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Emilio Coco - Mi chiamo Emilio Coco, nota di Rita Pacilio

Da Ellisse

Emilio Coco - Mi chiamo Emilio CocoEmilio Coco - Mi chiamo Emilio Coco (Me llamo Emilio Coco) le gemme – Collezione di quaderni di poesia a cura di Cinzia Marulli Ramadori Edizioni Progetto Cultura, 13 - 2014
Ci sono luoghi della poesia che riferiscono in modo netto racconti complessi e angosce filosofiche dell’intero mondo, infatti tracciano linee creative semplici, ma con profondità e pienamente, partecipando alla vita direttamente e attraversando le storie degli uomini e delle cose. Emilio Coco, poeta di Foggia, autore della plaquette nata per la collezione le gemme curata da Cinzia Marulli per Edizioni Progetto Cultura, dal titolo Mi chiamo Emilio Coco (Me llamo  Emilio Coco) è, a mio avviso, molto coraggioso a consolidare il reale con i ricordi in un cammino di visione che diviene argomento letterario e, al tempo stesso, materia spirituale. In queste preziose forme espressive, introdotte e tradotte da Marco Antonio Campos, sono evocate densità di immagini e presenze di creature indimenticabili che percorrono concertazioni di mondi costituendo la mirabile sintesi della poetica del novecento. Il soggetto e l’oggetto si identificano nella conversazione diretta e indiretta con Dio: il destinatario/lettore è l’attore socialmente vicino all’autore che  partecipa in modo intimo allo status elevato di coloro che fanno esperienza della proiezione del mondo narrata, rivelata. La fusione è totale, intima, partecipe. L’autore modula la tonalità e l’intreccio della sua voce, non solo umana e meccanica, ma, soprattutto, voce poetica/corpus esuberante e creativa, costantemente mista di filologia e natura, all’irrefrenabile e marcata grazia della Luce: Ti rendo grazie Signore con tutto il cuore (Salmi, 138 di Davide). Coco uniforma tutta la sua silloge alla comunione ritrovata e possibile con la gioia della vita promessa, per questo motivo ringrazia il Signore evocandolo quasi come fosse ventre materno, quiete, preghiera e pace necessaria all’ispirazione e alla libertà di tutto ciò che apparentemente è imbrigliato nello schema bruto e orrido della società (distribuiva amore/ai neri e agli sbandati/per il modico prezzo di cinque euro). Liberandosi da ogni artificio poetico, con immediatezza di espressione, posa lo sguardo sul quotidiano contemplandone i cambiamenti, valorizzandone le differenze temporali, le valenze comunicative nella freddezza della vita di una prostituta o di una commessa, senza mai giudicare. Il principio della semplicità è la regola che orienta tutta la forza di questi versi che sanno affrontare il tempo e lo spazio fuori e dentro la memoria: solo in questo modo è possibile comprendere quanta promessa possa farci la vita e quanto desiderio possa essere recuperato e contenuto dall’energia vitale del creato. (rita pacilio)
MI CHIAMO EMILIO COCO
e vivo in un palazzo al terzo piano
di via La Piscopia 89.
Ho insegnato francese per circa quarant’anni
