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Enter The Void – la sperimentazione di Gaspar Noè

Creato il 20 dicembre 2011 da Soloparolesparse

Avvertimento uno: ho visto Enter The Void non in sala ma in una splendente e di qualità estremente alta versione integrale di 147 minuti (cioè ben più di quelllo che è arrivato in sala in Italia) grazie a OwnAir, servizio OnDemand di cui parleremo presto e che per la prima volta in Italia ha permesso la distribuzione contemporaneamente all’uscita in sala.

Avvertimento due: il film di Gaspar Noè è un gran film, una splendida sperimentazione e non ha nulla a che vedere con Trainspotting cui è stato da più parti paragonato, siamo su altre corde, questo è meno crudo, molto più etereo, più delicato e (credeteci) ancora più sperimentale.

Enter The Void – la sperimentazione di Gaspar Noè

Oscar è europeo ma vive a Tokio, è dipendente da ecstasy e qualche altra schifezza, ha un paio di amici ed una sorella cui è molto legato e per guadagnare qualcosa la stessa droga che consuma la spaccia anche.
Questo gli procura qualche problema, non ultimo quello che la polizia lo fa fuori durante un tentativo di arresto.

Come vedete la storia è semplice, a quanto vi ho detto dovete aggiungere qualche (fondamentale) riferimento al buddismo e alla reincarnazione ma questo è quanto.
La parte interessante di Enter the void è il modo in cui questa vicenda è raccontata.
Permettetemi di darvi due numeri, freddi ma che possono aiutare a capire a cosa ci troviamo di fronte.

Si comincia con 30 minuti di soggettiva estrema. Seguiamo la vicenda con lo sguardo di Oscar, vediamo quello che lui vede, sentiamo quello che lui sente (a dire il vero in maniera decisamente alterata visto che in quella mezz’ora il ragazzo è decisamente fatto e quindi ogni cosa ci giunge attutita, luminosa, colorata, flashata).
Poi abbiamo circa 50 minuti di riprese dall’alto quasi a piombo, ancora una volta estremamente forzate. Voliamo sulle stanze, attraversiamo i muri voliamo su una Tokio quasi illusoria, saliamo addirittura su un aereo in volo ed entriamo nel corpo delle persone.
Siamo (più o meno) con l’anima (o lo spirito) di Oscar che vaga dopo aver abbandonato il suo corpo ormai cadavere.

Enter The Void – la sperimentazione di Gaspar Noè

E tutto questo è inframezzato da 45 minuti un po’ più tradizionali in cui l’anima del ragazzo ricorda la sua vita, il rapporto fortissimo con la sorella, il grave incidente che li ha coinvolti da bambini e ci guida ricordo dopo ricordo fino al momento in cui la vicenda si riconginuge con quella attuale.
Anche qui però non si può dire che le riprese siano tradizionali visto che siamo sempre alle spalle di Oscar, quasi in una mezza soggettiva meno spinta della precedenza.

Mi sembra che la situazione sia abbastanza chiara.
Noè sperimenta forte e lo fa senza paura giocando con obiettivi, macchine da presa, movimenti di macchina non convenzionali e tutto quanto gli viene in mente.
Il risultato è estremamente coinvolgente ed il film, pur lento a tratti, non rischia mai di far calare l’attenzione.

Curioso poi il ruolo di Nathaniel Brown, protagonista che non vediamo quasi mai in faccia, mentre vediamo abbondantemente in faccia (e non solo) Paz de la Huerta.

Vi segnalo ancora la carrellata aerea vagamente voyeristica tra le stanze del Love Hotel sul finale che mostra varie coppie (ma non solo coppie) impegnate in atti sessuali di vario genere e ci conduce ad un finale splendido che chiude il cerchio con quanto detto all’inizio e sancisce anche la risoluzione dei rapporti rimasti inconclusi del protagonista.


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