Pubblicato da giovanniag su novembre 25, 2011
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Intervista a margine di Giovanni Agnoloni
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«La lettera di Zola è il più grande atto rivoluzionario del secolo»
a cura di Massimo Sestili
Prefazione di Roberto Saviano
Firenze, Giuntina, novembre 2011
ISBN 978-88-8057-423-1
Є 9,90
Zola nel suo J’accuse indica con nome e cognome i responsabili della condanna di un innocente e chiede di essere portato in giudizio, firmando una delle più grandi requisitorie contro la ragion di stato che siano mai state pronunciate. Una denuncia che rimarrà nella storia, da un lato per la forza e il coraggio che esprime nel voler difendere i valori di Giustizia e di Libertà e, dall’altro, per il richiamo al principio di responsabilità degli intellettuali, che da questo momento percepiscono il loro ruolo all’interno della società in modo del tutto diverso, fino a raggiungere nel corso del Novecento un peso sempre maggiore soprattutto nei momenti in cui la loro protesta è riuscita a saldarsi con la politica.
dalla introduzione di Massimo Sestili
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Intervista di Giovanni Agnoloni al Prof. Massimo Sestili:
- La lezione di Zola si riverbera sul presente come un messaggio fuori dal tempo eppure fin dentro al midollo di ogni attimo di storia. Come la si leggerebbe, oggi?
Per comprendere l’attualità della lezione di Zola è sufficiente sfogliare i giornali, o guardare i “salotti” televisivi: è veramente difficile trovare voci discordanti e plurali. L’opinione la fanno per lo più giornalisti pronti ad inchinarsi al satrapo di turno. Gi storici sono stati praticamente esclusi dal dibattito pubblico e la materia delegata a giornalisti che in molti casi non hanno mai varcato la soglia di un archivio.
In questo panorama dell’informazione, senz’altro peggiore di quello contro cui si batteva Zola, c’è da registrare la debolezza della politica, sempre più incapace di opporsi ai gruppi bancari che decidono del nostro presente e del nostro futuro.
Infine le forti limitazioni al diritto di cittadinanza che in alcuni casi sfiorano il razzismo e lo schiavismo. Zola si trovò a contrastare il pericolo antisemita, la violenza verbale e non solo nei confronti degli ebrei, ma oggi la situazione in Italia non è migliore se guardiamo ai milioni di immigrati che vivono nel nostro Paese. Ma tutto ciò non solleva né indignazione né proteste.
In sostanza l’appello all’impegno da parte di Zola in difesa della Repubblica, in nome di valori universali quali la Verità e la Giustizia, oggi è più che mai attuale di fronte alla grave crisi della democrazia che stiamo vivendo. Zola ebbe la forza di spostare il campo politico sulle sue posizioni, di aggregare tanti intellettuali, diede la frustata decisiva per far vincere il fronte dreyfusardo. Purtroppo, lo dico con amarezza, oggi non vedo in Italia neppure un piccolo Zola, anche perché spesso alle voci dissenzienti non viene concesso spazio.
- La tua passione per la Storia si tinge di forti coloriture sociali e di una spiccata sensibilità per gli esclusi. Quale spazio (o quale speranza di trovarne), alla luce dei recenti sviluppi della storia del nostro paese, hanno queste componenti emarginate, a tuo avviso?
In Italia il problema è più accentuato per la debolezza culturale del paese che ha radici storiche profonde, ma riguarda tutti i paesi sviluppati. Gli esclusi e gli emarginati, o gli sfruttati, hanno migliorato la loro condizione in termini economici e sociali quando la politica è riuscita a svolgere in pieno il suo ruolo: prendersi cura del bene comune. Oggi a prevalere sono gli interessi individuali, egoistici, e la crisi economica che stiamo attraversando rischia di accentuare ancora di più questo aspetto deleterio perché ognuno pensa a salvare sé stesso.
Il capitalismo negli ultimi quarant’anni ha modificato profondamente la coscienza delle persone, da una parte facendo leva sui bisogni indotti che hanno portato ad un consumismo incontrollato e incontrollabile, dall’altra creando modelli culturali funzionali alle esigenze economiche. Lo svilimento della cultura, della scuola e della Università pubblica, non sono altro che il risultato, voluto, da un sistema economico che non tollera dissensi e coscienze critiche.
Ma in Italia c’è un di più che si chiama criminalità organizzata. Le mafie sono sempre più forti e in grado di condizionare le scelte economiche e politiche. Quanti hanno coscienza della gravità di questo fenomeno? Fortunatamente abbiamo ancora realtà impegnate su questo fronte, come l’associazione Libera di don Luigi Ciotti, o un intellettuale come Roberto Saviano. Ma per vincere questa guerra abbiamo bisogno dell’impegno di tutti i cittadini.
Per l’immediato futuro sono piuttosto pessimista: non può esistere una sinistra senza una politica forte, in grado di promuovere un cambiamento, di prospettare un altro presente e un altro futuro. Tuttavia, l’antidoto al pessimismo della ragione è sempre l’ottimismo della volontà, per cui bisogna continuare a lavorare, come fece Zola, anche quando sembra tutto inutile perché l’avversario è troppo più forte.
- Che ruolo ha oggi la letteratura, nel risveglio delle coscienze ai problemi delle componenti emarginate della nostra società?
Non mi sembra di vedere all’orizzonte un gruppo di scrittori che si interessino a questi temi e che possano svolgere un ruolo simile a quello del neorealismo o dei romanzi di Pasolini sulle borgate romane. Dobbiamo ricorrere sempre al passato: Manzoni, Verga, Sciascia, Pasolini.
La condizione degli emarginati è oggetto di rare inchieste giornalistiche ma non certo di romanzi a larga diffusione. Chi scriverebbe oggi I miserabili o Germinal? Chi parlerebbe di miseria e soprusi, anche se avvengono davanti ai nostri occhi, in un mondo di luci e stelle filanti?
Quindi la letteratura può svolgere senz’altro un grande ruolo ma a condizione che si riappropri di temi sociali. Mi piacerebbe leggere un romanzo che parli delle tante persone che quotidianamente si aggirano per Roma a rovistare tra i cassonetti della spazzatura, e non sono solo stranieri, ci sono sempre più italiani.