come il contraccettivo di emergenza EllaOne, la cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo”, possa essere considerato a tutti gli effetti un vero e proprio abortivo, come anche il dott. Renzo Puccetti ha voluto sottolineare. Oggi ci vogliamo soffermare invece su alcuni aspetti che in pochi sanno ma che sono indispensabili per comprendere il raggiro perpetrato ai danni della donna.
OMS e spostamento dell’inizio della gravidanza
In passato la fecondazione (che è l’incontro tra spermatozoo e ovocita con conseguente concepimento di un nuovo organismo) era considerata come il momento di inizio della gravidanza. Non è difficile infatti pensare intuitivamente alla gravidanza come il periodo in cui il nuovo organismo concepito cresce all’interno del corpo materno dal quale è nutrito e sostenuto o, per dirla in breve, come il periodo che va dal concepimento al parto. Anche per l’OMS era così fino al 1985, anno in cui ha invece cambiato la definizione di gravidanza spostandone l’inizio: essa infatti non inizia più con la fecondazione, ma con l’impianto dell’embrione nella parete uterina, che avviene circa una settimana dopo! Venne così molto furbescamente aggirato l’ostacolo bioetico insito nei nuovi contraccettivi ad azione anti-impianto che iniziarono ad essere sperimentati proprio in quegli anni: in base a questa nuova definizione, qualsiasi farmaco che uccida l’embrione prima di impiantarsi in utero non è più considerato abortivo (per abortivo si intende ciò che interrompe la gravidanza), ma contraccettivo (cioè in grado di prevenire la gravidanza), mentre diventano tecnicamente abortivi solo i farmaci che uccidono l’embrione dopo l’impianto! E, per differenziare la vera contraccezione, quella che cioè impedisce la fecondazione da questo vero e proprio aborto mascherato, è stato coniato il termine di “contraccezione di emergenza” (o “contraccezione postcoitale”), che è quella “contraccezione” che avviene anche dopo la fecondazione.
Il dibattito sulla data di inizio della gravidanza è in certo senso fuorviante, perché distrae dal problema vero creato dall’uso di questa nuova pillola, che è il destino del concepito: infatti che differenza c’è tra uccidere un concepito prima o dopo l’impianto? Bisogna invece considerare la realtà dei fatti e cioè che, grazie al termine di “contraccettivo d’emergenza”, le potenziali consumatrici crederanno di scongiurare tranquillamente il concepimento, così come avviene con la contraccezione classica, sebbene sia l’esatto contrario: con EllaOne la possibilità di concepire un figlio è assolutamente concreta. La nuova definizione di gravidanza data dall’OMS infatti nulla toglie a quel che si persegue attraverso l’utilizzo degli antinidatori come EllaOne: la morte del nascituro, che già esiste anche se non si è ancora impiantato in utero. Inoltre questo spostamento è stato motivato col fatto che il corpo materno inizia la sua relazione con l’embrione solo con l’impianto, ma è evidente che non è l’annidamento che fa dell’embrione il suo essere embrione, e non è una relazione (quella madre-figlio che si stabilisce con l’impianto) a determinare l’esistenza di un soggetto. In aggiunta va ricordato che non è l’impianto a stabilire la relazione biologica fra la madre e il figlio, in quanto quest’ultimo stabilisce fin dal concepimento un intenso dialogo biologico con lei: la madre infatti, mediante secrezione di progesterone, contribuisce allo sviluppo del concepito prima ancora che si impianti, esaltando specificatamente le secrezioni tubariche ed uterine necessarie al suo nutrimento e sviluppo.
Perciò la definizione di gravidanza dell’OMS è solo strumentale a rendere l’aborto precoce una pratica priva di rilevanza etica, è cioè solo un ingannevole gioco di parole. Da notare infine come la stessa OMS si contraddica nel momento in cui dice che in generale la durata della gravidanza viene considerata di 266 giorni dalla fecondazione: ma se si dice che la gravidanza è il periodo di vita in utero del concepito, perché la si calcola a partire dalla fecondazione e si parla di 266 giorni di durata, piuttosto che 259 (i reali giorni di vita intrauterina del concepito)?
Test di gravidanza: un’ingannevole rassicurazione per la donna
In Italia l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha stabilito che il medico, prima di prescrivere EllaOne, ha l’obbligo di verificare l’assenza di una gravidanza preesistente attraverso l’esito negativo di un test a base di β-hcg che la donna può effettuare anche con un semplice stick sulle urine, reperibile nelle farmacie. Si penserà che, visto il potenziale effetto abortivo di Ellaone, l’AIFA voglia assicurarsi che le consumatrici non siano incinte, in modo tale da essere sicuri che la pillola agisca secondo il meccanismo antiovulatorio piuttosto che col meccanismo antinidatorio. In realtà non è così, in quanto il test di gravidanza sarà sensibile almeno 7 giorni dopo il concepimento: questo perché, le β-hcg vengono prodotte solo a partire dal 7° giorno dal concepimento, cioè solo a partire dall’annidamento in utero dell’embrione. È quindi scontato che, se la pillola viene assunta entro i 5 giorni successivi al rapporto a rischio di gravidanza, il test obbligatorio prescritto risulterà sempre negativo, cosa che non esclude affatto la presenza di un embrione, ma solo il suo impianto in utero; e questo è un enorme inganno per la donna che verrà raggirata da una rilevazione fasulla che le farà pensare di non aver concepito e di non eliminare alcun embrione attraverso la pillola. Ma allora perché l’AIFA richiede il test se in questi 5 giorni è inutile eseguirlo?
EllaOne ed RU486 sono sorelle
La risposta ce la dà il dott. Bruno Mozzanega, il quale fa notare come in realtà EllaOne (ulipristal acetato, UPA) abbia una struttura chimica quasi sovrapponibile a quella della famigerata RU486 (mifepristone), la pillola abortiva in vendita in Italia già dal 2009, e per questo ribattezza da Jerome Lejeune come “pesticida umano”. Come fa notare Mozzanega infatti, sebbene UPA non sia stato ancora sperimentato nella interruzione di gravidanza, «non si può negare che a livello di utero e di procreazione i suoi effetti siano sovrapponibili a quelli della RU486». «Se per l’interruzione chimica della gravidanza – continua Mozzanega – si utilizzano 200 mg di RU486, è verosimile che lo stesso quantitativo di UPA sia in grado di sopprimere, in eguale modo, l’embrione». Mozzanega poi fa notare che «è certamente legittimo – in termini di marketing – il tentativo, da parte dell’Azienda produttrice, di tenere distinte le due molecole gemelle: una, la RU486, ormai poco “presentabile” dato il suo utilizzo nell’aborto chimico, e l’altra, Ulipristal, da mantenere “esente da richiami all’aborto”. Ma è un problema di pura e semplice immagine, dal momento che è ben chiaro che le due molecole sono egualmente efficaci nell’impedire la sopravvivenza dell’embrione in utero».
È facile comprendere allora che se l’AIFA richiede il test è perché vogliono evitare che donne consapevoli di essere incinte durante i primi 2 mesi di gravidanza tentino di abortire illegalmente a casa proprio con UPA, fingendo di avere avuto un rapporto nei 5 giorni prima per ottenere EllaOne al posto dell’RU486, quest’ultima pillola molto più scomoda per abortire dato che può essere somministrata solo in ambito ospedaliero e con obbligo di ricovero. A tal riguardo si consiglia di visitare il sito web www.pilloladei5giornidopo.it e la visione di questo video esplicativo del Comitato Verità e Vita e .
Raffaele Marmo