ma ho amato sempre e solo lo spagnolo
e ho lasciato la scuola senza molto rammarico.
Non ho urgenza di sveglia la mattina.
Mi sorbisco un tazzone d’acqua calda
e faccio colazione 
con caffellatte e  fiocchi di frumento
che assicurano – è scritto sulla scatola –
un pieno di benessere.
Poi vado in bagno e apro il rubinetto
per lavarmi la ruggine degli anni
ma dalle stecche della tapparella
la luce mi aggredisce col suo scherno.
Mi siedo al tavolino e mi spremo il cervello
cercando un verso bello
presto desisto, è meglio concentrarmi
su qualche messicano
cileno o uruguaiano,
da un anno a questa parte
non m’intrigano più i castigliani.
Dopo cena, mi allungo sul divano
e m’addormento 
a ogni trasmissione
sia fiction, annozero o porta a porta.
Il sabato non faccio più la doccia,
assolvo ai miei doveri coniugali 
non settimanalmente
ma come e quando posso
né mi creo problemi se fallisco.
Inaspettatamente mi soccorre
un mormorio di sangue
se tento una carezza sul suo corpo
e anche se non risponde
mi esalto allo scoprirmi ancora giovane
per non aver perduto il desiderio  
di ritrovarla sotto le lenzuola.
Poi torno su quel verso mal tradotto,
questo contare sillabe sul petto
mi ruba il sonno, m’alzo, 
dieci gocce di lexotan,
biascico le preghiere della sera
e spero che la notte mi sia lieve. 
Nei tuoi imperscrutabili disegni
Signore mi hai assegnato
una vita da piccolo poeta.
Ai grandi non s’addice un’esistenza
così insipida e piatta.
ME LLAMO EMILIO COCO
y moro en un edificio en tercer piso  
de calle La Piscopia 89.
Cerca de cuarenta años enseñé francés 
pero he amado siempre y solo el español
y dejé la escuela con escasa amargura.
No tengo prisa por alzarme en la mañana.
A sorbos bebo un tazón de agua caliente 
y luego desayuno
café con leche y copos de trigo,  
que aseguran –está escrito en el paquete–
un pleno bienestar.
Voy al baño y en el lavabo lavo
la herrumbre de los años,
pero la luz por la rendija abierta
me clava sus reflejos como insultos. 
Ya sentado en la mesilla me estrujo el cerebro
buscando un bello verso
pero desisto pronto: es mejor concentrarme 
sobre algún mexicano,
uruguayo o chileno:
de un año hasta la fecha 
no me interesan más los castellanos.
Terminada la cena, me acuesto en el diván 
y me adormezco
con cualquier transmisión:
sea fiction, año cero  o puerta a puerta.  
No me ducho los sábados,
absuelvo mis deberes conyugales
no semanalmente,
pero cómo y cuándo puedo:  
no me invento problemas si es que fallo.
Inesperadamente me socorre
un murmullo de sangre
si intento una caricia sobre su cuerpo
y aunque no responde
me enfervorizo al descubrirme joven
por no haber perdido aún las ganas
de encontrarla debajo de la sábana.
Regreso al verso que traduje mal,
me roba el sueño contar sílabas sobre
el pecho, me alzo,  
diez gotas del lexotan,
mascullo las plegarias en la noche 
y espero que la noche me sea leve.  
En tus inescrutables designios,  
Señor, me has asignado
una vida de poeta menor.
A los grandes no les toca una existencia 
tan pareja y vulgar.
*


