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Emergenza Siria. USA pronti a intervenire.

Creato il 27 agosto 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Sono immagini di molti cadaveri quelle arrivate in questi giorni dalla Siria. Troppe poche perchè la nostra mente possa abbracciare la realtà di 1300 persone ammazzate col gas.

Medici Senza Frontiere, in una nota, informa che Circa 355 pazienti con “sintomi neurotossici” sono morti in Siria negli ospedali dove opera la stessa organizzazione.  Nella disperazione dei familiari delle vittime ancora non si conosce una verità che possa definirsi tale su quanto accaduto mercoledì scorso.

Il tentativo dell’ONU di far accedere un team di ispettori al luogo dell’attacco si è sbloccato solo ieri, con un ritardo imperdonabile secondo lo stesso Presidente Ba-Ki Moon, ma soprattutto secondo l’asse Washington-Londra.

Siria, Stati Uniti, Guerra

Photo credit: Christiaan Triebert / Foter / CC BY

La prima “certezza” dell’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad arriva da Londra. Da queste dichiarazioni si sono dipanate una serie di dichiarazioni e provvedimenti da parte di molti Paesi della comunità internazionale. Stati Uniti, Inghilterra e Francia hanno avviato una raccolta di informazioni parallela a quella dell’Onu, analizzando  campioni di tessuto e prove video fornite dai ribelli siriani.

La presa di posizione più dura arriva però dagli USA: in un primo momento si erano mantenuti imparziali, ma le decisioni di Obama nelle prossime ore potrebbero avere gravi conseguenze sulla situazione mediorientale. Il team per la sicurezza nazionale, convocato da Obama,  aveva dichiarato in un comunicato: “Una volta fatte le verifiche il presidente deciderà la risposta. Vi è una serie di opzioni disponibili e le decisioni che prenderemo saranno in linea sia con i nostri interessi nazionali sia con gli obiettivi che vogliamo raggiungere in Siria”. Al comunicato sono seguite una serie veloce di operazioni: la flotta statunitense è stata spostata più vicino alla Siria, per prepararsi all’eventuale decisione di Obama di ordinare attacchi militari. Un’eventualità che il Segretario della Difesa Hagel ritiene possibile.

Il New York Times aveva in merito riferito che una delle possibilità prese in considerazione dagli USA sarebbe un c.d. Modello Kosovo, cioè molto simile alla guerra aerea perpetrata dalla Nato contro la Serbia nel 1999: le incursioni aeree ordinate da Clinton all’epoca, per “proteggere la popolazione civile”, durarono 78 giorni. Il Modello Kosovo permetterebbe così di scavalcare il probabile veto della Russia (ed eventualmente della Cina) in Consiglio di Sicurezza.

“Il presidente Obama ha chiesto al dipartimento della Difesa – afferma Hagel – di preparare opzioni per tutte le emergenze”. “Lo abbiamo fatto e siamo preparati a esercitare qualsiasi opzione, se il presidente decidesse di attuare una di queste”, ha sottolineato il segretario alla Difesa americano. Per prendere una decisione definitiva Obama ha convocato questo weekend un vertice dei consiglieri per la sicurezza. A proposito dell’intervento Martin Dempsey, capo di Stato Maggiore delle interforze, aveva espresso le sue perplessità sull’intervento, in quanto i ribelli siriani non sono (notoriamente) sostenitori degli interessi degli Stati Uniti. Il risultato del vertice dispone che “ci sono pochi dubbi sull’utilizzo delle armi chimiche da parte del governo di Assad”. L’ago della bilancia pende così in modo preoccupante verso l’intervento.

Intanto oggi il governo siriano ha autorizzato le ispezioni Onu sul luogo del presunto attacco. Le ispezioni, conquistate con un accordo tra l’Alto Rappresentante Onu per il disarmo Angela Kane e il governo di Assad, saranno condotte dallo svedese Ake Sellstrom. Il via libera arriva però troppo tardi secondo Washington e Londra, per cui se ci fossero state tracce compromettenti per il governo si sarebbero potute tranquillamente occultare. Alla possibilità di un intervento USA ha così replicato il ministro dell’informazione siriano: “Attaccare la Siria non sarà un pic-nic per nessuno perché ci sarebbero gravi ripercussioni e infiammerebbe tutto il Medio Oriente. La pressione americana è una perdita di tempo, noi proseguiremo la nostra lotta al terrorismo fino alla fine”. Damasco accusa infatti i ribelli dell’attacco chimico di mercoledì ed è in questo sostenuta strenuamente dall’Iran, che ha lanciato un severo monito agli Stati Uniti: Mossoud Jazayeri, vicecapo di Stato Maggiore delle forze armate iraniane, ha avvertito Obama di non sorpassare la linea Rossa dell’intervento per evitare spiacevoli conseguenze.

L’altro stop agli Stati Uniti arriva ovviamente dalla Russia, che si era da subito schierata contro l’intervento armato e le pressioni sul Consiglio di Sicurezza. Anche Mosca ha avvertito gli Stati Uniti di non scatenare una guerra in Siria, con conseguenze devastanti per il Medio Oriente.

Ma un ulteriore stop arriva dalla Germania, dove la cancelliera Angela Merkel auspica ad una soluzione politica, chiedendo l’intervento celere degli ispettori Onu.

Da ultimo sono arrivate le reazioni di Israele, nella persona del presidente Benyamin Netanyahu: “Il mondo non deve tollerare l’uso delle armi chimiche in Siria: Israele è pronto e sa come difendersi. Ciò che succede in Siria è una tragedia e un crimine orribile: questo non può continuare. Ai regimi più pericolosi vanno proibite le armi più pericolose. Ci aspettiamo questo stop. Noi siamo pronti. Sapremo sempre come difendere noi stessi”.

Intanto in Siria, il fronte jihadista di al-Nusra, affiliato ad al-Qaida, ha promesso di vendicare gli attacchi chimici del regime di Damasco colpendo i villaggi alawiti, gruppo religioso a cui appartiene il presidente Bashar al-Assad.

Nel frattempo restano le immagini di quei bambini a cui il gas sembra aver soffiato via la vita, immagini che non dovrebbero andarsene tanto presto dalla nostra memoria.

Articolo di Sara Martinetto


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