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Elogio secondo di Paperon de Paperoni

Creato il 18 dicembre 2012 da Paperoga

UncleScrooge1

Premessa: anni fa lessi un breve articolo di Alessandro Baricco (di cui ho sempre amato articoli e recensioni letterarie, molto meno i suoi romanzi) su Repubblica, il quale si produceva in un divertente elogio di Zio Paperone. Un articolo che rifletteva e riflette le stesse mie impressioni, da lettore Disney sin dagli anni dell’infanzia. Benchè Paperino rimanga un frustrato, accidioso perdente e genialissimo personaggio, e Paperoga rifletta quell’inadeguatezza cronica alle pretese del mondo in cui mi riconosco alla perfezione, Zio Paperone rimane il mio personaggio dei fumetti preferito in assoluto.
Senza pretese di originalità, dunque, sull’esempio dello scrittore piemontese, mi accingo a continuarne l’elogio, frutto delle ultime furibonde letture di Classici Disney comprati davanti al lavoro (si, Sunofyork, ho sputtanato in un mese quasi 30 euro a comprare vecchi fumetti usati sottratti all’università di nostra figlia).

Zio Paperone è il migliore. E non certo perchè ha i soldi. Per carità, ha accumulato fantastiliardi, incredibilioni, addirittura spaventosiliardi. L’altezza dei soldi accumulati nel suo deposito si misura in decametri con un ecoscandaglio, in un piccolo oceano dove ci si tuffa, si nuota, ci si immerge con maschera e boccaglio, a volte si rischia di annegare. L’unità di misura di quel gigantesco deposito non sono i decini o i dollari, ma gli enormi sacchi accumulati alla rinfusa dietro la sua scrivania o davanti all’ingresso della cassaforte.

Ma, appunto, è tutto accumulato, immobile, inutilizzato. Perchè a pensarci bene i soldi di Zio Paperone non servono a nulla, anzitutto perchè lui non li spende. Oggetti di arredo, spesso di culto, realtà statica al massimo da moltiplicare, i soldi di Paperone sono sottratti al loro normale utilizzo, e giacciono a sollazzare l’evidente mania ossessiva-compulsiva del papero col cilindro. In questa condizione di plateale dipendenza da una droga, mi pare non ci sia nulla da invidiargli.

Zio Paperone però è affascinante. E non certo perchè sia un capitalista. Anzi, per molti versi non lo è, o non lo sarebbe stato in altre epoche. E’ capitalista per necessità, compete e rischia perchè è l’unico modo di guadagnare nel XX secolo, ma la sua anima è quella del latifondista, dell’accumulatore di ricchezze. Il suo rapporto fisico con la sua ricchezza, l’ansia di accumulare altro denaro, lo fanno assomigliare, ben più che ad un capitalista americano a cavallo tra le due guerre, ad un Mazzarò verghiano, il quale si limita a sostituire il denaro con un concetto più ampio e non meno patologico di “roba”. Quando investe denaro si deprime perchè i soldi escono materialmente dal suo deposito, e passa i mesi ad aspettare il loro ritorno.

Lasciamo perdere dunque il denaro di zio Paperone e il fatto che sia un miliardario. Sarà importante per lui, ma per me è una variabile.

E’ il carattere di Zio Paperone a renderlo uno straordinario prototipo antropologico.
Zio Paperone, come sottolinea Baricco, è l’emblema dell’eccesso caratteriale. Le sue emozioni sono sempre spinte all’estremo, le sue reazioni mai controllate, mediate, filtrate. La rabbia di Paperino, incontrollata ma destinata rimanere insoddisfatta, in Paperone diventa strepito, la depressione si muta in continuo tentativo di suicidio, la paura diviene terrore, la felicità giubilo animalesco, tripudio da parata.
Riempie enormi catini di “lacrime amare”, scava profondi fossati a furia di camminarci attorno, si autoinfligge formidabili craniate sul muro sino a creparlo.
Zio Paperone non è solo irascibile, diffidente, calcolatore, misantropo, arido. E’ così solo quando è di buon umore. Ma quando è minimamente interessato a rimpinguare i suoi averi, Zio Paperone è politicamente scorretto fino all’inganno, alla malafede e sopratutto all’uso reiterato della violenza. Trent’anni di storie lette e una laurea in giurisprudenza dopo, posso affermare che ci sono ben pochi reati sanzionati dal codice penale che il vecchio taccagno non abbia commesso: truffa, anzitutto, ma anche, frode fiscale, sequestro di persona, circonvenzione di incapace, furto, violenza privata, minacce, lesioni personali, percosse, ricettazione, appropriazione indebita, riduzione in schiavitù, rissa, disastro ambientale, incendio doloso, usura, corruzione, maltrattamenti, ingiuria, diffamazione semplice e a mezzo stampa, violazione di sigilli, estorsione, abuso edilizio, e persino evasione. Manco Al Capone.
A questa spiccata attitudine a delinquere, Zio Paperone aggiunge una naturale ed americanissima propensione all’utilizzo della violenza e delle armi in particolare. Le sue reazioni di rabbia spropositata trovano nelle armi una naturale estensione ed espressione. Paperone spara ai ribaldi, cannoneggia gli intrusi, ne catapulta fuori gli scocciatori, mina il recinto del suo deposito, insegue brandendo mazze chiodate, clave, asce e spade, sforacchia i ladri a suon del fido archibugio.
Ma anche senz’armi, Paperone è una furia. E’ capace di spedire Paperino trenta metri fuori dal deposito con un solo calcio,  tira il collo agli scocciatori col bastone da passeggio, spiuma (a volte letteralmente) i debitori,  mazzola uno ad uno i Bassotti, si azzuffa come un balordo in strada con Rockerduck.
La sua forza è incontenibile. La sua costanza supera persino la forza. E’ capace di inseguire per mesi, armato di clava e segugio,  un Paperino  fuggito sulle montagne rocciose per qualche debito o guaio commesso. Paperone non dimentica, ha tutto sotto controllo, fonde il registratore in continui controlli di cassa, riconosce le sue monete una ad una, scopre gli ammanchi con uno sguardo, sbugiarda i guai di Paperino con la sola forza dell’intuizione.
Papero dalla visione immaginifica, dai complessi progetti finanziari, dalla fine mente giuridica (memorabili le postille diaboliche nei contratti col nipote) costantemente in guerra coi nemici e con il proprio terrore di perdere il suo “peculio”, Paperone è un vincente condannato a non poter godere dei suoi trionfi, nonostante per questi trionfi faccia a pezzi ogni morale, senso della famiglia e a volte anche dell’onore.
Ma rimane l’emblema dell’astuzia e dell’imbroglio, della mancanza di scrupoli, della genialità e della capacità di adattamento, di un’avidità creativa e passionale, di una volizione che non conosce pause, di una fame atavica e inestinguibile che di solito contraddistingue il povero, affligge il disperato, domina come un demone forso solo lo spiantato. ps. ringrazio tutti quelli che, tramite questo blog, si sono uniti alla gioia mia e di sunofyork per la nascita di nostra figlia, la quale, inevitabilmente, sarà oggetto dei prossimi post….  

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