TI RINGRAZIO, SIGNORE,
per tutte le commesse che ho incontrato
all’Iper di Pescara Nord, a Brico,
a Castorama, a Auchan, a Oasi, a Sisa,
alla Conad e agli altri supermarket
dove ci rifugiamo per sfuggire 
all’ardore di questi pomeriggi.
Che gioia quelle bianche camicette
morigeratamente sbottonate
sul seno sotto camici attillati
col nome e con il logo dell’azienda.
Che regalo impagabile
le loro esili dita 
che scorrono veloci
sopra i codici a barre dei prodotti.
Che mani alabastrine
con unghie di ogni forma e ogni colore,
mani tamburellanti 
sui tasti della cassa,
mani di una bellezza folgorante,
che, disattentamente,
incrociano le mie
collocando la spesa nelle buste.
Mani che resteranno
per tutto quest’agosto
fino all’estate prossima
nel disco fisso della mia memoria.


TE DOY GRACIAS, SEÑOR,
por todas las cajeras que he encontrado
en el Íper de Pescara Norte, en Brico,
en Castorma, en Auchan, en Oasi, en Sisa,
en la Conad y en demás supermercados
donde hallamos refugio para huir
del calor de estas tardes.
Qué deleite aquellas blusas albas
levemente desabotonadas 
en los senos, bajo las batas ceñidas
con el nombre y el logo de la empresa.
Qué impagable regalo:
los dedos tan gráciles  
que discurren veloces
sobre el código de barras del producto.
Manos alabastrinas 
con uñas de todo color y forma,
manos tamborileantes
en teclas de la caja,
manos de una belleza luminosa,
que muy fortuitamente,
entretocan las mías
colocando la compra en una bolsa.
Manos que quedarán 
en todo el mes de agosto
hasta el próximo verano
en el disco duro del recuerdo.
*
Alla fine di via Agostinone dove s’incrocia con il lungomare aspettava paziente canticchiando su una sedia di plastica a tre gambe e distribuiva amore ai neri e agli sbandati per il modico prezzo di cinque euro com’era scritto sopra un cartellino che portava appuntato alla maglietta. Lavorava in un vecchio casolare dove cedeva la pineta il posto a un viottolo invaso da sterpaglie. Passavamo di lì per abbreviare la strada per la spiaggia e sembrava volesse salutarci comparendo tra un intervallo e l’altro con il berretto bianco e i pantaloni a mezza gamba che si abbottonava con studiata lentezza. Scuoteva il materasso e lo metteva al sole prima che l’occupasse un altro cliente. Con la fronte segnata dalle rughe e le guance cascanti nascondeva il carico degli anni imbrattandosi il viso d’un fard acceso e spesse ciglia finte sopra uno sguardo casto da bambina. Le nuove costruzioni si sono impossessate della zona cancellando ogni traccia di quella via e della sua presenza. È rimasto soltanto un pezzo di cemento dove vanno crescendo cumuli d’immondizia e di detriti e raggiungiamo il mare per un viale con larghi marciapiedi fiancheggiati da frassini e recinti di bosso. L’ho rivista stasera mentre passeggiavamo per la strada che porta ai grandi alberghi con lo stesso berretto e i pantaloni azzurri a mezza gamba e il passo dondolante d’un’ubriaca. Chiedeva l’elemosina. Non so se m’ha riconosciuto ma negli occhi brillò un sorriso casto da bambina quando accolse cinque euro nella mano. Accettala Signore nella tua casa santa ha dispensato gioia ai derelitti lei stessa una reietta sulla terra e dalle un letto morbido e lenzuola di lino dove possa riposare il suo ventre devastato.
Al final de calle Agostinone donde cruza con la costa marina esperaba paciente canturreando en una silla trípode de plástico y distribuía amor a desbandados y a negros por el módico precio de cinco euros como estaba escrito en un cartelito que llevaba apuntado sobre el suéter. Trabajaba en un viejo caserío donde dejaba la pineda el sitio a una senda invadida de maleza. Pasábamos allí para acortar la calle hacia la playa, y parecía que quisiera saludarnos surgiendo entre un intervalo y otro con el gorrito blanco y pantalones a media pierna que se abotonaba con estudiada tardanza. Sacudía el colchón y lo ponía al sol antes que lo ocupara un nuevo cliente. Marcada la frente por las arrugas y las mejillas flácidas escondía el peso de los años embarrándose el rostro de colorete y de pestañas falsas en la casta mirada de una niña. Las nuevas construcciones se fueron apropiando de la zona borrando toda huella de aquella calle y de su presencia. Sólo ha quedado un trozo de cemento donde van ascendiendo cúmulos de inmundicias y detritus y llegamos al mar por una avenida con anchas aceras alineadas de fresnos y cercadas de boj. La vi de nuevo esta noche cuando andábamos por la calle que va a grandes hoteles con el gorrito y con los pantalones azules a media pierna y el paso tambaleante de una ebria. Vivía de la mendicidad. No sé si me reconoció pero en los ojos brilló la casta sonrisa de una niña al recibir cinco euros en la mano. En tu casa santa Señor acéptala pues dispensó placer a derrelictos ella misma una paria en esta tierra y dale un lecho mórbido y sábanas de lino donde alcance a reposar su vientre devastado.

