Qualche anno fa aveva rappresentato un nuovo modo di fare informazione. Nonostante propagandasse i prodotti del suo proprietario a ogni alzata di sopracciglio, Emilio Fede era quasi seducente. Talmente ridicolo il suo modo di dirigere il Tg4, che si conquistò in breve tempo una nutrita schiera di ammiratori cazzeggiando con Paolo Brosio che, fermo davanti al tribunale di Milano e al quale Di Pietro (allora pm) sottraeva l’agenda, correva ogni volta il rischio di essere investito dal tram. Era tutto talmente surreale che Emilio Fede riusciva a far passare, senza impegnarsi granché, il suo modo insinuante di fare politica a senso unico. Per un lungo periodo Fausto Bertinotti ne divenne ospite fisso; stava mandando a casa il primo governo Prodi conducendo una battaglia sulle 35 ore che oggi appare davvero una cazzata invereconda. Ebbene, Bertinotti quasi ogni sera sproloquiava contro Prodi non rendendosi minimamente conto di quali sarebbero state le conseguenze di un gesto che consegnò l’Italia in mano al padrone. Di chi? Ma di Emilio Fede, of course. Massimo D’Alema era un'altra delle star di Emilio. In piena “bicamerale”, e filando apparentemente d’amore e d’accordo con Berlusconi, D’Alema si convinse che Mediaset era una grande azienda culturale e che il conflitto d’interessi non avrebbe costituito alcun pericolo. Non si rese conto, il rex inciuciorum, della trappola che Fede gli stava tendendo, dimostrando di non essere poi quel gran volpino che millanta di apparire. La storia racconta che Berlusconi affondò la “bicamerale” dopo aver ottenuto risultati allora impensabili: essere riconosciuto come interlocutore politico e unico leader del centrodestra, e aver sdoganato definitivamente gli ex fascisti considerati, non senza qualche ragione, la brutta copia degli squadristi. Per anni Emilio Fede ha continuato a fare disinformazione sempre allo stesso modo, inserendola fra due telenovele di cui continuava praticamente il senso; cambiava solo il soggetto, dalle corna e dagli abbandoni passava alla politica. Famoso per aver dato del “rimbambito” a Indro Montanelli quando questi si rifiutò di fare da stampella al suo editore sceso in campo, Fede è il randello mediatico di Berlusconi che, con la sua apparente bonomia, pareggia la truculenza dei Belpietro, dei Sallusti, dei Feltri e che, con il suo fare svampito, da capitato lì per caso, mena fendenti a destra e a manca con il randello di ordinanza dalle parti del Pdl. Assolutamente non conscio del significato etimologico della parola “delegittimazione”, riprende le parole del suo dio (anche a distanza di qualche giorno per dimostrare la non subalternità) e le trasforma in sassate con le quali colpisce la fantasia limitata dei suoi teleascoltatori e, soprattutto, delle teleascoltatrici. “Roberto Saviano la deve smettere di rompere” e la delegittimazione è bella e fatta. Per Emilio Fede, Saviano “non è un eroe” perché parla e scrive invece di tacere come si dovrebbe e come Mangano insegna. “Tanti giudici e tutori dell’ordine pubblico sono morti” mentre lui “viaggia superscortato”, sottintendendo che di lotta alla camorra si può morire anzi…si deve. Dopo l’ultima, vergognosa intemerata contro Saviano, già abbondantemente dileggiato e offeso dal suo Capo, qualcuno ha invocato l’intervento dell’Ordine dei Giornalisti invece di una pernacchia lunga un secolo che dovrebbe accompagnarlo in ogni momento della sua giornata, ai ricevimenti a cui va, scortato, ai party a cui partecipa, nelle bische dove si reca a giocarsi lo stipendio. Pietro Ricca ci ha provato un po’ di tempo fa, il risultato fu uno sputacchio che il prode Emilio Fede, contornato dai suoi bodyguard, gli lanciò dalle scale confermando di essere un rospo o un lama capitato per caso in tivvù. Le casalinghe, e i loro mariti intorpiditi dall’età e dall’alzheimer, continueranno a sbavare ascoltandolo storpiare nomi (per pronunciare Draquila ha fintamente impiegato tutto il Tg) e stravolgere fatti ma si sa, questa è l’informazione ai tempi di SB che assomigliano molto a quelli del colera di Marquez con l’unica differenza che il nobel latinoamericano parlava d’amore.
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Emilio Fede e l’informazione ai tempi del colera
Creato il 11 maggio 2010 da Massimoconsorti @massimoconsortiPossono interessarti anche questi articoli :
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