Nota dell’autore


Emilio Coco,
nato a San Marco in Lamis (Foggia), è ispanista, traduttore ed editore. Tra i suoi numerosi lavori ricordiamo i più recenti: Antologia della poesia basca (1994), tre volumi di Teatro spagnolo contemporaneo (1998-2004), El fuego y las brasas. Poesía italiana contemporánea (2001), Los poetas vengan a los niños (2002), Poeti spagnoli contemporanei (2008), Jardines secretos (2008), Antologia della poesia messicana contemporanea (2009), La parola antica. Nove poeti indigeni messicani (2010), Dalla parola antica alla parola nuova. Ventidue poeti messicani d’oggi (2012). Come poeta ha pubblicato: Profanazioni (1990), Le parole di sempre (1994), La memoria del vuelo (2002), Fingere la vita (2004), Contra desilusiones y tormentas (2007), Il tardo amore (2008, tradotto in spagnolo, gallego e portoghese, Premio Caput Gauri, 2008), Il dono della notte (2009, Premio Alessandro Ricci-Città di Garessio, Premio Città di Adelfia, Premio Metauro, Premio della Giuria «Alda Merini»), El don de la noche y otros poemas (2011), Ascoltami Signore (2012, tradotto in spagnolo col titolo Escúchame Señor), Las sílabas sonoras (2013) e alcune plaquette.  Dirige le collane I Quaderni di Abanico (Levante Editori, Bari) e Uni-versi (Sentieri Meridiani Edizioni, Foggia) ed è editore dei Quaderni della Valle. E’ stato tradotto in una decina di lingue. Nel 2003 il re di Spagna Juan Carlos I gli ha concesso l’onorificenza Alfonso X il Saggio. Nel 2014 è stato «poeta homenajeado» al Festival Internazionale «Letras en la Mar» di Puerto Vallarta.

Emilio Coco, nacido en San Marco in Lamis (Foggia, 1940), es  hispanista, traductor y editor. Entre sus trabajos más recientes destacan: Antologia della poesia basca (1994), tres volúmenes de Teatro spagnolo contemporaneo (1998-2004), El fuego y las brasas. Poesía italiana contemporánea (2001), Los poetas vengan a los niños (2002), Poeti spagnoli contemporanei (2008), Jardines secretos (2008), Antologia della poesia messicana contemporanea (2009), La parola antica. Nove poeti indigeni messicani (2010), Dalla parola antica alla parola nuova. Ventidue poeti messicani d’oggi (2012). Como poeta ha publicado: Profanazioni (1990), Le parole di sempre (1994), La memoria del vuelo (2002), Fingere la vita (2004), Contra desilusiones y tormentas (2007), Il tardo amore (2008, traducido al español, al gallego y al portugués, Premio Caput Gauri, 2008), Il dono della notte (2009, Premio Alessandro Ricci-Città di Garessio, Premio Città di Adelfia, Premio Metauro, Premio della Giuria «Alda Merini»), El don de la noche y otros poemas (2011), Ascoltami Signore (2012, traducido al español con el título Escúchame Señor), Las sílabas sonoras (2013) y algunas plaquettes.  Dirige las colecciones I Quaderni di Abanico (Levante Editori, Bari) y Uni-versi (Sentieri Meridiani Edizioni, Foggia) y es editor de I Quaderni della Valle.  Está traducido a una decena de idiomas. En 2003 el rey de España Juan Carlos I le otorgó la encomienda con placa de la orden civil de Alfonso X el Sabio.En 2014 ha sido «poeta homenajeado» en el Festival Internacional «Letras en la Mar» de Puerto Vallarta.


Su Imperfetta Ellisse è possibile leggere una traduzione di Emilio Coco di poesie del poeta spagnolo Antonio Cabrera (v. QUI)

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